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 Home page > Tribuna Libera > Impegno e merito non sono la stessa cosa

Impegno e merito non sono la stessa cosa

L’Italia e le due culture antagoniste che mortificano il merito.

Alla luce degli ultimi fatti di attualità, dove attualità sta per scandalo Ruby e riforma Gelmini, un tema molto ricorrente nei commenti politici, negli sfoghi dei delusi, nelle proteste, è quello della meritocrazia.

Senza entrare troppo nel merito delle vicende, quello che si nota, è come questo termine venga usato forse impropriamente il più delle volte, arrivando a contrapporre al pessimo e dannoso modello berlusconiano - che mortifica il merito dell'onestà, ma nel quale comunque è riscontrabile una sorta di merito nei disvalori della prostituzione intellettuale e fisica - un modello impegno-ricompensa che nulla ha a che fare con il merito, e rischia di mortificarlo in maniera, se è possibile, ancora maggiore. 

Questo è il modello per il quale molti laureati, magari anche con il massimo dei voti, quindi a fronte di molto impegno, tendono a lamentarsi di stipendi da operaio e della precarietà, senza accettare che il loro impegno protebbe essere stato diretto nella direzione sbagliata e sfociato magari in una professionalità non richiesta dal mercato del lavoro italiano.

E' il modello per il quale i militanti politici si sentono scavalcati e sentono usurpato il proprio posto da una Minetti qualsiasi; ora, questo non è ovviamente il caso della Minetti, ma qualsiasi chiunque ha il diritto di conquistarsi un posto di rilievo, senza necessariamente fare la "fila". I grandi politici e uomini si sono imposti, hanno preso quello che ritenevano di meritare.

E' il dilagare di questo modello che rende l'Italia un paese per vecchi, un paese dove cinquantenni, sessantenni, settantenni sono ancora in fila per accedere a posizioni di prestigio e una volta raggiunte, dopo tanta attesa, aspettando con grande impegno il proprio turno, non le molleranno mai.

Commenti all'articolo

  • Di fernanda cataldo (---.---.---.162) 21 febbraio 2011 11:19
    fernanda cataldo

    non so di quale italia stai parlando, cinquantenni, sessantenni, settantenni, in fila per accedere a posizioni di prestigio? boh, io vedo cinquattenni che perdono il lavoro, sessantenni che lo hanno già perso e lavorucchiano di qua e di là in attesa della pensione e non sanno a che santo votarsi, settantenni che hanno già la pensione e che riescono a malapena a sopravvivere.

    ferni

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