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Immondizia? Una risorsa per Partinico

Ascolto con curiosità le principali notizie su una emittente locale, in un giorno come in un altro. Non ce n’è una che mi apra il cuore, che mi dia speranza. Così penso alla gente e anche ai cervelli che se ne sono andati, già dagli inizi del secolo scorso. Da Francis Vincent, padre del più noto musicista e mito del jazz Frank Zappa, a uno dei massimi trombonisti del secolo passato, Frank Rosolino, la cui famiglia è originaria di Partinico, stando agli studi effettuati da Gianmichele Taormina. Ma ne potremmo citare altri. Da Sebastiano La Franca, luminare della scienza medica, entrato da tempo nel dimenticatoio, a Dominik Scaglione che fu al vertice della Manhattan Bank, dopo essere stato per anni braccio operativo di David Rockfeller.

E via di seguito. Tutti dimenticati, passati sotto il setaccio o il macinino di questo marchingegno che è Partinico costruito apposta come un tritacarne per distruggere il meglio di sé.

Il sommario introduttivo della tv mi da già l’assaggio delle informazioni che avrò:

- la banda degli accendini. Negli ultimi anni centinaia di macchine, case, mezzi per il movimento terra, e quant’altro, dati alle fiamme;
- Profanazione di tombe;
- Furti e scassi negli appartamenti;
- Furti di corrente elettrica;


- Furti di rame;
- Rapine ai supermercati e a qualche stabilimento nautico nella zona;
- Ricettazione e traffico di droga;
- Inquinamento della rete idrica e furti di acqua.

E poi dobbiamo aggiungere pizzo e racket, evasioni fiscali, immondizia da tutte le parti: davanti ai cancelli chiusi della villa comunale, in via Catania dove prima nessuno osava buttare un sacchetto di spazzatura, divenuta ormai immondezzaio pubblico. Osservo le strade vicine: non vedo un solo sacchetto di immondizia. Casalinghe e mariti preferiscono regalare la loro immondizia ai portoni e alle porte altrui. Ma perché la gente la dovrebbe depositare davanti casa sua, quando impunemente può accumulare una montagnola marcescente e nauseabonda davanti alle altre case? Si vede che il partinicoto non sente come propria la villa comunale, gioiello delle amministrazioni passate, o la strada pubblica, o la piazza. Non avverte che la porta del vicino deve essere rispettata come la sua stessa porta di casa! Ecco il desiderio inconscio di questo nostro compaesano: morire sommerso dai suoi stessi escrementi, pensando di scaricarli nelle vicinanze, poco importa dove. Non trovo altre spiegazioni.

A ben vedere, dunque, il notaio e storico partinicese Giuseppe Di Bartolomeo, nel suo libro sul nostro paesello, scrisse, verso la fine del 1700 che il simbolo del nostro territorio non è la vite ad alberello, ma il fico, maledetto persino da Gesù nel Nuovo Testamento. Per il notaio Partinico produce (ce lo dice nello stile ostico della sua epoca):

“… portogalli, agrumi, noci, fichi secchi e simili frutti in copia tanto considerevole quanto a parte di restarne la città provveduta ne avvanza un’infinità capace ad abbondare le vicine terre e città e se ne estrarregna per Napoli ed isole aggiacenti alla nostra Sicilia”.

Ora si capisce per quale ragione in questo paese non possa attecchire nulla di buono, tranne le processioni, i fuochi d’artificio per ciascun santo del calendario e le campane delle chiese che o suonano a morto o quando suonano in tempi normali, seguono ognuna ritmi e orari diversi. Perché qui “Ogni testa è tribunale”, e ognuno cammina per i fatti suoi, ma senza un ordine, senza una regola. Ciascuno vaga come le anime perse del Limbo o dell’Inferno.

Così, in oltre cento anni, siamo andati indietro e il sindaco/ timoniere di questa nave che affonda pare sia contento di portarci tutti in una immensa porcilaia. Siamo già sulla buona strada.

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