• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca > Immigrazione. Naufragio della Katër i Radës: disarmata la corvetta (...)

Immigrazione. Naufragio della Katër i Radës: disarmata la corvetta Sibilla

Quel Venerdì Santo del 1997 81 furono le vittime, 34 i sopravvissuti, tutti albanesi. 

JPEG - 55.6 Kb

Con l'odierno ammainabandiera nel porto militare di Augusta in Sicilia, si è conclusa una pagina tragica della storia dell'immigrazione nel nostro paese. La bandiera tricolore, con gli stemmi delle quattro Repubbliche marinare al centro, sino ad oggi, infatti, sventolava a poppa della corvetta "Sibilla" protagonista il 28 marzo del 1997 di una fatale collisione al largo dell'albanese Valona con la motosilurante "Kater i Rades" piena zeppa di disperati immigrati clandestini diretti verso le coste pugliesi.

L'urto fu fatale al traballante e fatiscente naviglio albanese che in poco tempo colò a picco: 81 furono i morti annegati, solamente 34 i sopravvissuti tra cui lo scafista, cioè il comandante della motobarca, vero e proprio moderno "Caronte" in combutta con i clan della malavita d'Oltre- Adriatico che sfruttavano la disperazione di molti loro connazionali promettendo una vita infinitamente migliore in Italia. Ai tempi la situazione socio- politica dell'Albania non era poi molto differente da quella odierna libica.

Dopo l'esplosione dello scandalo delle società "piramidali" che coinvolse l'allora premier ex comunista Sali Berisha, l'anarchia si impadronì del Paese e per la seconda volta in cinque anni gli albanesi presero la strada dell'emigrazione verso la dirimpettaia e ricca Italia. Il primo governo Prodi, Ministro degli Interni era anche qua un ex comunista e cioè Giorgio Napolitano, decise per la linea dura ed ordino il blocco navale davanti alle coste albanesi. Nove giorni prima della tragica collisione quel governo di centro- sinistra emanò un Decreto- Legge sui respingimenti in mare invocando "un efficace pattugliamento" ed una non meglio precisata "Opera attiva di convincimento" nei confronti dei cosiddetti "gommoni" pieni di immigrati clandestini, allora quasi sempre unicamente albanesi.

La corvetta "Sibilla", un gigante rispetto alla derelitta motosilurante albanese, si cimentò quindi in un inseguimento della "Kater i Rades" con l'intento di costringerla a desistere nel proseguire verso l'Italia. Il barcone albanese con pericolosissime evoluzioni cercò di aggirare il blocco ma infine cozzò contro la corvetta italiana ed in breve s'inabissò con il suo carico umano. Fu la prima di una lunga serie di ecatombi marittime che sino ad oggi continua a caratterizzare il fenomeno dell'immigrazione clandestina verso il Bel Paese.

Lo scrittore Alessandro Leongrande, per i tipi di Feltrinelli, nel 2011 pubblicò un saggio dal titolo "Il Naufragio" che ripercorre la storia di quella sciagura. I comandanti delle due navi finirono sotto processo a Brindisi ma quel che oggi, giorno in cui la "Sibilla" abbandona per sempre la Marina militare italiana per essere affidata alle trasformazioni del caso nei cantieri navali Fincantieri di Riva Trigoso al fine di essere poi riarmata e veduta al Bangladesh, più preme dire è che bisogna trarre esempio da quanto accadde il Venerdì Santo di diciotto anni fa per diffidare, almeno in partenza, di facili soluzioni, come può essere un rigido blocco navale, nel risolvere il fenomeno dell'immigrazione clandestina. Insieme alla corvetta "Sibilla" pure la sua gemella "Minerva" nell'ambito di un programma di rinnovamento del naviglio militare italiano sta per essere disarmata.

 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità