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Il terno del canale di Sicilia: 73 dispersi, 5 superstiti, 1 governo che condanna a morte

Per l’ennesima volta siamo costretti ad apprendere notizie terribili, seguite da fatti e dichiarazioni agghiaccianti da parte della classe politica italiana. Appena qualche giorno fa sono morti in mare 73 uomini. Non importa il colore della loro pelle, da dove venissero. La loro vita si è spenta nel disperato tentativo di salvarsi da una morte certa, aggrappandosi ad un forse che rappresentava il sogno e l’unica speranza di sopravvivere.

Un calvario durato 23 giorni, senza niente, con gli occhi sbarrati a cercare conforto nello sguardo del compagno di viaggio. Mi sono chiesta come ci si possa sentire in una situazione del genere. Immagino la loro paura prima di partire, pensando di essere scoperti, l’entusiasmo una volta in viaggio, con i minuti che diventano ore e il mare un’autostrada infinita di speranze, che piano piano si indeboliscono per i morsi della fame. Le labbra asciutte e la sete che non passa, niente acqua e fa freddo. Stretti a cercare calore e a darsi coraggio l’un l’altro. Una coperta che avvolge una donna incinta. Lei sta male, ma pensa che il suo bambino forse vedrà un cielo diverso. Un bambino che non ha più un padre, perché il mare lo ha da poco portato via. Un gruppo di ragazzi giovani pregano in un angolo, avranno 15- 16 anni e hanno indosso un jeans e una felpa che si è un po’ scucita nel tentativo di salite a bordo, per una corsa che non potevano assolutamente perdere. Chissà cosa sognano. Magari un lavoro, una vita vera e chissà un giorno pensano che anche mamma e papà riusciranno a raggiungerli grazie al loro aiuto. Affidano a Dio ogni loro desiderio, mentre assistono alla disperazione del pianto di un uomo che ha appena visto morire la propria donna che non ce l’ha fatta. Il mare l’ha accolta in un abbraccio che toglie il fiato perché chi guarda sa che anche se resta, potrebbe fare la stessa fine. In quel momento un uomo è niente, può essere distrutto, annientato, la sua vita svanire come se non fosse mai esistita, non lasciando alcuna traccia di se. In quel mare si muore davvero, si muore senza memoria. Ad occhi indifferenti e vuoti, sembrano tutti uguali, ma ognuno di essi ha una storia, magari bella o forse triste, ma ogni uomo ha il diritto, in ogni caso, di poter vivere fino in fondo il proprio viaggio e se può cambiarlo per migliorarlo.

Il viaggio di 73 persone invece è finito così, per fame, per sete e per un mare ostile che probabilmente avvisava i naufraghi che si stavano avvicinando a coste che li avrebbero identificati come criminali. Le coste italiane, e non è affatto un orgoglio scriverlo. Me ne vergogno profondamente. In 5 ce l’hanno fatta, 4 uomini e una donna. Non stanno bene, infatti i medici che li hanno soccorsi dicono che i loro corpi “sono ridotti a scheletri”, ma sono vivi e questa è la cosa che più conta.


Uno dei superstiti ha raccontato che nei giorni della traversata il loro gommone ha incrociato almeno 10 barche. Hanno chiesto aiuto, ma la risposta è stata l’indifferenza più assoluta. Soltanto una motovedetta maltese pare abbia dato loro carburante e viveri.

Intanto in base alle norme del decreto sulla sicurezza, i 5 superstiti, devono essere incriminati per il reato di immigrazione clandestina, anche se c’è da dire che lo stesso reato è sospeso per i richiedenti asilo politico e di solito la quasi totalità degli eritrei che arrivano in Italia via mare fa domanda d’asilo. La vicenda è ancora tutta da chiarire e al momento la magistratura sta valutando la posizione della guardia costiera di Malta, rea di aver soccorso i “clandestini”.

L’Italia degli spaghetti e del mandolino si sta scoprendo giorno dopo giorno sempre più indifferente, cinica e non vorrei dirlo “assassina”. Rimandare indietro “indistintamente” gente, tramite i famigerati respingimenti, senza vagliare le posizioni di ognuno, valutare il loro diritto di asilo, rappresenta una condanna a morte certa per moltissime persone che scappano da situazioni aberranti.

Tra questa gente ci sono molti ragazzi giovanissimi, ragazzi che per la loro età potrebbero essere figli del Ministro Maroni, di Umberto Bossi, di Roberto Calderoli e di altri nostri illustri onorevoli. E trovo agghiaccianti le parole spesso usate da loro nei confronti degli immigrati. I figli non si uccidono, si proteggono e si accolgono.

Commenti all'articolo

  • Di Massimo (---.---.---.131) 25 agosto 2009 16:14

    La Guardia costiera di Malta è rea di NON avere soccorso i clandestini !! E di avere fatto come sempre respingendoli e mandandoli , a loro rischio e pericolo, verso la nostra isola di Lampedusa .

    Si può contestare la posizione politica del nostro governo che ha dichiarato il principio che la clandestinità è un reato , ma non certamente il suo comportamento umanitario , che, tramite , le nostre bravissime Forze Armate ed organizzazioni civili, ha portato da anni al salvataggio di un gran numero di persone, disperse in mare.

    Ma perchè si raccontano queste bugie , arrivando al punto di difendere l’indifendibile comportamento criminale di Malta ?

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