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Il sistema tributario del Regno borbonico

Il sistema tributario del Regno borbonico, pur nella sua relativa mitezza, rappresentava l’espressione più chiara della politica finanziaria governativa, volta a ricorrere il meno possibile alle entrate tributarie, spesso per ragioni politiche che economiche. 

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il „Sistema tributario lavori pubblici e appalti nel Mezzogiorno preunitario”
locandina della conferenza

Il ricorso ai sudditi per chiedere tributi poteva aumentare l’interesse del popolo a chiedere conto dell’impiego delle tasse riscosse, cercando quindi di controllare l’attività di governo.

Gli effetti di questa politica finanziaria furono gravi per il reame meridionale, il cui governo se poco chiedeva ai suoi sudditi, e quel poco richiesto gravava per buona parte sulle classi più umili, pochissimo spendeva per essi, e per giunta male, di conseguenza le condizioni dello stato furono più indebolite invece che per oppressione fiscale, per mancanza di spese utili a promuovere la ricchezza nazionale.

Le spese poste in essere per sopperire ai bisogni amministrativi dello Stato, venivano impegnate in un insieme di opere pubbliche, equipaggiamenti per l’esercito e la marina militare, forniture per la pubblica amministrazione, coperte in parte dalla cessione sotto forma di appalto dei tributi a speculatori privati, in un economia ristretta le esigenze amministrative e finanziarie del Governo borbonico costituivano il fulcro degli investimenti di capitali e da esse l’economia trovava le più importanti opportunità commerciali ed imprenditoriali. Le attività economiche che ruotavano intorno allo Stato ed ai suoi bisogni si conformavano alla stessa struttura ed allo stesso modello che caratterizzava i settori commerciali più indipendenti, le attività più importanti e più lucrose erano dominate saldamente e gelosamente da piccoli gruppi oligarchici ricchi e potenti, mossi da intenti speculativi e legati ai circoli di corte. Questi imprenditori che traevano profitto dalle necessità dello Stato, traevano a loro volta vantaggio dal ristretto margine del profitto agricolo, che si palesava come risorsa dalla quale il Governo traeva quasi per intero le proprie risorse tributarie, e ci vivevano, senza apportare nessun contributo produttivo. le spese governative, come i lavori pubblici, rappresentavano l’unica effettiva forma alternativa di impiego di un certo rilievo, insieme al servizio militare, rispetto al lavoro agricolo, stanti le depresse condizioni dell’economia.

La dipendenza di tante persone dalle fonti di spesa pubblica rappresentava una contraddizione rispetto all’ondata di cambiamento vissuta durante il decennio francese, era la prova più evidente che lo Stato borbonico non era riuscito a realizzare quella razionalizzazione della burocrazia e dell’amministrazione civile, le difficoltà finanziarie, anche se evidenti, non potevano essere il motivo per cedere agli interessi ed ai capitali privati, i principali rami dell’amministrazione finanziaria, ipotecando i suoi proventi, lo Stato veniva privato delle risorse necessarie per creare fonti alternative di ricchezza. Uno Stato virtualmente in bancarotta, cedeva ai capitalisti privati le sue responsabilità e le sue risorse amministrative, negando a se stesso la possibilità di cancellare i propri debiti, nell’interesse del popolo meridionale. Anche questa situazione contribuì a far crescere quelle condizioni che portarono al crollo del Regime borbonico nel 1860. Da queste cifre la conversazione la conversazione sul tema „Sistema tributario lavori pubblici e appalti nel Mezzogiorno preunitario”.

L'appuntamento, organizzato dal Circolo Culturale „L'Agorà” avrà luogo presso la sala „Spanò Bolani” della Biblioteca Comunale „De Nava” di Reggio Calabria, giovedì 6 giugno (ore 17,00). Parteciperà in qualita di relatore Andrea Guerriero (socio del sodalizio organizzatore) e cultore di storiografia econonomica.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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