• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Musica e Spettacoli > Il marketing geniale: God save The Beatles

Il marketing geniale: God save The Beatles

Chissà quanti nemici mi farò con questo articolo e non è per mitigare le critiche dei lettori se preciso di essere da sempre uno dei più devoti seguaci dei Fab Four.

Conosco tutte le loro canzoni, testi e spartiti, ho studiato decine di libri e visionato ore ed ore di video, quindi è solo la mia profonda ammirazione che mi porta ad esternare una convinzione che ho maturato nel corso di decenni, peraltro in alcuni punti condivisa da autorevoli biografi e critici musicali, a riguardo dell’impronta unica ed immortale che The Beatles hanno saputo lasciare nel panorama musicale del secolo scorso.

È noto che le loro primissime apparizioni in Uk, e soprattutto in Germania, erano fortemente ispirate al rock americano di fine anni ‘50, inizio ’60. Sonorità e ritmi potenti, coinvolgenti, una palestra che non si poteva non frequentare quando la voglia di scatenarsi era così irrefrenabile nella generazione del primo dopoguerra; lo stesso Jimi, anche lui mancino come Paul, faceva più o meno lo stesso dall’altra parte dell’oceano rivisitando l’old blues in chiave rock: Hey Joe non era sua.

Ma diciamolo, le prime canzoni, coretti inclusi, erano abbastanza facilotte da suonare, tutti ci abbiamo provato.

L’adolescenza si muoveva come in un vortice, con cerchi sempre più stretti e veloci, il profondo ed universale bisogno di libertà si manifestava con comportamenti di massa incontrollabili, a volta preoccupanti se non addirittura destabilizzanti, e per chi è al governo certi movimenti è meglio provare a controllarli piuttosto che a contrastarli. Soprattutto quando sono del tutto naturali, come le gemme che spuntano dal gambo di una rosa recisa nel mese di maggio: la minigonna, i capelli lunghi, la libertà sessuale, i figli dei fiori, le contestazioni alla guerra del Vietnam, i paradisi artificiali, la meditazione indiana, la ricerca di nuove sonorità e l’evoluzione degli strumenti musicali.

In mezzo a tutto questo fermento spuntano quattro gemme di ragazzi appena ventenni che smettono troppo in fretta di effettuare esibizioni dal vivo, peraltro di bassa qualità, per motivi di sicurezza: troppo oceaniche le folle, troppo grossi i numeri in gioco quando il loro (improvvisato) manager viene a mancare. E un altro genio non lo trovi così, dietro l’angolo, quando ormai vivi blindato in albergo e scortato giorno e notte dai bobbies. E con la testa un po’… annebbiata.

free-beatles-band-wallpaper_1440x900_85599

Quindi al massimo della notorietà (età media sui ventitré anni) stop ai concerti, seguono una decina di album tra i più belli mai incisi, magari con tanti geni musicali al loro servizio, pochi noti (George Martin) e chissà quanti altri volutamente taciuti, e forse anche altre bugie sul loro conto.

Ad esempio sono convinto che il coetaneo Eric, non accreditato come invece avvenne per Billy Preston, abbia composto e suonato molto con i Quattro, ben più della nota chitarra che piange dolcemente, e che molte delle fruttuose esasperazioni mediatiche siano opera della “intelligence” disoccupata nel dopoguerra, magari chiamata a risolvere la gravissima crisi economica del paese.

E così il ‘Bello’ diventa bellissimo, magari è morto davvero ma questo è un particolare irrilevante, su tale isteria sono stati scritti tanti libri, comunque è possibile che uno dei suoi sosia abbia davvero fatto un lavoro egregio al posto suo.

john_lennon_yoko_ono

Il ‘Ribelle made in Uk’ divorzia dalla sposa dei paesi suoi e sposa la bruttina soprattutto straniera così che questa unione, al pari delle sue insofferenze alle istituzioni, lo consacra come il divo da arrestare, da amare, da osannare, o da esiliare a New York fino a lasciarci la pelle. Mentre su di lei la stampa di tutto il mondo convoglia le ire di milioni di ammiratrici invidiose, rea di avere “sfasciato” il sogno più bello, perché i sogni hanno anche l’obbligo di finire.

Il ‘Mistico’ trascina tutti in India ed impara a suonare il sitar, sempre così schivo, raffinato, in secondo piano, intellettuale, solitario, uno stereotipo molto in voga negli anni ’60.

Il ‘Nasone’, il meno bello di tutti, non sa nemmeno comporre canzoni e allora bisogna che passi per il più simpatico, il compagnone, che sta lì soprattutto “grazie al piccolo aiuto dei miei amici”.

Ok, il marketing dell’immagine è a dir poco perfetto, pettinatura, stivaletti, colletti ed interviste azzeccatissime, gli ingredienti sono quelli giusti, non esiste comitiva negli anni ’60 che non annovera quattro tipi del genere.

art_music_rock_1960s_beatles_pic_beatles_concert_girls_1964

E allora il pranzo è servito: la Regina li incorona Baronetti, tanto rumore per qualche arresto subito risolto, provocazioni contro il Cristianesimo che sconvolgono l’opinione pubblica giusto prima di partire in tour per l’America più puritana, richiami espliciti alle droghe (inspiegabilmente tollerati in primo piano sulla copertina del loro album più venduto), concerto di addio sul tetto della Apple, film musicali imperdibili, tormentoni sui loro conflitti interni e sulla (finta) rivalità con le pietre rotolanti (smentita dall’imperdibile video “Circus”, stranamente segregato per oltre trenta anni), e tante sessioni di registrazione blindate per quanto riguarda le “collaborazioni” che, di fatto, producono canzoni di una bellezza strepitosa. Bootlegs a non finire.

A metà anni ’60 la Bbc confeziona per loro il primo programma televisivo in diretta planetaria, a colori, trasmesso via satellite in ventisei nazioni e visto da centinaia di milioni di persone: con la struggente All you need is love questi venticinquenni riescono ad unire idealmente tutti i giovani del mondo.

In più di cinquanta anni i Beatles hanno convogliato oltre manica miliardi di sterline, miliardi a palate, troppi per essere spesi solo da quattro giovanotti senza manager: al loro scioglimento, dopo anni e anni di attività, il più vecchio aveva appena ventinove anni, il più giovane ventisei.

E a dispetto della loro tecnica musicale che inizialmente era decisamente inferiore a quella di altri musicisti inglesi dell’epoca, da un certo punto in poi i suoni diventano perfetti, i testi ricercatissimi. Ma erano davvero soli in sala di incisione, ed isolati dal resto del mondo musicale che viveva di aggregazioni e di contaminazioni? Era tutta loro la adorabile impertinenza con la quale trafiggono il cuore dei genitori dei loro fans con canzoni tipo Your mother should know o When I’m sixty four.

Siamo negli anni ’60, c’è ancora molto da ricostruire con l’America che bussa forte alle porte per ripagarsi del suo oneroso impegno salva-mondo, le colonie non fruttano più come una volta ed una gallina dalle uova d’oro non si può lasciare razzolare in giro dove gli pare, incustodita come un pennuto qualunque, in un paese dove la crisi economica è il primo e più urgente dei problemi da risolvere. E poi i Servizi segreti di Sua Maestà sono tra i più potenti del mondo, la stampa si sa è addomesticabile, di musicisti bravi se ne trovano tanti in giro, ed il gioco decisamente vale la candela.

Tanti, troppi aspetti della cosiddetta ‘beatlesmania’ hanno centrato gli obiettivi in modo così infallibile, hanno accomunato e fatto sognare più generazioni in ogni parte del mondo.

Sì, insomma, li ho adorati e li adoro, ma… se la Formula uno è un'avventura per piloti ventenni, la vettura vincente di certo gliela mette a punto qualcuna magari un po’ più anziana, una davvero smart, che sappia lavorare bene ed in gran segreto.

Elementary, my dear Watson.

Thanks Her Majesty, God save the Queen.

 

di Piero Cerolini

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.55) 24 aprile 2013 22:22

    I Beatles rendono ancora miliardi, Sembra che non si siano mai sciolti.

    Nessun dubbio, del resto anche se "pompati" come dice l’articolista, i Beatles sono insuperabili e ve lo spiego. Perchè con le nuove tecniche di marketing nessun altro artista ha così bene "bucato"?

    Semplice, perchè i Beatles erano originali musicalmente, ed altri non lo erano e purtroppo non lo sono.

    Io vidi i Beatles a Milano nel giugno 1965!

    Molte imprecisioni nell’articolo. Grazie

    • Di (---.---.---.24) 28 aprile 2013 22:49

      ciao, sono l’autore dell’articolo

      sono d’accordo con te, i Beatles sono davvero insuperabili in quanto ad originalità, ed hanno sperimentato moltissimo in campo musicale.
      Probabilmente per altri gruppi le tecniche di marketing, benché sempre più efficaci e capillari grazie alla evoluzione dei mezzi di comunicazione, non bastano per raggiungere certi livelli per i quali, come ipotizzavo nell’articolo, ha contribuito pesantemente la "ragion di stato" .
      Ti ringrazio per il commento, peraltro autorevole dato che hai avuto la fortuna di ascoltarli a Milano nel ’65, mi farebbe piacere poter rispondere anche delle imprecisioni alle quali ti riferivi nel commento, se vorrai specificarle
      Piero Cerolini
  • Di (---.---.---.59) 29 aprile 2013 11:10

    Beh, vuoi dire che i beatles non erano poi tanto bravi, ma che in realtà c’era qualcuno veramente bravo dietro di loro, per il solo fatto che è impossibile scrivere pezzi così memorabili, con un’infallibilità che farebbe impallidire anche il Papa stesso?


    A parte il fatto che di cadute, nella loro carriera, ne hanno avute, eccome. Penso al Magical Mistery Tour, ad esempio, o alla Get Back Session che di fatto inasprì oltremisura i loro rapporti; e persino la stessa dichiarazione di Lennon su Gesù, tutto mi sembra fuorchè una geniale trovata di marketing!

    Ma comunque sia. Anche se non fosse loro il merito di cotanta altezza compositiva, capace di sfornare pezzi capolavoro e album memorabili di quel livello (soprattutto nella seconda parte della loro carriera, a partire dal Rubber Soul fino al monumentale Abbey Road, passando per l’epico Sgt.Pepper); se davvero tutto questo quindi non fosse farina del loro sacco. 
    Ebbene? Cosa cambia? Vorrà dire che invece di quattro ragazzetti di Liverpool, ci sarebbe qualche altro genio dietro le quinte, magari un Martin, o un Clapton (che tra l’altro non si capisce perchè dovrebbe aver composto o almeno collaborato in molti splendidi brani senza ricavarci un fico secco, e senza mai dirlo poi!). 
    Tutto questo non cambierebbe la sostanza. Abbiamo da oltre cinquant’anni dei capolavori di musica moderna. Qualcuno li avrà pur composti, o no?

    E poi, come detto dall’altro lettore, perchè il marketing (o la ragion di stato) ha funzionato così bene con quattro teenager di Liverpool, e con nessun altro invece, neanche ai giorni nostri? Cioè, insomma, i Led Zeppelin, i Rolling Stones, i Kinks, e così via, questi sono stati tanto bravi, hanno fatto tutto da soli. Nessuno ne dubita. Per i beatles invece no. Non è possibile. E perchè? 
    Perchè nel loro caso (e solo nel loro) bisogna per forza sospettare l’esistenza di qualcun altro, il vero artefice di tutto, e, per giunta, cosa tra l’altro ancor più strana, rimasto nell’ombra con una modestia a dir poco epica?

    Insomma, liberissimi di credere a ciò che si vuole, ci mancherebbe. Ma per sostenere ipotesi del genere ci vorrebbe qualche elemento più consistente a supporto. Altrimenti, a mio modesto parere, finisce per restare una tesi leggermente (eufemismo)......scaruffiana!
    • Di (---.---.---.147) 29 aprile 2013 16:02

      I Beatles erano bravissimi, unici
      la cosa è fuori discussione, e non cambia niente se hanno beneficiato di aiuti esterni.
      Di fatto l’aiuto ricevuto a mio avviso è stato più strategico che musicale, ad esempio per accrescere il loro mito nessuno poteva apporre il suo nome a fianco a quello dei fab four, neanche lo stesso Clapton, che comunque aveva i suoi buoni motivi (sentimentali) per stare defilato il più posibile. A mio avviso beneficiavano delle meravigliose sinergie ed energie disponibili dai loro (tanti) amici e colleghi musicisti, e sapevano armonizzare vari generi musicali, strumenti, soluzioni tecniche e contributi esterni (davvero lo dico senza offesa) con una bravura a dir poco geniale, e con una sensibilità insuperabile ed insuperata.
      C’era un "top secret" al di sopra ?
      A mio avviso di certo c’erano ordini emanati da una cabina di regia che operava in tutte le direzioni più redditizie, incluso bootlegs, merchandising, immagine e comunicazione (permettimi di dissentire : "siamo più famosi di Gesù" è davvero geniale come provocazione). Anche le modalità ed i tempi del loro scioglimento, così come la pubblicazione dell’ultimo album prima del penultimo, la dicono lunga.
      E le cabine di regia più è alta la pila di quattrini in gioco e più ricevono attenzioni dall’alto, con discrezione più che con modestia.
      Per il resto direi che con i Beatles ha funzionato tutto bene anche perchè sono stati degli autentici precursori, e si sa che chi prima arriva meglio alloggia, ad esempio negli anni ’70 (Led Zeppelin, Kings ecc.) i tempi stavano già cambiando rispetto alla più cieca ed assordante "beatlesmania"
      Tutto qui.

  • Di (---.---.---.199) 29 aprile 2013 23:27

    Ma sai sul "siamo più famosi di Gesù" io ci vedo tutto fuorchè una sparata fatta a tavolino. Lennon era così. Quello che gli passava per la testa lo diceva. E quella frase l’ha detta perchè la pensava, ci credeva, non per farsi pubblicità (in un’epoca come quella, e soprattutto in un’America come quella degli anni ’60, rischiava di essere una mossa controproducente...non a caso rischiarono di brutto in quella tournè americana...non è come oggi che più le spari e più vendi!).


    Per il resto, la cabina di regia ce l’avevano tutti. Pensiamo ai Rolling Stones, il cui manager, per far emergere il proprio gruppo, li volle cattivi, proprio come alternativa da contrapporre ai "buoni" beatles. Un’immagine artefatta, studiata, questa si, a tavolino, per motivi di marketing, perchè si sa, guardando anche alla lunga e faticosa gavetta alle spalle, i beatles, quelli di amburgo e del cavern per intenderci, erano più cazzuti e "sporchi", rissosi e tutt’altro che rassicuranti dei rolling stones!
  • Di (---.---.---.158) 27 agosto 2013 14:17

    Ì Beatrles sono e rimangono famosi per un semplice motivo (che pochissimo ha a che vedere con le nuove tecniche di marketing): erano bravi, originali, innovativi e piacquero a tutti. Perche´ cercare altre involute spiegazioni? Io sono usicista, ricercatore e umile storico dei Bweatles. Aspetto sempre un artista a loro superiore, ma non lo vedo apparire.

    Artisti validi ne esistono, i Beatles rimangono unici. Grazie
    Alex Schiavi (che li vide a Milano, giugno 1965)
  • Di (---.---.---.239) 23 settembre 2013 14:30

    Caro Piero Cerolini!!!!

     

    Nessuna voglia di polemizzare con il tuo lungo articolo.

    E nemmeno voglio fare un puntiglioso elenco di piccoli errori, siamo umani dopo tutti.

    Un unico punto ci tengo a precisare: i Beatles vennero premiati (ottobre 1965) con il titolo di MBE (Membro dell’Impero Britannico), e tale titolo nella scala dei titoli era il quinti ed ultimo, cioè il più modesto, quello che si dava a presidi in pensione, medici, ex soldati e anche a fine carriera.

    Ben poca cosa.

    Ma poi si passa a titoli superiori.

    Il fatto che tutti ancora oggi li chiamino Baronetti è sbagliato.

    Come è vero che ilo loro impresario (Brian Epstein) ci rimase molti male per non aver ricevuto il titolo.

    Ma così va il mondo.

    Nulla toglie al valore dei Quattro. Grazie (ed a parte mi permetto inviare materia in merito al libro che ho appena scritto: I BEATLES SONO PIU’ FAMOSI DI GESU’.

    Grazie e buon lavoro.

    ALEX SCHIAVI Milano

  • Di RincoStarr (---.---.---.123) 19 marzo 2017 11:04

    Ciao a tutti. Un mio parere. Riguardo il fatto se fossero loro o meno autori della loro musica anche per me potrebbe starci tutto il "chi se ne importa"; ma siamo di fronte a quattro artisti divinizzati per le loro presunte capacità. Non sono stati le Spice Girls (fenomeni anni 90 anche esse dipendenti dall’effetto Beatlemania) che si sapeva che ci mettevano le facce e basta. Quindi il fatto che possano non essere stati loro gli artefici assoluti della loro musica fa cambiare eccome le cose. Perché verrebbero relativizzati a iò che forse potrebbero davvero essere stati. Delle facce. Personalmente non ci troverei nulla di male, come ho detto, se venissero esternate le "collaborazioni" e il lavor di Martin e altri. La musica non nasce da sola e un’idea diffusa della band come famiglia allargata non sarebbe male. Ma siamo nel marketing e questa verità, io credo sia vero, è meglio che non divenga ufficiale. Pena l’afflusso di soldi che ancora oggi riempiono le tasche di chi possiede i diritti del loro lavoro

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares