• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Il fallimento della politica industriale italiana: Bersani, Renzi e il (...)

Il fallimento della politica industriale italiana: Bersani, Renzi e il signor Schwartz

Il signor Peter Schwartz è un imprenditore molto abile, ma solo quello. Non è un mascalzone né un santo. Paga le tasse, tutte, e tratta i suoi dipendenti attenendosi scrupolosamente alle norme, ma vuole guadagnare il più possibile. Per questo, saputo che i salari italiani sono tra i più bassi dell’OCSE, decide di scendere nel nostro paese per valutare se aprirvi una filiale. Subito si accerta che la manodopera, da noi, oltre a costare meno, è anche abilissima e ben disciplinata (nella grande industria italiana l’assenteismo e grossomodo la metà di quello tedesco). Purtroppo, però, s’informa anche di quali siano le condizioni in cui dovrebbe operare.

Scopre che se dovesse fare a causa a un cliente o ad un fornitore, dovrebbe rivolgersi alla 155esima giustizia civile al mondo per celerità; che sarebbe meglio, da questo punto di vista, se andasse ad investire in Malawi o in Sierra Leone. Scopre che da noi per avere un’autorizzazione servono mesi, a volte anni, e che per fare qualunque cosa, neppure che Kafka fosse nato a Roma, serve un’autorizzazione. Scopre, in generale, che la nostra pubblica amministrazione è davvero la più inefficiente d’Europa, come dicono le statistiche che la vorrebbero al 75esimo posto al mondo; che poco o nulla, fuori dai cancelli delle aziende, funziona come dovrebbe. Si stupisce, poi, quando verifica che in cambio di questo nulla, gli utili della filiale italiana sarebbero tassati al 68,3%; quasi ventidue punti più del 46,8% che paga la casa madre in Germania. Non bastasse questo a scoraggiarlo, verifica che sono necessarie centinaia di adempimenti per soddisfare il nostro intricatissimo fisco. Chiede aiuto ai colleghi del Bel Paese. Come fanno ad essere certi di essere al 100% a posto con la legge? Non lo sono, gli rispondono, ma si arrangiano. Questa è l’ultima delle scoperte italiane di Herr Schwartz. Con un regalino alla persona giusta si sistema tutto? Ma lui è un uomo d’affari, non un corruttore. Saluta, ringrazia e se ne torna in Germania. L’Italia? Non ci lavorerebbe neanche se la manodopera fosse gratuita. Punto.

“E chi se ne frega dei tedeschi; se ne restassero a casa loro” dirà chi non vuole capire. E, infatti, ci restano, come gli imprenditori di qualunque altro paese, che in Italia non vengono certo ad investire se non per vendere agli italiani (in questo caso, devono). Non solo; in Italia non ci restano neanche gli industriali italiani. Tutti seguaci di Marchionne, pronti a delocalizzare dove la manodopera costa meno? Tutti pronti ad andare dove si riesce a lavorare meglio e con meno problemi, anche pagando salari più elevati di quelli italiani. Pronti, per esempio, a trasferire le proprie aziende, o ad aprirne di completamente nuove, in Svizzera. Tra i tanti l’ha fatto Gucci, che ha costruito nel Canton Ticino il proprio polo logistico: 4.000 posti di lavoro (perlopiù occupati da frontalieri italiani), finiti oltrefrontiera, che rappresentano una bocciatura per il nostro sistema-paese.

Solo un deficiente potrebbe non capire, a questo punto, che la nostra crisi non è solo finanziaria; che è, invece, una bancarotta strutturale, creatasi nell’arco di almeno un trentennio, da cui si potrà uscire, in tempi certo non brevi, solo restituendo competitività alla nostra economia; creando i presupposti perché le imprese che abbiamo possano restare aperte e ne nascano di nuove. Solo il peggior populismo, infatti, può parlare di lavoro senza occuparsi delle condizioni che ne rendono possibile la creazione. Solo dei mentecatti possono dibattere dei problemi italiani senza spendere una parola sull’inefficienza della pubblica amministrazione e sulla sua endemica corruzione, sull’inesistenza della giustizia civile, sull’assurdità della burocrazia o su una tassazione del lavoro (dei dipendenti come degli imprenditori onesti) che è da vera e propria rapina.

Come definire i nostri politicanti che disquisiscono di massimi sistemi, ma non trovano il tempo di occuparsi di questi problemi? A destra c’è un deserto pieno di rifiuti: la Lega non appartiene, di fatto, alla nostra politica; il PdL, impegnato nella battaglia per introdurre il quarto grado di giudizio (ma vergognatevi…), esiste solo per occuparsi dei problemi del signor Berlusconi. 

A sinistra le cose vanno meglio, ma non v’è proprio nulla di cui essere entusiasti. Bersani e Renzi, nel loro dibattito, hanno avuto la bontà di parlare di liberalizzazioni; di accennare (Bersani) all’informatizzazione della giustizia (mi sbaglio o siamo nel 2012?) e alla necessità di tagliare costi della politica (Renzi). Poco, troppo poco. Per il resto, dichiarazioni di principio e i soliti rimestamenti di torrone della politica politicante. La riaffermazione della necessità di colpire l’evasione fiscale (a parole è quel che vogliono tutti, da sempre) ma non un accenno alla necessità di riqualificare la spesa pubblica. La “promessa” di far avere 100 euro il mese in più a chi ne guadagna fino a 2000, ma nessuna indicazione, tranne quella di un eufemistico “ricorso alla solidarietà fiscale”, su dove trovarle.

Nessuno dei due, soprattutto, ha fornito al signor Schwartz la minima ragione per venire in Italia o al “signor Gucci” per restarci. Parlando di politica industriale, Renzi ha invitato il centrosinistra a fare mea culpa sugli aiuti concessi alla grande industria senza che questa creasse occupazione; Bersani, dopo aver auspicato una maggior presenza dell’azionista pubblico (e in certi casi la cosa può starci) ha detto: “E se invece si è in presenza di azionisti privati occorre chiedersi dove si va”.

Dove si va, non lo so. Dove vanno, e continueranno ad andare, se non si cambieranno in fretta quelle cosucce di cui è tanto spiacevole occuparsi, è chiarissimo: altrove.

P.S. Schwartz Peter (Pietro il Nero) è il fante di picche ed è il nome di un gioco con le carte che ricordo dalla mia infanzia.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.194) 30 novembre 2012 10:30
    Damiano Mazzotti

    Ottima storiella e ottima analisi. E io aggiungo: "Prepensionamenti, prepensionamenti senza nessuna pietà, è questa l’unica soluzione per salvare l’industria e tutto il paese".

    Dal settore pubblico al settore privato, occorre un modo di pensare più pulito, fresco, giovane e acculturato. Ma bisogna fare attenzione ai giovani circondati da troppi vecchi. E i veri vecchi fornivano i loro consigli senza stare incollati a cattedre, scrivanie e poltrone.

  • Di (---.---.---.29) 30 novembre 2012 10:37

    Naturalmente, stiamo ancora aspettando quando il paladino delle libertà Pierluigi Bersani, si scomoderà per dirci:
    1) a quale titolo abbia incassato 98.000 euro dai vertci dell’Ilva;
    2)quale sorte a essi abbia dato;
    3)li ’tracci’, come da sua mania, dettagliatamente nel destino esattamente come pretende da tutti i comuni mortali;
    4) spieghi se questo non sia un esempio lampante di come si possano intritare grosse somme senza avvalersi del denaro contante, ma sfruttando il suo pallino dei pagamenti elettronici che vorrebbe imporre al solo scopo di seguire pedissequamente anche il nonno che offra il gelato al nipote. Ai malfattori del suo stampo il cittadino dovrebbe dire anche quando va al cesso, mentre lui, forte forse dello studio di Pericle (sic!), sarebbe padrone di fare i comodacci suoi.
    Ma nella democrazia, in quella senza aggettivi, non dovrebbe essere il popolo a ’tracciare’ suoi rappresentanti? Qui come mai succede il contrario?

  • Di (---.---.---.127) 30 novembre 2012 19:15

    Caro Daniel, non c’é una virgola che io non condivida pienamente. E’ inutile parlare di politiche di sviluppo finché non si risolvono questi problemi concettualmente semplicissimi. Questi problemi, più un secondo - piccolino - chiamato mafia - sono i due freni allo sviluppo. Togli questi e siamo meglio della Germania. 


    E invece c’é ancora chi crede che il segreto dello sviluppo siano gli investimenti Statali.

    Diego
  • Di (---.---.---.203) 30 novembre 2012 22:59

    Si interessante analisi ma per dovere di cronaca fu solo BERSANI a provare a cambiare qualcosa con le sue liberalizzazioni ...ma poi il ventennio Berlusconiano le ha cancellate tutte.

    Dall’ ultimo incontro fatto , e non sono un sinistroide ho visto per la prima volta due candidati che si sono confrontati sui problemi reali!1 cosa storica!!

    ora vediamo chi vince.

    e mi hanno dato una speranza

    forse sta volta mi convincono a votare sinistra soprattutto Bersani

  • Di (---.---.---.55) 1 dicembre 2012 09:23

    Come mai nessuno chiarisce i motivi per i quali il diabolico ’tracciatore’ rifiuti di farsi ’tracciare’?
    I 98.000 euro perché glieli hanno dati, visto che a me non li regala mai nessuno, e, soprattutto, come li ha spesi, esibendo le relative ricevute?

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares