Il diritto di mangiare

Oltre un quarto di tutti i bambini sotto i 5 anni dei paesi in via di sviluppo - esattamente il 27% e cioè 146 milioni - è sottopeso. Circa i tre quarti di questi bambini sono concentrati in dieci paesi.
Ogni anno oltre 5,6 milioni di bambini muoiono a causa della denutrizione, il che significa la metà di tutte le morti sotto i 5 anni.

In molti in questi anni (dal 2005 ad oggi) hanno gridato al miracolo, alla pozione magica, quando hanno capito cosa mai fosse il Plumpy’nut. Per chi non lo conoscesse, ecco la spiegazione fidatissima di Medici Senza Frontiere:
Un nome programmatico: "arachide che ingrassa" o "nocciolina grassoccia", con un rimando al potere nutritivo che sta anche nel suffisso "nut".
Ebbene: il nome mantiene le promesse! Se i bambini gravemente malnutriti ne mangiano da 2 a 4 sacchetti al giorno, regolarmente, dopo una settimana possono addirittura guadagnare tra i 500gr e il chilo di peso. E dopo 40 giorni e un centinaio di sacchetti possono dirsi fuori pericolo di morte, grazie alle 500 calorie contenute in un sacchetto morbido di carta argentata del peso di meno di 100 grammi, pieno di una pasta dolce e burrosa di arachidi arricchita con olio vegetale, latte in polvere, vitamine e minerali.
Bene, benissimo. Qualcuno, come dicevo, ha gioito e gridato alla sconfitta della fame nel mondo, ma le cose stanno diversamente. Innanzitutto non occorre una laurea in sociologia per chiedersi il perchè se da una parte del mondo si può mangiare di tutto, dall’altra si debba solo mangiare pasta burrosa di arachidi. In secondo luogo, come confermato sempre da Medici Senza Frontiere, il Plumpy’nut è un alimento per bambini gravemente sotto peso: Il "Plumpy-Nut" costituisce infatti una risposta estrema alla domanda di salvare vite in breve tempo.
La questione è che all’utilizzo di cibi ipercalorici, arricchiti, supplementari appunto, non ci si dovrebbe arrivare. E’ alla malnutrizione diffusa che non si dovrebbe arrivare, e prima ancora all’insicurezza alimentare di intere popolazioni. Ma qui il problema non è medico, è politico, e investe la logica di politiche di sviluppo che proteggono i mercati ma che vacillano ogni volta che sulla fragilità dei sistemi vengono a gravare turbative climatiche o biologiche, come la siccità e l’invasione delle cavallette, indicate come cause della crisi nutrizionale del 2005 in Sahel.
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