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Il corto circuito in Val di Susa #NoTav

 

Un corto circuito. Colossale. Inquietante. Pericoloso. Questo sta succedendo in Val di Susa. Dove si scontra una valle, abbandonata dalla politica e dall’attenzione pubblica e ridotta a periferia rompiballe, con la cecità di una politica incapace di mediare che si affida, per ignavia, al muscolo militare. Cosa già vista, in parte. In Campania fino a poco tempo fa sulla vicenda discariche. In passato sull’imposizione dei siti nucleari o degli euromissili a Comiso. E ogni volta si è pagato un prezzo inaccettabile. In termini sociali e politici.

Quando la politica rinuncia si apre la porta allo scontro senza via di uscita. Vince solo chi sovrasterà militarmente l’altro. Oppure sbatterà davanti all’opinione pubblica il maggior numero di vittime. Si cerca la vittima, in Val di Susa. Un “martire”. Perché quando il ragionamento e la mediazione vengono abbandonati e si fa entrare in scena quello spettacolo indecente di battaglioni di uomini in divisa nei boschi a lungo andare questo si rischia. Il morto. Le armi, lo dice la logica e la letteratura, quando compaiono in scena prima o poi sparano. E le armi in Val di Susa sono comparse. Due giorni fa si è sfiorata la tragedia. Ieri la si è cercata ancora.

La politica imponga una tregua. Ora. Subito. Prima che sia troppo tardi. E riprenda il suo ruolo. Quello del ragionamento e della mediazione.

Nota
C’è stato in Val di Susa ieri un fatto “laterale” inquietante. L’incendio di alcune macchine appartenenti a militanti NoTav. In questo assurdo paese dei balocchi un atto del genere, nell’interpretazione della narrazione sociale, ha spesso (quasi sempre) un significato preciso. Un avviso mafioso. E qui mi viene un sospetto sull’intelligenza della politica e delle istituzioni su tutta la vicenda. E una necessità. Fermarsi e cercare di capire chi siano davvero le ditte di appalti e subappalti della Tav. Perché il segnale è chiaro e le probabilità di una forte penetrazione mafiosa mi sembrano evidenti. E una cosa del genere spiegherebbe, purtroppo, un sacco di cose.

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