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Il cinema storico - politico di Theo Angelopoulos

Theo Angelopoulos è il più noto tra tutti i registi del cinema greco. 

Accademico del cinema (frequenta, nei primi anni Sessanta, sia pure senza grande entusiasmo e, sembra, con prospettive di successo quanto meno dubbie, l’Istituto di alti studi cinematografici – IDHAC – di Parigi), estremamente attento agli aspetti "grammaticali" della settima arte, si è particolarmente distinto, come regista, per aver realizzato opere caratterizzate da una poetica carica, da un lato, soprattutto nei suoi primi lavori, di fervido impegno civile, nelle quali si distingue una metodologia narrativa che mette al centro degli interessi dell’artista l’analisi storica degli avvenimenti che hanno interessato più nel male che nel bene la Grecia e il popolo greco nel Novecento fino agli ultimi anni; dall’altro, in parallelo, per la sua capacità di sondare e di rendere in forma di racconto cinematografico, vicende individuali vissute da protagonisti le cui vite, invariabilmente, sembrano ricalcare quello schema odisseiano che ben riesce a descrivere l’essenza tipica dell’uomo greco e/o mediterraneo in genere, consistente nell’essere dotato di quella impellente intima esigenza di viaggiare, partire e ripartire continuamente per conoscere meglio se stessi e scoprire il senso più profondo della propria esistenza.

I riferimenti alla classicità greca sono peraltro frequenti, nelle opere di Angelopoulos. Non a caso egli offre di sé l’immagine di un uomo d’altri tempi, coerente, impegnato socialmente ma soprattutto politicamente (visse con una certa sofferenza gli anni del regime dei colonnelli), artista schietto, generoso e appassionato che ama il proprio paese - la Grecia - e la propria gente, che mette a disposizione la propria arte per rappresentare le tormentate vicissitudini dei protagonisti dei suoi film che di solito appartengono proprio al popolo greco.

Della vicenda politico esistenziale di Angelopoulos è espressione diretta il suo cinema: la tanto amata patria vi appare spesso in panorami meravigliosi ma desolatamente brulli, impervi, impossibili da vivere. Paesaggi piovosi, lande nevose, fiumi che straripano, lo sguardo critico del regista si sofferma spesso, a rimarcare le spesso misere o tragiche condizioni di vita di molti conterranei, su regioni sperdute o inaccessibili dove è facile rimanere ostaggio di luoghi aspri e ostili per conformazione fisica e orografica e dalle avverse condizioni atmosferiche che caratterizzano questi ultimi.

La Grecia di Angelopoulos, luogo politico dove la democrazia, fragilissima, sembra perennemente legata a un filo, appare come una terra antica in cui il tempo si è fermato, una terra dove di tutto ciò che accade, quello che viene riprodotto nelle opere del cineasta greco, sembra essere filtrato attraverso uno spessa lente di ingrandimento e osservato da una telecamera dall’occhio spietato. Vengono inoltre, non di rado, messe in evidenza le condizioni di estrema povertà di città e villaggi all’interno dei quali si svolgono i fatti (tra questi, spessissimo, situazioni di contrasto civile e bellico) che Angelopoulos rappresenta sempre in maniera inconfondibile. Influenzato, almeno agli inizi, dal cinema di Godard e dall’opera di cineasti come Antonioni, Bergman e Rosi, Angelopoulos ha sempre mostrato di possedere doti di grande originalità e di autonomia rispetto al linguaggio e alle modalità narrative utilizzate da altri grandi registi della sua generazione.

Una delle particolarità del cinema di Angelopoulos risiede nel frequentissimo utilizzo dei piani sequenza e dei tempi morti in funzione dialettica e narrativa, scelta stilistica che si contrappone ad un utilizzo più serrato del montaggio, tipico di altri registi. Come sostiene lo stesso Angelopoulos l’utilizzo del piano sequenza, strumento che fornisce al regista l’opportunità di offrire allo spettatore una maggiore continuità descrittiva della storia e di limitare qualsiasi libera interpretazione critica dei fatti raccontati, svolge un ruolo preciso all’interno della narrazione esigendo una maggiore attenzione da parte dello spettatore.

In sintesi, l’opera cinematografica di Angelopoulos complessivamente considerata (una quindicina di film - non tantissimi quindi – realizzati in oltre quarant’anni di attività registica; tra essi sono presenti autentici capolavori come La recita, 1975, I cacciatori, 1977, Il volo, 1986, Lo sguardo di Ulisse, 1985, La sorgente del fiume, 2004, La polvere del tempo, 2009) si presenta come un unico interminabile lungometraggio, quasi un’epopea dalla quale è impossibile prescindere qualora si volessero conoscere le vicende del Novecento greco con l’ausilio del mezzo cinematografico.

Il 24 Gennaio 2012 un banale quanto tragico investimento sul set da parte di una moto, ha fatto mancare Theo Angelopoulos, un artista che, non è difficile immaginarlo, avrebbe potuto dare ancora molto alla cinematografia mondiale. 

 


  

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