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Il cielo sopra l’Argentina è nero

Nel ballottaggio del 19 novembre Milei è stato eletto presidente del paese: un vero oltraggio a 40 anni dal ritorno della democrazia. Decisiva l’alleanza tra le due destre radicali, quella di La Libertad Avanza e quella macrista e la forte disillusione degli argentini, stremati da una crisi economica che ha trai suoi principali responsabili proprio l’ex presidente Mauricio Macri.

         Immagine ripresa da https://www.resumenlatinoamericano.org/

La temuta, e in parte prevedibile, tempesta perfetta si è abbattuta sull’Argentina. Nel ballottaggio del 19 novembre Javier Milei ha conquistato la Casa Rosada con il 55,69% delle preferenze contro il 44,30% del candidato di centro sinistra Sergio Massa. Tra i primi a congratularsi con l’”anarco-capitalista” anche il nostro governo, come riportato anche da molti canali all news italiani.

La rimonta di Massa, che in occasione del primo turno aveva guadagnato il il 36% dei consensi rispetto al 30% di Milei, aveva fatto sorgere un timido ottimismo, ma solo pochi giorni dopo il responso delle urne, l’alleanza sancita tra lo stesso Milei e Patricia Bullrich, soprattutto per la sete di potere dell’ex presidente Mauricio Macri, che ha scelto di regalare i voti della sua candidata a quello che si preannuncia come uno dei peggiori inquilini che la Casa Rosada abbia mai avuto, di fatto faceva capire che per Massa non ci sarebbe stato nulla da fare.

L’esito delle presidenziali argentine, inoltre, rappresenta un pessimo viatico anche il referendum costituzionale che si terrà il 17 dicembre in Cile, dove il pinochettista José Antonio Kast sembra godere di un consenso sempre crescente. Il futuro gabinetto di Milei rappresenta uno dei primi motivi di preoccupazione. Dovrebbero rimanere in piedi soltanto 8 dei 18 ministeri presenti attualmente: Difesa, Giustizia, Economia, Esterni, Infrastrutture, Sicurezza, Interni, più Capitale umano, nel quale verrebbero ridotti al rango di semplice sottosegretariato, tra gli altri, Sanità, Lavoro e Istruzione.

All’Economia sembra probabile l’arrivo di uomini di stretta osservanza menemista come i funzionari Roque Fernández o Carlos Rodríguez, oppure Federico Sturzennegger, presidente della Banca Centrale durante il governo macrista. In pratica si tratta di funzionari di due tra i presidenti dell’Argentina, Menem e Macri, che hanno contribuito ad indebitare maggiormente il paese. Un altro nome che potrebbe entrare a far parte dello staff del Ministero dell’Economia è Emilio Ocampo, vicino al think tank Usa Center for Strategic and International Studies e autore di un volume il cui titolo è tutto un programma: Dolarización, una solución para la Argentina.

Non meno pericolosa sembra essere Victoria Villaruel, vicepresidenta di Milei. Starà a lei nominare i titolari della Difesa e della Sicurezza. Molto vicina alle Forze Armate, Villaruel si è sempre distinta per le sue posizioni negazioniste in merito ai desaparecidos. Potrebbero assumere un ruolo di primo piano anche la sorella di Milei, Karina, che ha coordinato la campagna del suo partito, La Libertad Avanza, e Martín Krause, promotore dei già contestati vouchers e sostenitore del libero mercato.

La dollarizzazione dell’economia, definita un obbligo morale, la concessione della mano libera al settore privato e la repressione dei piquetes rappresentano solo alcune delle minacce di Milei che rischiano di diventare realtà, a partire dalla privatizzazione dei media pubblici e dell’impresa petrolifera statale YPF.

Di certo el hombre de la motosierra, come ama definirsi, deve molto a Mauricio Macri e Patricia Bullrich, visti i risultati deludenti di La Libertad Avanza al primo turno. L’alleanza tra due destre estreme, quella di Milei e quella di Bullrich, presentatasi solo di facciata come esponente conservatrice, con Macri che, in pratica, ha scelto di sottomettersi al nuovo uomo forte del paese, è servita per affondare il Frente de Todos di Sergio Massa, il quale ha pagato le incertezze del presidente uscente Alberto Fernández.

A completare il successo di Milei, in un paese messo in ginocchio da una crisi economica senza fine e segnato dalla disillusione espressa, in molti sondaggi, dai giovani, ma non solo, il nuovo presidente ha avuto gioco facile nel propagandare l’individualismo sfrenato e deridere la democrazia rappresentativa, mostrando la sua ammirazione per la dittatura militare e potendosi permettere di oltrepassare un limite invalicabile senza che i suoi elettori si scandalizzassero più di tanto.

Milei ha approfittato delle convulsioni della società argentina, come del resto aveva fatto Bolsonaro quando aveva vinto le presidenziali in Brasile, giocando tutte le sue carte su una campagna d’odio che ha caratterizzato tutta la campagna elettorale. A 40 anni dal ritorno della democrazia la Casa Rosada si trova costretta ad ospitare un negazionista del cambiamento climatico, un oppositore dell’aborto legale e un privatizzatore del trasporto ferroviario e aereo, oltre a farsi portavoce dei peggiori istinti misogini del paese.

Eppure le contraddizioni di Milei non sono poche. Nonostante i suoi attacchi allo Stato, la sua campagna elettorale è stata finanziata, al 90%, proprio con il denaro di stato. Il voto a Milei, proveniente in buona parte anche dalle classi sociali più povere del paese, travolte da una crisi che sta mettendo in difficoltà anche la classe media, non mette comunque al riparo delle sorprese La Libertad Avanza. Il partito di Milei non ha una maggioranza autonoma, anche se la cosiddetta “internazionale libertaria”, come ama definire le forze di estrema destra a livello argentino e, più in generale, latinoamericano, può vantare sul sostegno di fondazioni come Creer y Crecer y Pensar, collocata internamente all’Atlas Economic Research Foundation e creatura di Mauricio Macri, ma che conta numerosi appoggi tra l’ultradestra brasiliana, cilena e venezuelana.

Ridurre lo Stato al minimo indispensabile, sopprimere le tasse, scommettere su un linguaggio politicamente scorretto, vedi l’incitamento allo sterminio del kirchnerismo e l’utilizzo della cosiddetta “infoxicación” come macchina di propaganda per diffondere fake news rappresentano alcuni dei baluardi della futura presidenza Milei, che farà il suo ingresso ufficiale alla Casa Rosada il prossimo 10 dicembre.

Nonostante le numerose defezioni all’interno di Juntos por el Cambio, la coalizione di Patricia Bullrich, una volta sancita l’alleanza con Milei, il nuovo presidente argentino non ha battuto ciglio, anzi, è riuscito anche a trarre il massimo vantaggio possibile dalla propaganda sui social network.

Influencer di spicco, Milei ha avuto vita facile sui canali social di fronte ad un avversario come Massa, definito, in questo non a torto, come un “politico predigitale”. Già prima delle Paso (le Primarie aperte simultanee obbligatorie), Milei era conosciuto come personaggio del mondo della comunicazione più che come politico o economista e, oltre ai suoi account personali, a spingerlo, è stato un movimento fatto di persone che rilanciavano continuamente il suo messaggio su Tik Tok, Instagram e X (ex Twitter).

Il 19 novembre 2023 verrà ricordato come il giorno in cui la Casa Rosada è diventata la Casa Negra.

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