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Il cattolicesimo a rischio: le confessioni di un cardinale

"Orgoglio e pregiudizio in Vaticano" è un libro semplice e solare nonostante l’apparente complessità e profondità dei temi trattati (Piemme, 2009).

Il cattolicesimo a rischio: le confessioni di un cardinale

L’autore è Olivier Le Gendre, uno scrittore francese che lavora in ambito religioso, che conosce le gerarchie cattoliche e che si può definire un esperto di cristianità. Facendo la premessa che la figura del cardinale è molto probabilmente solo un espediente letterario, in questo libro ci sono molte valutazioni interessanti in grado di far riflettere giovani e adulti. Infatti in Francia un certo successo se lo è già conquistato. E posso aggiungere che come lettura estiva è più che dignitosa.

Comunque, per capire l’evoluzione odierna, bisogna fare la premessa che “la Chiesa cattolica ha ambasciate ufficiali in quasi tutti i Paesi del mondo. Ed è anche la sola a disporre di un’autorità individuale, concentrata nella persona del papa” (p. 12). Questa eredità acquisita dall’impero romano ha ancora molte implicazioni negative nella società democratica di oggi. Ad esempio i responsabili della Chiesa cattolica non godono della libertà di parola. E la Chiesa finora si è rivolta alla società civile più o meno in questo modo: “Tu diminuisci la sacralità perché hai iniziato a dubitare dell’invisibile; per contro, io rinforzo la base del mio potere conferendomi una sacralità ancora più alta” (in sostanza un’escalation dell’incomprensione). Si stabilisce il dogma dell’infallibilità papale in materia di fede e intanto “L’umanità soffre, schiacciata sotto il peso del progresso che ha realizzato. Non si rende conto che il suo futuro dipende da lei stessa” (Bergson).

Inoltre nel libro appare un’ipotesi piuttosto frustrante: per una serie di relazioni più o meno fortuite di Marcinkus, la mafia italiana avrebbe contribuito a finanziare il sindacato Solidarnosc, su iniziativa del papa polacco, che naturalmente non conosceva i finanziatori. Occorre però ricordare che la politica di Giovanni Paolo II ha portato prima all’emancipazione della Polonia, poi al crollo del blocco sovietico e del muro di Berlino, e infine al fruttuoso allargamento dell’Europa. L’attentato al papa fu organizzato a causa delle interferenze polacche e probabilmente fu ideato e subappaltato da Andropov, all’epoca capo del KGB. Non si è discusso molto di questi fatti poiché di norma in ambito internazionale, i governi preferiscono far sapere agli interlocutori che si è al corrente, piuttosto che esporre i segreti sulla pubblica piazza… Al Vaticano era sufficiente avvertire per vie traverse “l’Unione Sovietica che qualora avesse intrapreso azioni militari contro la Polonia, non avrebbe esitato a rivelare al mondo la sua responsabilità nell’attentato al papa” (p. 23).

Nel libro si affrontano anche tematiche relative ad una possibile apertura della Chiesa nei confronti della contraccezione, che ancora non è stata approvata, anche se nell’ultimo Concilio c’era una larga maggioranza disposta a votare una deliberazione a favore della sua accettazione. Poi si parla del matrimonio dei preti, fatto molto comune nella religione ortodossa, anglicana e protestante (la cosa è ancora sconsigliabile poiché i preti lascerebbero l’eredità ai figli). E si parla anche di pedofilia, dell’elezione dell’ultimo papa e della saggezza teorica di non mantenere mai troppo a lungo la stessa persona in un posto di comando, proprio perché in genere si diventa incapaci di rinnovare le proprie analisi e opinioni (p. 14).

La parte centrale del libro apre pure una parentesi apparentemente fuori luogo sui massacri del Ruanda. Il paese più cattolico di tutta l’Africa ha dimostrato cosa può accadere in cento giorni quando la cristianità viene assaltata dall’idiozia politica. Un altro tema interessante è l’eventuale partecipazione attiva dei degli uomini religiosi che combattono in prima linea: “i preti, in determinate zone del pianeta, sarebbero capaci di resistere alla corruzione” (p. 44). Sarà poi vero?

Quindi, anche se la Chiesa cattolica raccoglie solo il 17 per cento della popolazione e nonostante la perdita di un certo grado di influenza morale, le azioni del Vaticano possono ancora influenzare la storia. A questo proposito la figura del cardinale afferma: “Dobbiamo frequentare i potenti della terra, accettare di piegarci ad alcune delle loro regole, rinunciare ad affermare a voce alta quella che noi giudichiamo essere la verità, nella speranza che la nostra discrezione possa strappar loro alcune concessioni. Non di rado, il cucchiaio che utilizziamo per nutrire il diavolo ha il manico corto, troppo corto, e finiamo per comprometterci” (p. 49).

In realtà il cattolicesimo dovrà prima o poi abbandonare l’assolutismo teologico per riscoprire l’umiltà cristiana. Infatti la teologia è una disciplina piuttosto assurda e molto paradossale, la quale afferma di poter conoscere l’inconoscibile. L’umana verità è che Dio, nella sua sostanza e nella sua grandezza, non può essere compreso dalla mente molto limitata dell’uomo. E siccome i tempi di riflessione della burocrazia cattolica sono lunghi o lunghissimi, tutto l’apparato rischia di essere travolto dalla rapida evoluzione della società mondiale sempre più tecnologica e globalizzata.

Forse basterebbe una sola ricetta: più umiltà per tutti. Dall’ultimo dei fedeli al più alto in grado. Infatti anche il cardinale afferma: “Noi siamo personalità in vista, siamo trattati con grande deferenza, non sappiamo cosa sia esattamente il timore di non arrivare alla fine del mese, né sapremo mai cosa significa davvero piangere la morte di un bambino. Amiamo, certamente, ma a distanza, senza che l’amore, il più delle volte, arrivi a turbarci. Preghiamo per le vittime delle catastrofi, ma la maggior parte di noi non è mai andata a condividere la vita di coloro che lavorano giorno e notte, per tentare di trovare l’ultimo sopravissuto”. Ed è sempre meglio ricordare che “A scuola è opportuno insegnare il principio di Archimede, ma a chi sta annegando è meglio lanciare un salvagente” (Anonimo).

A mio modesto parere, il conservatorismo italiano si estinguerà prima di quello cattolico: le passività della passività italiana non verranno più ripianate da un adeguato livello di nuove entrate economiche e fiscali. E forse anche il Vaticano soffrirà intensamente tutte le pene della prossima crisi infernale dell’economia. Dopotutto fare sempre le stesse cose equivale a morire lentamente, economicamente e spiritualmente.

Così il vero cristiano “non è colui che conserva: è colui che immagina, che inventa, che scopre, pur restando fedele”. Per questo motivo Gesù fu un innovatore eccezionale che comunicava attraverso le parabole e non frequentava il tempio: era superconscio dei limiti delle vecchie scritture e delle vecchie strutture. Tutti i vecchi cattolici di buona volontà dovrebbero riprendere in mano il Vangelo per rileggere e riattualizzare insieme agli altri una mirabile parabola come quella sugli uomini che fecero fruttare i talenti. Invece quasi tutti i giovani non ne hanno bisogno: sono immersi nella vita di relazione esplorativa e nel cambiamento fino al collo.

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