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Il caso Cucchi

Tutti gli imputati per la morte di Stefano Cucchi, tre guardie carcerarie, tre infermieri e sei medici sono astati assolti per insufficienza di prove nel processo d’appello che ha ribaltato la sentenza del processo di primo grado.

In questa tristissima vicenda si è replicato l’altrettanto triste caso Tortora, noto presentatore televisivo accusato di traffico di droga, semplicemente perché in un appunto scritto malamente su di un’agendina sequestrata ad un camorrista, il nominativo Tortona di uno spacciatore, venne erroneamente letto Tortora.

Da quest’equivoco, nell’anno 1987 nacque una vergognosa quanto incredibile persecuzione del presentatore la cui immagine in manette, come se fosse stato un pericoloso delinquente, venne esposta al pubblico ludibrio sui giornali e telegiornali di tutt’Italia.

Enzo Tortora era un galantuomo, persona dotata di grande civismo e cultura, laureato in legge, si difese con grandissima maestria come e meglio di un principe del foro, ma tutto il Paese, i mezzi d’informazione, la gente comune, i magistrati, vollero a tutti i costi e contro ogni evidenza la sua rovina, e fu condannato.

La rivoluzione francese, il processo a Galileo Galilei della Santa Inquisizione, la Storia della Colonna Infame del Manzoni, Il processo di Kafka, a nulla servirono contro la volontà ampiamente diffusa di punire severamente Enzo Tortora. Il classico capro espiatorio dopo aver scambiato il peccato con il peccatore.

Tortora morì il 18 maggio del 1988 poco dopo la sentenza di assoluzione, a soli 59 anni.

Allora, nel mio piccolo, proposi di mettere un busto in bronzo di Tortora in ogni tribunale della Repubblica a futuro monito. Oggi, con il caso Cucchi si è replicata la stessa tragica e vergognosa vicenda.

Vivere in questo Paese è diventato sgradevole e pericoloso. Infatti molti stanno fuggendo all’estero, i migliori.

In una società amorale, priva di punti di riferimento, di valori condivisi, con una scuola allo sfascio, con prospettive tragiche, è comprensibile che un giovane adulto come Stefano, abbia ceduto all’uso della droga. Quando questo accade, la società è colpevole e ha il dovere di assistere in ogni modo la vittima. Invece in questo caso il povero ragazzo fu sottoposto vigliaccamente ad una lunga serie di angherie fisiche e psicologiche tanto efferate, da portarlo alla morte. Le fotografie del suo povero corpo martoriato gridano vendetta.

La sentenza d’appello non è accettabile. Tutti, persone e istituzioni coinvolti a diverso titolo per partecipazione attiva, per omissione di dovere di ufficio o per errori perpetrati con imperdonabile leggerezza o inettitudine nel ricoprire ruoli dai quali può dipendere la libertà o la stessa vita di esseri umani, sono ben individuati negli imputati e devono essere puniti in modo esemplare.

Opportunamente e lodevolmente, il procuratore capo del tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone ha ritenuto di affermare che "non è accettabile, dal punto di vista sociale e civile, prima ancora che giuridico, che una persona muoia non per cause naturali, mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello stato”.

A seguito di così autorevoli parole, confidiamo insieme alla famiglia Cucchi nella riforma della sentenza d’appello e nella condanna di tutti gli imputati.

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