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Il Wien Festival 2023 di Tokyo

Due giorni di concerti nel comune di Fuchu

 

Il ricco comune di Fuchu, della città metropolitana di Tokyo, gemellato dal 1992 con il quartiere Hernals di Vienna – Fuchu aveva ospitato gli atleti austriaci alle recente Olimpiadi di Tokyo - , nell’ambito del progetto Utau Machi Fuchu (letteralmente, “Fuchu, la città dove si canta”), ha organizzato nella Multisala Fuchu no Mori Geijutsu Gekijo, il Wien Festival 2023.

Due diversi auditorium hanno ospitato quattro concerti in due giornate consecutrive.

Nella prima, alla Dream Hall, dotata di ottima acustica, la IlluminArt Philarmonic Orchestra, diretta da Nishimoto Tomomi, musicista assai famosa in Giappone, assieme al Coro guidato da Kamizuki Hikaru e Yamaguchi Hiroshi, ha eseguito l’ultima pagina - lasciata incompiuta dal compositore, che morì il 5 dicembre 1791, un giorno dopo aver completato il Dies Irae – del ricco repertorio di W.A. Mozart, il Requiem, K 626, conosciuto anche come Missa pro defunctis, ossia una Messa formata da un insieme di brani finalizzati a celebrare la memoria di un defunto.

Venne commissionata ad Amadeus dal conte Franz von Walsegg zu Stuppach, per commemorare l’anniversario della morte della moglie, avvenuta il 14 febbraio 1791.

Deceduto il compositore, la consorte Constanze affidò il completamento dell’autografo dapprima a due allievi, Franz Jakob Freustadtler e Joseph Eybler, probabilmente coordinati dall’abate Maximilian Stadler, in seguito a Franz Xaver Sussmayr, fedele allievo e amico di famiglia.

La IlluminArt ha eseguito con composta correttezza la famosa partitura, incalzata da ampi gesti della Direttrice, che si è mossa alquanto con gli arti superiori, disdegnando la consueta bacchetta.

Buona la prova del Coro, mentre i quattro solisti vocali – il soprano Takahashi Misaki ; il contralto Okuno Keiko ; il tenore Matsubara Riku ; il basso Muramatsu Tsuneia – hanno interpretato diligentemente la loro parte, anche se imprecisi nella pronuncia del testo latino : le vocali e erano rese come i – ad esempio dona eis Domine, suonava come dona iis Domine – poiché il Giappone si attiene alla lingua anglosassone, presente in gran numero nel parlato di tutti i giorni.

Applausi cordiali in un auditorium abbastanza riempito, anche se lontano dall’esaurito.

Lunga e piacevole, la maratona del giorno successivo nella Wien Hall, meno spaziosa, ma altrettanto acusticamente felice.

Il primo concerto, alle 11 e 30 del mattino, è iniziato con una breve, ma apprezzata esibizione di Noti Tutti, un quintetto di giovani studentesse dell’Università Meiji, le quali hanno interpretato – a cappella – l’Allegro, primo movimento del “Concerto in Mi maggiore, op. 8, n,1”, il primo dei 12 in totale che costituiscono Il Cimento dell’Armonia e dell’Invenzione, conosciuto come “La Primavera”, di Antonio Vivaldi.

Brano plurinterpretato e abusato – in laguna le 4 stagioni echeggiano in parecchie chiese e Palazzi per la gioia (?) dei turisti – nelle voci soavi e cristalline delle studentesse ha acquistato una lettura diversa, che ha reso fresca una pagina purtroppo utilizzata sempre di più come jingle telefonico di qualsiasi tipo.

Dopo essersi presentate una ad una, raccontando qualche cosa del proprio percorso di studi e musicale, si sono congedate da un pubblico, ahimè, davvero scarso, con l’allegro con brio dalla Quinta Sinfonia in Do minore, op.67, Eroica, di Ludwig van Beethoven.

Oltre a dare un ennesimo saggio circa la vocalità e l’affiatamento, le giovani musiciste hanno anche svolto un lavoro percussivo su alcune parti del corpo (torace, mani, cosce) con lodevole precisione.

Una breve pausa, atta a preparare il palcoscenico, ed ecco salire sul palco, nell’oscurità, il gruppo di Wa Daiko (i tamburi tradizionali giapponesi), KOYU, nato ad inizio secolo a Inagi, poco lontano da Fuchu.

Come in tutti i gruppi, dal più famoso KODO, a quelli di quartiere, ciò che emerge dalla percussione è la forza fisica, la tensione e la teatralità nel colpire le pelli naturali dal diametro variabile. Spesso le improvvisazioni sono accompagnate da urla dello stesso esecutore e dei compagni, che lo incitano a dimostrare la sua abilità.

Ci sono tamburi a barile sostenuti da corde (Shimedaiko) di medie e grandi dimensioni, accanto a piattini e all’unico strumento a fiato, un flauto, nei brani meno agitati.

Fra i molti nativi, è stato bello notare la gioia nel colpire, da parte di due ragazze, a dimostrazione che la percussione è finalmente diventata aperta a tutti, non più prerogativa dei maschietti.

Molti i brani eseguiti, per un tempo totale di 84 minuti, tutti apprezzabili, tranne uno, una versione con chitarra elettrica, suonata dall’unico occidentale presente nell’ensemble, e poche percussioni della “Marcia Turca” di Mozart. Forse si è trattato di un esperimento, che ipotizzo non sarà ripreso, se all’interno dell’ensemble ci sarà anche un direttore musicale in grado di capire cosa sia meglio fare.

Applausi finali, quando il gruppo si congeda abbondando in inchini, mentre ogni musicista si avvia verso il proscenio, per mostrare il proprio virtuosismo.

Il tempo di mangiare qualcosa per arrivare in tempo ad ascoltare il concerto classico forse più bello.

Protagonisti la violinista Sahara Atsuko e il pianista Ifuku Kentaro.

Quattro i brani in scaletta :

la Sonata per violino e pianoforte in Sol maggiore, K 379 di Mozart nei tempi I. allegro e II. Andantino cantabile ; il Rondò in Si minore D 895 di Franz Schubert ; Variationen uber ein norwegisches Volkslied (1979) di Julius Engelbert Rontgen ; la Sonata per violino e pianoforte n. 3 in Do minore in tre movimenti, di Edvard Grieg (Bergen, Norvegia 1843 – 1907), scritta tra l’autunno 1886 e gennaio 1887.

Particolarmente interessante, dolcemente melodica, la composizione di Rontgen, prolifico musicista tedesco-olandese (Lipsia, 1855 – Utrecht, 1932), che coltivò l’amicizia con Liszt, Brahms e Grieg e fu tra i fondatori, nel 1884, del Conservatorio di Amsterdam, diventandone il direttore dal 1912 al 1924, anno in cui cessò ogni attività pubblica.

Più che mai intelligente, l’idea di concludere con un compositore norvegese come Grieg, il quale contribuì notelvolmente a far conoscere e diffondere in Europa la musica popolare della sua terra natìa. La Sonata ha confermato la freschezza nell’invenzione melodica e un’eleganza nel linguaggio armonico con un costante riferimento alla musica popolare scandinava, quale fonte inesauribile da cui attingere aspirazione.

Applausi sinceri anche stavolta da parte di poco pubblico, premiato con un breve bis, Kleiner Wiener Marsch, pubblicato per la prima volta nel 1924, di Fritz Kreisler (Vienna, 1875 – New York, 1962), che fu anche un acclamato, virtuoso violinista . Decisamente trascinante, ha stimolato un continuo battere le mani per scandire il tempo da parte del pubblico e un lunghissimo applauso conclusivo.

Alle 17 e 40, l’ultimo concerto ha proposto un variegato programma che ha alternato il “Re del valzer” Johann Strauss figlio (Vienna, 1825 – 1899), Mozart, Schubert, Franz Lehar (Komarom, Ungheria, 1870 – Bad Ischl, Austria, 1948), Emmerich Kalman (Siofok, Ungheria, 1882 – Parigi, 1953) e un rinimato compositore giapponese, Nakada Yoshinao (Tokyo, 1923 – 2000).

Sul palco il tenore Shimomura Shouta si è alternato e ha anche duettato con la soprano Hayano Yumi, ben sostenuti dalla pianista Kumagaya Kuniko, che studiò Belcanto in Italia all’Accademia verdiana "Carlo Bergonzi" e pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.

Il concerto è volato via snello, a partire dalla celebre Ave Maria schubertiana e si è concluso con Tace il labbro da Die lustige Witwe (1905), “la vedova allegra” di Lehar.

Da sottolineare che alcune arie e romanze occidentali, sono state cantate per metà nella lingua originale, per metà in giapponese e precismente, l’Ave Maria ; Die Csardas Furstin (la principessa della Czarda) di Kalman e “Tace il labbro”, terminato anche con uno spassoso, teatrale, ballo della coppia.

Sorridenti e in buona forma, i cantanti si sono congedati, abbondando negli inchini e nei sorrisi, da un pubblico generoso, fortunatamente accorso un po’ più numeroso, rispetto ai due concerti precedenti.

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