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Il Sen. Giambrone e l’elezione dei presidi

L’elezione dei dirigenti scolastici proposta come panacea per eliminare gli sprechi dei concorsi e ridurre il potere dei presidi.

Per dovere di una corretta informazione, ritorno sul tema della proposta di legge di eleggere i presidi, odierni Dirigenti scolastici, presentata dal Senatore Giambrone (IdV) e fatta propria da diversi soggetti che continuano a prospettarla omettendo, tuttavia, di pubblicare, tranne rare e nobilissime eccezioni, le opinioni in confutazione.

Tornando alla questione ho avversato la proposta già in altri scritti, tuttavia, si continua a discutere ed a riproporre la stessa solfa e le stesse motivazioni e ritenerle fondate solo perché, magari, la proposta proviene da un Senatore dell’Italia dei valori (di quali valori, poi, non è dato sapere).

Ma veniamo ad esaminare le ragioni su cui si fonderebbe l’esigenza di trasformare un Dirigente scolastico da funzionario della pubblica amministrazione nominato su base concorsuale, in un soggetto scelto da un gruppo di elettori.

La prima ragione ricorrente in quasi tutte le tesi si aggancia alla nota vicenda accaduta in Sicilia con il concorso annullato dalla Magistratura, in attuazione delle prerogative piene e proprie riconosciutole dalla legge, per motivi validissimi riscontrati anche dal Consiglio di Stato. Sembrerebbe che l’elezione del preside eliminerebbe alla radice il pericolo di “intrallazzi”, (io preferisco parlare di illegittimità), e si eviterebbero, così, lunghi ed insanabili contenziosi.

Evidentemente chi ha fatto tale osservazione non tiene conto dei ricorsi che vengono regolarmente proposti contro la elezione del sindaco, di un deputato e da ultimo cito il caso eclatante del ricorso proposto contro l’elezione del Presidente dalle Regione Piemonte. Appare evidente che il modo con cui si perviene alla nomina, concorsuale o elettivo, non esclude, né elimina il ricorso alle vie giudiziarie che sono conseguenza dell’eventuale riscontro della violazione delle regole. Ed è proprio questo che è accaduto nel Concorso del 2004, una palese violazione delle regole rilevata dalla magistratura, così grave da decretarne la nullità.

L’altro motivo caldeggiato e condiviso dai più è il riferimento alla legge sulla dirigenza che amplia i poteri del dirigente scolastico e si richiama la vicenda di quella docente sottoposta a provvedimento disciplinare con la sospensione dallo stipendio, a dal servizio, per tre giorni.

Evidentemente l’argomentazione è illogica e falsamente posta.

Infatti, se fossero confermati i suoi termini, essa avrebbe lo scopo di istituire una sorta di imbrigliamento dei poteri del dirigente scolastico attraverso la sua sottoposizione all’elettorato, limitando o eliminando il potere di governo, controllo e disciplinare che non può non esistere in capo ad un soggetto che si trova al vertice di una amministrazione. Il tutto perché il dirigente sarebbe direttamente responsabile del suo operato nei confronti dell’elettorato. Ma di quale elettorato? Ovviamente solamente nei confronti di chi lo avrebbe eletto! Quali obblighi questi avrebbe nei confronti degli avversari o di chi si è candidato ed è stato sconfitto in seno alla competizione elettorale!

Appare evidente la infondatezza di una simile argomentazione poiché non può assolutamente ritenersi ammissibile una funzione dirigenziale sprovvista di qualsiasi potere di controllo e di governo della sua amministrazione ed una sua subordinazione diretta all’umore ed “all’interesse” della base.

Ovviamente il problema non è peregrino, visto che nell’attuale procedura manca la possibilità di risolvere in sede amministrativa la questione, ponendo a tutela del sanzionato “solo” la possibilità di rivolgersi al giudice con le conseguenze proprie che derivano dalla lunghezza, inammissibile in uno Stato civile, dei procedimenti giudiziari.

Tornando al caso della professoressa che ha subito il provvedimento disciplinare perché del foglio di carta che conteneva l’ordine di servizio (che peraltro mi dicono avesse già eseguito) ne ha fatto una barchetta. Se sono questi i fatti narrati, appare evidente la pretestuosità, illogicità e manifesto abuso del dirigente. E’appena il caso di rilevare che il momento essenziale dell’ordine di servizio è la comunicazione e la presa di conoscenza da parte del destinatario. Il mezzo di comunicazione, in questo caso un foglio di carta, non ha alcuna rilevanza ai fini della classificazione e dell’efficacia dell’ordine. L’insegnante aveva eseguito l’ordine in quanto ne aveva già ricevuto la comunicazione. Il foglio di carta, quindi, esaurita la sua funzione (comunicazione) entra nella totale disponibilità del destinatario il quale può farne l’uso che ritiene più opportuno. Se taluno ricevesse un’ingiunzione e la eseguisse e poi gettasse il documento nella spazzatura qualcuno mai potrebbe ritenere quel comportamento offensivo nei confronto dell’autorità che ha ingiunto l’ordine?

Questi concetti appaiono chiari e calzanti nel caso in esame e rendono palesemente illegittimo il provvedimento della dirigente. Ciò ovviamente nel presupposto che i fatti narrati siano veritieri.

L’altra motivazione a fondamento della scelta della via elettiva è di carattere economico. Infatti, si fa riferimento alle centinaia di migliaia di euro che l’erario dovrà sborsare per sostenere i costi del nuovo concorso a preside che prevede un numero enorme di partecipanti di circa 120.000 su 2800 posti.

La via elettiva eviterebbe di spendere (qualcuno direbbe sprecare) danaro perché ciascuna scuola con poche decine di euro potrebbe stamparsi le schede elettorali ed eleggere il dirigente. Con buona pace di tutti.

E’ appena il caso di replicare che per ridurre il numero dei partecipanti si potrebbero attivare delle soglie di sbarramento. Per esempio aumentare il numero degli anni di ruolo, o mettere il limite di età, o prevedere una preselezione sulla base di titoli da esaminare e da riscontrare, senza che ovviamente il parlamento (la sinistra) non intervenga per fare leggi ad hoc per sanare le posizioni illegittime dei candidati che pur sprovvisti dei titoli presenterebbero comunque la domanda. Nel concorso di cui si discute sembra ci siano attualmente “vincitori” che non possedevano gli anni di ruolo; che non possedevano la laurea; che hanno avuto conteggiato i titoli di studio più volte. Il tutto senza alcun controllo da parte dell’amministrazione. Nessun problema, ci ha pensato il Parlamento a sanare le posizioni illegittime.

Lo stesso, ovviamente, si verificherebbe in caso di elezioni. Ci sarebbe sempre qualche deputato amico o parente che presenterebbe una leggina in sanatoria.

E’ ovvio che volendo si potrebbero trovare soluzioni alternative certamente meno risibili di quella del risparmio dei costi di gestione del concorso.

(Io mi preoccuperei, invece, dei 329.000 Euro spesi per regalare gli anellini e gli Ipad ai parlamentari del PDL).

Altra argomentazione è quella che vorrebbe porre l’Università e le singole facoltà sullo stesso piano delle scuole estendendo la giustificazione anche all’elezione dei sindaci e dei comuni, considerando che le scuole avrebbero un bilancio da esaminare molto limitato se rapportato alle università ed ai comuni.

Evidentemente chi ha fatto questi rilievi non conosce i bilanci dei comuni, delle province e delle università se pensa che i bilanci della scuole siano soltanto “meno limitati”. Ma invece perché non pensiamo che sarebbe a questo punto logico eleggere il Giudice di Pace? O magari il Maresciallo dei carabinieri (come lo sceriffo nel far west) o il Presidente del Tribunale o il capo dell’Ufficio tecnico del comune o della provincia o del genio civile? Di questo passo se sono queste le argomentazioni, tutti i funzionari pubblici dovrebbero essere sottoposti alla stessa regola dell’elezione.

Mi fa specie il riferimento al fatto che “spesso molti municipi sono retti da sindaci di scarsa cultura, non solo accademica, ma anche normativa e legale”. E’ appena il caso di replicare che il politico non ha l’obbligo di avere un titolo di studio, né tantomeno di conoscere la legge o, come è purtroppo accaduto, la Costituzione.

Altro cavallo di battaglia è la permanenza a termine, tre/cinque anni, e che la scelta dei docenti cadrebbe “senza alcun dubbio” sul docente che avrebbe dato prova, sul campo, di maggiore affidabilità, coerenza, preparazione, sia in classe coi ragazzi, e sia fuori nei rapporti interpersonali con gli altri docenti e col personale nel suo insieme.

Anche tale argomentazione è destituita di fondamento. Perché un concorso se fatto sulla base di regole certe, tenendo conto del vissuto dei concorrenti e dei titoli validi, non sarebbe in grado di certificare affidabilità, coerenza e preparazione? E quale affidabilità, coerenza e preparazione si ritiene di riconoscere per esempio nell’On. Scilipototi o nello stesso Senatore Giambrone eletto dal popolo che non solo approva leggi incostituzionali, ma propone emendamenti altrettanto incostituzionali dopo aver contestato le leggi ad personam. E’ questa l’affidabilità che nasce dal rapporto che scaturisce da una elezione?

La penultima delle argomentazioni è certamente la più indefinibile ed è quella che pone l’accento sul fatto che da un concorso pubblico, regolarmente svolto, ne potrebbe venir fuori un “dirigente magari analfabeta, neghittoso, autoritario” e “inamovibile”.

Il Collegio dei docenti, il Consiglio d’Istituto, le RSU, i comitati studenteschi, i genitori costituiscono certamente dei soggetti più che idonei per mettere in riga il dirigente incompetente, neghittoso, prepotente arrogante. La legge in atto conferisce i poteri necessari per farlo.

Anche l’amministrazione dovrebbe poter procedere nei confronti del dirigente analfabeta. Infatti con un concorso regolare sarebbe inammissibile per soggetti incapaci di sillabare o che commettono gravi strafalcioni grammaticali di risultare vincitori in un concorso per dirigente.

Sorvolo sull’ultima ipotesi del riferimento che in Germania la carica è elettiva e pure in Inghilterra e per la sua funzione di preside ha una semplice indennità, mentre la metà del suo orario lo passa in classe a fare docenza. Il rettore o reggente delle scuole citate è inserito in un contesto normativo totalmente diverso. Non è pensabile di estrapolare un aspetto di quel contesto senza che esso sia correttamente raccordato con l’ordinamento vigente nel nostro paese.

Tra tutte le contestazioni che ho mosso ve ne è una che è tra tutte la più importante ed è che la proposta di eleggere il dirigente della scuola così come è in atto prevista dall’ordinamento cozza con la Costituzione ed in particolare con il disposto del 3° comma dell’art. 97 che recita: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge [cfr. art. 51 c.1 ].

Allo stato, queste sono le norme costituzionali che il Senatore Giambrone dovrebbe ben conoscere e rispettare, che, comunque, con qualche piccolo aggiustamento si potrebbe evitare di violare, modificando il rapporto in capo il c.d. dirigente.

E’ lecito chiedersi, però, dopo tutte le tribolazioni che sono confluite nella legge 202/2010 (incostituzionale, come lo è la 190/2009) con la quale si è cercato di sanare la palese illegittimità della nomina di taluni docenti a dirigenti, se in questa crociata del preside elettivo l’On. Giambrone sarà seguito dai vari Cristaldi, Granata o dalla stessa Siragusa e se tale ipotesi sarà mai sponsorizzata e fatta propria da qualche sindacalista improvvisato.

Appare evidente che la proposta del sen. Giambrone, è destinata e restare lettera morta, ed è solo un modo per cercare di rifarsi una verginità dopo lo stupro perpretato (legge 202/10) e per gettare fumo negli occhi di chi, purtroppo, ha ancora fiducia nella legge e nell’ordinamento.

C’è un detto popolare che dice: “se lo conosci lo eviti”. Bene, senatore Giambrone, noi lo abbiamo già conosciuto!!

Buone feste. 

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