• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Il Mali si riprende Kidal e pensa alle elezioni

Il Mali si riprende Kidal e pensa alle elezioni

Dopo due settimane di trattative, martedì 18 giugno il governo maliano è finalmente riuscito a raggiungere un accordo con i ribelli tuareg che da gennaio occupano Kidal, capoluogo dell’omonima regione situata nella zona nord est del paese, impedendo l’accesso alle truppe dell’esercito regolare e ai funzionari civili.

Le trattative si sono concluse a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, con la firma del ministro maliano dell’Amministrazione territoriale, il colonnello Moussa Sinko Coulibaly e quella di Bilal Ag Acherif e Algabass Ag Intalla, rispettivi rappresentanti del Movimento Nazionale per la liberazione dell’Azawad (MNLA) e dell’Alto Consiglio dell’Unità dell’Azawad (HCUA), i due principali gruppi tuareg. L’intesa tra le due parti rappresenta un passo decisivo verso il processo di reintegrazione territoriale del Mali, che avrà come passaggio chiave le elezioni nazionali previste per il 28 luglio. Senza la firma di questo patto, non si sarebbe potuto garantire lo scrutinio nella zona di Kidal, perché in mano ai ribelli.

Il pomo della discordia risiedeva principalmente nella richiesta di immediato disarmo dei tuareg presentata dal governo maliano. La controparte aveva definito questa proposta “tecnicamente infattibile”, in quanto un totale abbandono delle armi richiederebbe dei tempi più lunghi. La soluzione adottata nel testo definitivo prevede, oltre all’ingresso delle truppe regolari maliane nella città di Kidal, l’intervento dei caschi blu della Minusma (Missione integrata delle Nazioni Unite per la stabilizzazione del Mali), che saranno guidati dal generale ruandese Jean Bosco Kazura.

La comunità internazionale ha espresso tutta la sua approvazione nei confronti di questo importante traguardo. Catherine Ashton, rappresentante per la politica estera europea, ha dichiarato che questo “accordo riveste una portata storica” e che “costituisce una tappa cruciale nel processo di costruzione della pace attraverso il dialogo”. Bert Koenders, rappresentante del segretario generale dell’ONU a Bamako, si è dimostrato più prudente, ricordando che “si tratta di un primo passo. La cosa più importante è che i firmatari si voltino verso l’avvenire e continuino i loro sforzi per concretizzare questo concordato”

Il patto firmato da entrambe le parti sembra dare una nuova speranza al paese che, da gennaio 2012, sta vivendo la peggiore crisi geopolitica della sua storia. Mentre i gruppi jihadisti di Aqmi, Mujao e Ansar Dine sono ancora asserragliati nel massiccio montuoso dell’Adrar des Ifoghas, il Mali, che in questo momento ha un governo ad interim guidato da Dioncounda Traoré, cerca di ritrovare una stabilità attraverso le prossime elezioni.

In molti però non vedono di buon occhio la scelta di fissare uno scrutinio nazionale alla fine di luglio, in quanto il paese non sarebbe ancora maturo per affrontare una simile prova. Il rischio è quello di instaurare un governo incapace di gestire una situazione così delicata, ricadendo così nell’incubo jihadista da cui sta cercando di uscire. A questo si aggiungono quei problemi di natura logistica legati al voto dei rifugiati che, in seguito all’invasione dei ribelli islamici, hanno lasciato il nord per recarsi verso sud o nei paesi vicini come Mauritania o Niger.

La Francia è da sempre tra i principali sostenitori di un’elezione anticipata. Il 10 maggio, in occasione di un incontro con il suo omologo nigeriano, Mahamadou Issoufou, il presidente Hollande ha dichiarato che “Queste elezioni devono aver luogo. Per il popolo maliano, per l’esempio che dobbiamo dare a tutta l’Africa e per la legittimità che devono avere le autorità maliane”.

In realtà, il suo intervento militare cominciato l’11 gennaio contro i ribelli islamici è costato fino ad oggi più di 200 milioni di euro, una cifra che cresce ogni giorno di più e che sta diventando una spesa insostenibile per le casse dello Stato. Attualmente il numero di soldati francesi dispiegati nel territorio maliano è di 3850 unità. Parigi conta di ritirare 2000 uomini subito dopo le elezioni, lasciando spazio al contingente della Minusma che dal 1° luglio comincerà ad inviare le prime truppe.

 

 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares