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Il Golpe di Vindice Lecis affascina la Sardegna

Lo scrittore, giornalista de L'Espresso presenta il suo ultimo romanzo. Tanta Sardegna nella storia d'Italia. 

La necessità di rafforzare gli anticorpi democratici fa virtù rispetto alle reiterate tentazioni autoritarie o alle inoculate spinte populistiche avanzate nel nostro Paese. La sintesi emerge chiara e condivisa nel sabato sera letterario di Alghero. Sono numerose le decine di lettori ma non solo, di anagrafe eterogenea, che affollano la sala Rafael Sari del liceo classico di Alghero, per l'incontro con Vindice Lecis. L'occasione è data dalla presentazione del suo ultimo romanzo “Golpe” (Corbo Editore), che in questi giorni riscontra forte partecipazione di pubblico negli appuntamenti in Sardegna. Ad Alghero, Lecis è ospite nella rassegna “Incontri con gli autori” promossa dalla libreria Il Labirinto di Vittorio Nonis. Insieme al libraio, fa gli onori di casa Elias Vacca, giovane avvocato algherese, responsabile nazionale giustizia del PDCI, già deputato alla Camera nella legislatura terminata nel 2008. 
 
“Tanti nomi che ritornano, nell'81 con la P2, nel '91 con Gladio. La storia è scandita da queste vicende, diciamo sempre tentati golpe”, ricorda Nonis introducendo il contesto del romanzo. Vicende e personaggi narrati, ruotano intorno all'evento clou che non si consumò la notte dell'otto dicembre 1970. Il tentativo di golpe, perpetuato nel progetto del principe nero Junio Valerio Borghese, fu revocato in zona cesarini dagli stessi organizzatori. Alcuni dei quali furono straordinari protagonisti di quella eversione, istituzionalmente assecondata che vide l'esponente supremo in Licio Gelli.
 
Elias Vacca impiega i primi quaranta minuti della conferenza per ricostruire l'ambientazione storica di quel periodo. Lo fa con ardore, inscindibile dalla sua formazione politica e con riferimenti a fatti oggettivi. La breve distanza temporale dal 25 aprile del '45 e da Piazzale Loreto, la giovane quanto debole crescita repubblicana, sfregiata nella strage di Piazza Fontana sono aspetti determinanti.
 
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I presenti, miolti giovani.

 Non mancano aneddoti inediti: l'avviso dell'imminente atto eversivo recapitato al PCI grazie a Giorgio Almirante, leader MSI, e l'omni potenziale ruolo dello stesso Gelli, depositario delle chiavi del Quirinale e pronto a prelevare fisicamente l'allora presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. La stessa disponibilità dell'amministrazione Clinton a pubblicare nel 1994 gli archivi CIA attestanti l'appoggio americano al golpe Borghese, riporta nel dibattito l'immancabile ruolo del “divino Giulio”. L'incerta consapevolezza di Andreotti ad aderire come prestanome fittizio ad un regime, democratico solo nella facciata, non muta le condizioni storico culturali propedeutiche all'azione militare, poi abbandonata nella realizzazione. Considerata questa, con la presa in armi del Viminale e della sede RAI, congiuntamente ad analoghe operazioni nelle principali province del nord d'Italia, un'azione coordinata ben diversa da quella ipotizzata in tribunale. Nella sentenza del Corte d'Assise d'appello, che in secondo grado, il 29 novembre 1984 assolse tutti i 46 imputati dall'accusa di cospirazione politica riducendo il tentato golpe ad un <<conciliabolo di quattro o cinque sessantenni>>. Gli stessi attori in scena, evocati a vario titolo, da Stefano Delle Chiaie al gen. Berti, da Miceli a Maletti, da Orlandini sino ai mafiosi Bontade e Badalementi sono il contrappeso alla nomenclatura dei maggiorenti di partito: Berlinguer e Pecchioli sino ad Aldo Moro. Tutti conducono al dna del nostro Paese. Dotato di “fascinazioni verso l'autoritarismo, l'uomo forte, il demiurgo”, secondo il pensiero di Vacca che affida le conclusioni all'autore.

 
Il quale dopo aver ricordato che la stampa ne diede notizia data con Paese Sera, solo tre mesi dopo la drammatica notte della Immacolata, torna al suo volume. Che, tiene a precisare, trattasi di un romanzo e non un saggio, comunque storico. L'esploratore fantasioso di finzione è ancora Antonio Sanna, già attivo in altri lavori di Lecis, funzionario cinquantenne, ufficiale di collegamento sassarese con Botteghe Oscure e ultimo esponente di quell'ufficio quadri PCI, già in dismissione. Sanna è il numero uno della sicurezza, alle dipendenze di un «Ugo» che gli fa allertare tutte le strutture periferiche. Il PCI sa molto ma non tutto. A Ferrara l'agente Sanna risolve gli intrecci: micidiale quello tra i servizi deviati e i fascisti ma individua spiragli di speranza in qualche democratico mimetizzato nei gangli vitali dello Stato. La sua vicenda sentimentale in Sardegna sarà risolta, non quella politica nazionale. Il dibattito che segue sviluppa proprio la funzione ispiratrice del libro: mantenere alto il senso di vigilanza democratica. Declinando questo invito dalla tentazione, sempre latente, di innalzare ancora steccati ideologici. In questa direzione, importanti le testimonianze di alcuni presenti in sala. Antonio Attili, ex dirigente PCI e membro della relativa commissione stragi presieduta da Giovanni Pellegrino, non accredita presunte possibilità di effettiva riuscita politica di questo golpe, avanzato, nella sua personale convinzione, più come allarme dimostrativo. La valenza contemporanea di questa memoria storica trova in Giorgio Napolitano un baluardo affidabile nella garanzia democratica e costituzionale. Evidentemente resta la preoccupazione soprattutto per le numerose giovani presenze, di attrezzarsi ad una cultura di vigilante pacificazione.

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