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Il Cardinale e le donne

La porpora cardinalizia non si elargisce a casaccio. Viene concessa cum grano salis (tanto per classicheggiare un po’, visto l’argomento).

Nel caso del neo cardinale Gianfranco Ravasi poi la nomina pare estremamente azzeccata e particolarmente sofisticata. Il nostro è colto, è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie; ma è anche sorridente, bonario e di mente (almeno per quanto cerca di dimostrare) aperta.

Ne fa fede una sua dichiarazione del 2008 in sostegno della non incompatibilità a priori tra la teoria dell'evoluzione e il messaggio biblico/teologico. «Darwin non è mai stato condannato - ci tiene a far sapere - anzi, ci sono stati pronunciamenti molto significativi nei confronti dell'evoluzione da parte dello stesso Magistero ecclesiale».

Poco dopo il cardinale Martini, arcivescovo di Milano, che a quei tempi aveva a disposizione un’intera pagina del Corriere della Sera per “dialogare” con i suoi lettori, rispondendo ad una lettrice scrisse appunto che la Chiesa non aveva motivo di opporsi alla teoria evolutiva. Purché fossero salvaguardati due princìpi irrinunciabili «la creazione da parte di Dio e il peccato originale».

Insomma, se qualcuno si accontenta, questi sono i termini di un “dialogo” sull’evoluzione: Dio ha creato l'uomo... che poi si è sì evoluto, però male.

In ogni caso fanno fede dell’apertura mentale di Monsignor Ravasi anche i suoi numerosi articoli pubblicati sul Domenicale (oggi Domenica) del Sole 24ore. Raffinati, eleganti, spesso sottilmente ironici e tanto, tanto eruditi.

Poi, a volte capita, le scarpette di questo grande Gesuita inciampano in un sassolino o scivolano su una buccia di banana di cui non s’era avveduto. E capitombola inzaccherandosi nel pantano inaspettato in cui camminava a passettini felpati.

Gli è successo domenica scorsa con un articolo dal titolo molto intrigante: “Lo Spirito delle Donne” (con tanto di maiuscole appropriate). Un articolo in cui fa un notevole excursus a partire dal suo stesso stupore davanti al numero “impressionante” di libri “di e su donne” che ha ricevuto e di cui ha proposto uno spaccato interessante.

Iniziando naturalmente dal cattolicissimo Giovanni Testori per arrivare alla poesia di Alda Merini (“striata da forti pulsioni teologiche insediate nel terreno della carne e del male...”); per sfiorare poi, con compunta serietà, la drammatica vicenda di Etty Hillesum, ebrea convertita al cristianesimo, ma nondimeno finita nel tragico buco nero di Auschwitz, per arrivare infine alla - sempre più spesso citata - personalità carismatica di Simone Weil (“altra stupefacente figura femminile, anch’essa ebrea, seppure pellegrina per alcuni tratti lungo le vie di Cristo”). Di cui naturalmente il cardinale apprezza con particolare ardore la raccolta di saggi e articoli ripubblicata recentemente con il titolo di “La rivelazione greca”.

Ma poi, verso la fine dell’articolo, il porporato, preso forse da improvvisa necessità interiore di par condicio, si chiede: grandi donne, ma come la mettiamo con “la tradizionale misoginia che ha pure scandito la storia anche cristiana dell’Occidente ?” (dove l’aggiunta di quell’improvvido “anche” appare più che altro come una curiosa ritrosìa del porporato).

E ci presenta il testo di uno dei più misogini Padri della Chiesa, quel Tertulliano di cui conosciamo una lapidaria quanto agghiacciante definizione della donna: foemina ianua diaboli (la femmina è la porta del diavolo). Tanto per dire.

Il pamphlet intitolato De cultu feminarum, «l'eleganza delle donne», è descritto come «una veemente staffilata sul lusso, la moda, la cosmesi che il gentil sesso imbraccia come arma di seduzione per trascinare al peccato il misero maschietto».

Ma poi Ravasi aggiunge, forse per stemperare l’astio antifemminile della prima cristianità: «già in una deliziosa scenetta del libro biblico dei Proverbi si sceneggiava l'adescamento di un giovane da parte di una prostituta: “incauto la segue, come un bue condotto al macello, come un cervo adescato con un laccio”». Quindi il buon «Tertulliano non esita a raccogliere l’armamentario ideologico e moralistico, già allora ben diffuso, che vede la donna come strumento demoniaco...».

Avete notato bene? Tertulliano parla delle “donne” che si fanno belle; il testo biblico parla di una “prostituta” che adesca.

Ma il nostro Cardinale non vede alcuna differenza fra i due testi citati e li equipara: per lui dicono la stessa cosa, è lo stesso "armamentario ideologico". Donne o puttane è lo stesso.

Parola di porporato. Italia, anno domini 2014 (sic).

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.74) 19 settembre 2014 18:33

    Il lupo perde il pelo ma non il vizio

  • Di (---.---.---.193) 19 settembre 2014 19:27

    Porporati che parlano di donne ?!
    "La donna è un tempio costruito su una cloaca (Tertulliano -teologo) -"Le donne tacciano perchè è sconveniente che parlino in pubblico (S.Paolo) " -" Quando vedi una donna ,pensa che si tratti del diavolo (papa Pio II )-"la donna è un sacco di escrementi (sant’Oddone abate di Cluny)"- " le donne servono soltanto a soddisfare la libidine degli uomini (San Giovanni Crisostomo ,al quale era particolarmente devoto Papa Benedetto XVI (Ratzinger) "... . Ho ripreso alcune delle innumerevoli citazioni e mi fermo qui .

    Tu mi dirai , va beh! , ma oggi siamo nell’anno di grazia 2014 !
    Ti rispondo : non è cambiato nulla ,loro come figure femminili conoscono solo quelle surrogate . Ecco in quel campo si’ , sono espertissimi .
    Articolo come al solito pruriginoso ma stimolante .
    ciao

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