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INPS e pensioni ai disabili totali: non basta la "marcia indietro". Chiedano scusa!

C’è una buona notizia ed una cattiva. La buona: l’Inps ha fatto marcia indietro sul provvedimento che ha tolto il sonno, come regalino di inizio d’anno, a migliaia di persone. Quello cioè, relativo alla circolare 149 del 28 dicembre, che prevedeva che gli invalidi civili al 100% per poter continuare a percepire la pensione di invalidità, dovessero fare riferimento non più al solo reddito personale ma anche a quello dell’eventuale coniuge. Anche quest'anno quindi, inizia con qualche stramberia vessatoria dell'INPS nei conronti dei disabili. Ci stannoprendendo gusto. Testano il livello di sopportazione.

Ovviamente, questo nuovo modo di conteggiare gli introiti, avrebbe di netto tolto un diritto sacrosanto a migliaia di persone facendo parallelamente risparmiare un bel po’ di soldi all’Ente fra i più ricchi in Italia.

La cattiva notizia è frutto della buona: non è più accettabile che nel nostro paese vengano prese anche solo in lontana considerazione provvedimenti di questo genere. Questa non è lotta ai falsi invalidi. Questa è persecuzione. Negazione dei diritti civili ed umani. Vessazione reiterata.

Il fatto che ora, attraverso una nota dell’INPS che è stata diramata pochi giornbi fa dallo stesso direttore generale Mario Mori, si torni a considerare il solo reddito personale dell’invalido civile affinché possa determinarsi il diritto alla pensione di invalidità, non cancella l’abuso, la vessazione, la rabbia, le giornate perse in fila nei Caaf per cercare una spiegazione ed una soluzione.

Ecco quanto diramato nella nota:

"In attesa della preannunziata nota ministeriale a chiarimento della complessa materia dei limiti reddituali delle pensioni di inabilità civile e in considerazione di una interpretazione costituzionalmente orientata degli art.12 e 13 della legge 118/1971 (sulla pensione di inabilità e l'assegno mensile per gli invalidi civili, ndr) - scrive il direttore generale dell'Inps, Mauro Nori - si ritiene di non modificare l'orientamento amministrativo assunto a suo tempo dal Ministero dell'Interno e successivamente confermato nel tempo da questo Istituto. Pertanto sia nella liquidazione dell'assegno ordinario mensile di invalidità civile parziale, sia per la pensione di inabilità civile si continuerà a far riferimento al reddito personale dell'invalido".

Basta: è arrivato il momento che questi Enti, che questi dirigenti, che questi politici chiedano scusa a tutti. E chiedano scusa pubblicamente, oltre – sarebbe auspicabile – che attraverso una comunicazione a tutti gli invalidi vittima di questo ennesimo esempio di disonestà intellettuale.

La CGIL ha dirama comunicati di giubilo:

"Siamo soddisfatti del risultato raggiunto dopo le pressioni fatte nei giorni scorsi e l'ampia mobilitazione nei confronti di un provvedimento che si prefigurava come palesemente iniquo e vessatorio nei confronti del mondo della disabilità. Il blocco della circolare sulle pensioni di invalidità da parte dell'Inps è assolutamente positivo ed è il frutto della mobilitazione messa in atto dal sindacato per contrastare una decisione iniqua che rischiava di gravare pesantemente su decine di migliaia di invalidi al 100%" commenta il segretario nazionale dello Spi-Cgil, Ivan Pedretti.

Sono soddisfatti, loro. Hanno una nuova stelletta da appuntare sul petto a quanto pare. E le scuse pubbliche?



E la garanzia che mai nessuno al mondo possa replicare atti vessatori di gravità elevata come questi?

Ognuno tira acqua al proprio mulino, e i cittadini restano li, secondo loto ad aspettare il prossimo atto iniquo, la prossima stangata assurda, la prossima negazione di qualsiasi rispetto della dignità individuale.

Contemporaneamente, dirigenti senza meriti, politici corrotti, istituzioni al collasso sistemico, continuano ad arrogarsi diritti illimitati sputando su una popolazione cui quotidianamente viene inoculato il virus di una crisi che è reale solo per le vittime sacrificali stabilite: i cittadini "comuni".
 
INPS significa Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Non è un lager. Non è il Ministero del terrore. Non è e non può essere un Ente che vessa costantemente i propri iscritti. Questa è pura follia.

Finché ci lasceremo stropicciare l'esistenza da un sistema barbaro che sta utilizzando ogni metodo possibile per testare la resistenza dei cittadini e destabilizzarne ogni sicurezza, non possiamo parlare di Democrazia né di dignità umana. Essa infatti, viene calpestata ogni qual volta una misura viene presa e subito messa in atto senza mai chiedere alle vittime di quella misura se siano in qualche modo in accordo.

Gestire una nazione non significa comandarla. Non significa essere proprietari delle vite dei cittadini e farne ciò che si vuole. Questo è dittatura, semmai. E lo sappiamo in molti.

Pretendiamo che la popolazione di contribuenti sia messa al centro delle priorità di tutti coloro che esistono per il solo fatto che esistono i contribuenti cittadini. Perché – è bene ricordarlo sempre e sottolinearlo – senza i cittadini contribuenti, nessuno penserebbe mai di aver necessità del sistema politico, economico e sociale. Lo sanno anche i neonati.

Se volete davvero che finalmente nella nostra nazione si ripristini il senso di rispetto verso i cittadini che è ormai totalmente carente, in considerazione anche del fatto che siamo in piena campagna elettorale, chiedi chiediamo tutti insieme che ci vengano rivolte scuse formali e pubbliche per ogni singolo atto vessatorio contro la popolazione - noi – firmate e fate firmare questa petizione:
L'INPS chieda scusa a tutti i pensionati al 100%!
Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.120) 16 gennaio 2013 19:52

    Artifici >

    L’incremento della durata media della vita è un fatto positivo. Purchè non decada il livello di vitalità psico-fisica.
    Il progressivo invecchiamento della popolazione è, invece, un fenomeno che pesa sulla spesa pubblica e che richiede correttivi.
    Senza, però, ignorare la “contiguità” tra sistema sanitario e pensionistico.

    In concreto.
    Costringere tutti a lavorare non meno di 66 anni è un “artificio contabile” che non tiene conto di alcune controindicazioni.
    Presuppone la conservazione di capacità psico-fisiche molto differenziate. Usare la penna o la fiamma ossidrica non è lo stesso.
    Non solo. Con l’avanzare dell’età lo “sforzo” richiesto tende a “minare” vieppiù lo stato di salute. Più dura la “vita” lavorativa e più cresce il “rischio” di dover ricorrere a cure mediche.
    Di più. Condizione di “senilità” niente affatto invidiabile è quella dei 2 milioni di anziani già oggi non auto-sufficienti. Un numero destinato a salire più rapidamente a fronte di prestazioni lavorative “prolungate”.

    Ergo.
    Si risparmia sul costo delle pensioni, ma, rendendo più “esposti e vulnerabili” gli anziani, si generano crescenti oneri a carico del servizio sanitario.
    Soluzione più “apprezzabile” e più efficace nel tempo sarebbe puntare su attività a più alto valore aggiunto, allargare la base produttiva e sostenere il tasso di natalità.
    In generale. “Artificiose” sono quelle riforme che prescindono dal “peso” delle conseguenze indotte.
    Nel paese del Barbiere e il Lupo non mancano soluzioni davvero singolari …

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