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IJF12: il Grande Gioco dell’informazione, il rapporto tra vecchi e nuovi media

Nell’Ottocento era la rivalità fra Gran Bretagna e Russia per avere il controllo del Medio Oriente e dell’Asia centrale. Oggi il Grande Gioco è un duello tutto interno all’informazione, che mette in opposizione nuovi e vecchi media, immagini e parole. Ha ripercussioni sul lavoro dei giornalisti, anche etiche. Nell’incontro intitolato “Il Grande Gioco” che si è tenuto, ieri sabato 28 maggio, alle 14.30 alla Sala Lippi, il Festival del giornalismo mette ancora una volta sotto la lente d’ingrandimento il rapporto fra social media e la professione di reporter.

Mezzo di rivolta - Parlare di Twitter e Facebook in questo ultimo anno significa necessariamente fare riferimento alla cosiddetta “primavera araba”. Il ruolo che hanno avuto i social media in Nord Africa è evidente, come ha sottolineato Loretta Napoleoni, economista ed esperta di terrorismo internazionale: «Le primavere arabe sono state un grande successo di Twitter, che a differenza di Facebook viene usato più per fare i reporter che in modo ludico. Oggi con uno smartphone è possibile mandare anche immagini, e senza questo supporto noi non avremmo potuto capire che le rivoluzioni si stavano espandendo a macchia d’olio. Ancora oggi noi abbiamo conoscenza di ciò che accade in Siria non per le tv, ma per persone comuni che con i loro cellulari catturano immagini e ce le fanno pervenire».

Uno strumento rivoluzionario anche per Giuseppe Sottile condirettore Il Foglio «E’ uno strumento rivoluzionario di per sé come lo fu il telegrafo e il telefono: l’avanzamento delle telecomunicazioni è un problema sociale. Ma serve Twitter a farci capire di più, a svolgere la funzione di giornalismo e a renderla più credibile se non obiettiva? Secondo me crea una maggiore confusione. Chiunque – il cittadino, il passante – può trasformarsi in giornalista e con lo smartphone può riprendere la notizia anche con immagini. Fin qui è un fatto positivo perché non c’è differenza con il fotografo che si trova lì. Il problema è la quantità: chi seleziona questa massa enorme, diffusa, incontrollabile di informazioni? Possono fare le rivoluzioni, ma io come utente ho bisogno di qualcuno che me la spieghi dal suo punto di vista, che io posso accettare o contestare».

Immagini sulle ali di Twitter - L’informazione tramite i social media ha luce e ombre. Un lato negativo, come spiega Alessandra Sardone, volto di La7, è che «in posti lontani come la Siria, di cui non abbiamo un’idea della normalità, è difficile quantificare un fenomeno solo attraverso Twitter».

La grande circolazione di immagini, anche crude come nel caso dell’uccisione di Gheddafi, è un secondo elemento messo in luce da Andrea Angeli, giornalista e peacekeeper: «Ci siamo abituati a cose che vent’anni fa erano inimmaginabili. Chi poteva dire “andremo e uccideremo una persona” (riferito a Bin Laden, ndr)? Abbiamo fatto un passo indietro». Ma questo, purtroppo, è un fenomeno che non riguarda solo i nuovi media.

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