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I redditi dei "parasubordinati" sono bassi come le loro tutele

L’ente pubblico di ricerca Isfol (istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) sta completando uno studio sui lavoratori parasubordinati, la cui componente principali è rappresentate dai collaboratori a progetto (co.co.pro.). In un comunicato l’Isfol ha anticipato i primi risultati dello studio.

Secondo l’Isfol “In Italia i lavoratori parasubordinati nel 2010 corrispondono a 1 milione e 422.000. Il 46,9%, pari a 676.000 unità, sono collaboratori a progetto (co.co.pro.) ed hanno un reddito medio di 9.855 euro l’anno. Il 35,1% dei co.co.pro. ha un’età inferiore ai trent’anni e il 28,7% tra i 30 e i 39 anni. L’84,2% dei co.co.pro. è caratterizzato da un regime contributivo esclusivo e non ha quindi un’altra occupazione: si tratta di 569.000 lavoratori, il cui reddito medio scende a 8.500 euro”.

Ma fanno parte dei parasubordinati anche altri due gruppi piuttosto consistenti: gli amministratori e sindaci di società (quasi 500.000) e un altro gruppo più variegato (collaborazioni occasionali, dottorati di ricerca, borse di studio, collaborazioni presso le pubbliche amministrazioni…), composto da 270.000 lavoratori e con un reddito medio annuo pari a poco più di 11.000 euro.

Sempre secondo l’Isfol “alcuni indicatori ricavati dall’indagine consentono di verificare il grado di subordinazione al quale è sottoposta la prestazione lavorativa resa dai parasubordinati. L’istituto evidenzia che oltre il 70% dei collaboratori è tenuto a garantire la presenza presso la sede di lavoro, il 67% ha concordato un orario giornaliero con il datore di lavoro e il 71% utilizza nello svolgimento della prestazione mezzi e strumenti del datore di lavoro. Inoltre, più del 70% dei collaboratori dichiara che la forma di contratto non deriva da una sua scelta ma da una richiesta del datore di lavoro. Tali dati segnalano la concreta possibilità che questi contratti nascondano in realtà forme di lavoro in qualche misura subordinato”.

Quindi due sono i principali risultati derivanti dall’anticipazione della ricerca Isfol: il reddito dei parasubordinati è realmente piuttosto basso e tali lavoratori sono in realtà lavoratori subordinati, dipendenti cioè, a tutti gli effetti, utilizzati da numerosi imprenditori perché il loro “costo” è basso e le loro tutele sono molto limitate. Pertanto da questi dati si conferma la necessità che la tanto voluta, da parte del governo, riforma del lavoro dovrebbe occuparsi soprattutto della cosiddetta flessibilità in entrata, senza dubbio eccessiva, e molto meno della flessibilità in uscita, cioè dei licenziamenti.

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