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I ragazzi di Tripoli: non serve l’occidente per essere eroi

Non mi è parso proprio, durante le mie visite a diversi paesi del mondo arabo, di avere a che fare con realtà occidentalizzate; non a fondo, perlomeno, al di là dell’adozione di alcuni abiti, mentali e non, occidentali.

E' un giudizio criticabilissimo, questo mio, che nasce da una conoscenza del tutto superficiale del Nord Africa e del Vicino Oriente, ma certo meno affrettato di quello che fa ritenere vicini all'occidente, solo perché conoscono l'inglese e usano internet, i protagonisti della rivoluzione che sta avvenendo in quella parte del mondo.

Le tre i della modernità sono figlie dell'occidente, suoi prodotti se volete, ma il loro utilizzo non implica l'assimilazione profonda dei valori occidentali; fosse così dovranno ritenere occidentalizzate, per esempio, le élites del sud est asiatico, che di impresa e internet sono maestre e che l'inglese, magari con un accento atroce, masticano sicuramente tanto bene quanto quelle italiane, francesi o spagnole.

L'occidente, non sono affatto originale in questo, nasce dalla miscela di curiosità greca, legge romana e moralità ebraica, come espressa nel suo canone, e occidentale è solo chi condivide quei tratti ed è cresciuto dentro a quel canone.

Non è certo una questione razziale, ma di forma mentale: non sono occidentali, per intenderci, o sono occidentalizzati solo parzialmente, molti cittadini dei paesi europei, e sicuramente molti italiani.

La moralità nostra e quella musulmana sono fondamentalmente le medesime, ma già la maniera d'intendere le responsabilità individuali e collettive è assai diversa tra occidente e mondo arabo. Basta conversare con gli abitanti di quei paesi per rendersi conto che v'è, anche tra persone di ottima cultura, una notevole difficoltà nel distinguere tra le responsabilità (le colpe, se volete) del singolo e quelle della famiglia, del clan o del gruppo: un "difetto", che pure si trova dentro all'Europa, nelle culture tradizionali dei Balcani e di una parte del nostro sud per esempio, che di romano ed occidentale non ha nulla.

L'europeo (preferisco questo termine a quello di occidentale perché gli americani, nostri antenati per quel che Ortega y Gassett diceva di loro, già mi paiono diversi) è poi l'uomo del dubbio; è un eterno Ulisse: questo è quel che davvero lo distingue e lo fa diverso.

La curiosità greca ci rende incapaci di accettare una spiegazione data; ci spinge a trovarne una migliore, nostra.

Basta leggere la pagine che Feynmann dedica all'università giapponese, dove insegnò per qualche tempo, per comprendere quanto sia difficile, per chi europeo non è, imparare a dubitare.

E' dispendioso e per certi versi illogico l'atteggiamento occidentale davanti ai problemi; si cerca, per ognuno di essi, una soluzione specifica e questa neppure viene considerata definitiva, ma valida solo fino a che non ne verrà trovata una migliore.

E’ più facile cercare una soluzione globale, tutta contenuta dentro un’ideologia o una religione, e, soprattutto, definitiva. E’ un altro “difetto”, da cui gli stessi europei hanno fatto, e fanno, fatica a liberarsi (la causa prima di tante tragedie del nostro passato e, questa è un’altra mia idea, del futuro americano) ma è pure tanto grave da impedire a chi ancora lo abbia di essere per davvero un occidentale e, soprattutto, per davvero democratico.

Dubitare è condizione necessaria per essere democratici; se si ha la certezza d’essere nel giusto, di possedere le chiavi della verità e dell’umana felicità, si può accettare la democrazia, ma solo come una costrizione o un espediente: gli avversari politici non sono i portatori di soluzioni diverse ai problemi del vivere comune; diventano l’incarnazione dell’errore e come tali posso essere, al massimo, sopportati, ma nulla più.

Quanto poco occidentali siamo noi stessi, verrebbe da dire, quando ce ne andiamo per il mondo con le nostre verità in tasca.

E sì che dentro l’occidente siamo cresciuti e nel suo canone siamo stati educati.

Intendo per canone quell’insieme di opere, non solo letterarie, su cui la cultura occidentale si basa e nelle quali lo spirito occidentale si è condensato.

Sono i mattoni del nostro pensiero; il repertorio di concetti ed immagini a cui attingiamo quando riflettiamo sul mondo: tanto importanti, per definire la nostra identità culturale, quanto la nostra lingua materna e forse anche di più.

Internet è uno strumento e l’inglese è la lingua veicolare di quest’epoca, ma la Bibbia e Omero, Platone, Aristotele, Dante e Shakespeare, siamo noi; sono parte ognuno di noi, che li abbiamo letti oppure no: vediamo e sentiamo Don Chisciotte, lancia in resta e bacinella in testa, galoppare contro i mulini a vento in sella a Ronzinante anche senza avere letto un solo rigo di Cervantes.

Sono convinto che il mondo arabo compirà dei passi verso una maggiore democratizzazione e ho, per quelli che sono scesi in piazza a rischiare la propria vita in nome della libertà, il massimo rispetto, ma questo non li rende occidentalizzati.

Pensarlo sarebbe ammettere che esista una sola maniera di governare una società; un solo modo di intendere la libertà, una sola verità.

Sarebbe, da parte nostra, poco occidentale.

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