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I proclami di Grillo (e degli altri) alla prova delle urne

Le burocrazie di partito, spesso per bocca dei massimi dirigenti, non disdegnano di cimentarsi in TV e sulla carta stampata nell’analisi dei dati diffusi dai vari istituti demoscopici con cadenza oramai settimanale. Ciò tra una tornata elettorale e l’altra, spesso smentiti dai dati reali di provenienza locale che non mancano mai in Italia, Paese in cui arrivare alla conclusione naturale di una “legislatura” a qualsiasi livello sembra impresa impossibile.

Che le risultanze dei sondaggi abbiano nel tempo dato prova di attendibilità solo “a bocce ferme”, cioè in presenza dei soliti soggetti sul campo di gioco, è storia nota. Altrettanto noto, quanto incontestabile, è il flop qualora vi sia una qualche invasione di campo da parte di contendenti non ancora analizzati. Infatti nessuno degli istituti previde neppure alla lontana il boom del M5S, arrivato a sfiorare la maggioranza relativa alle scorse elezioni politiche.

E oggi? I vari istituti concordano nell’assegnare al M5S una percentuale del 20%, frazione più, frazione meno. Di poco in calo PD ed ex PDL. Unanimità anche nel registrare l’inarrestabile discesa del centro montiano e casiniano post scissione. Dunque Grillo si sente autorizzato a urlare e blaterare circa la futuribile vittoria del suo movimento quale formazione politica più votata.

Ma… Un “Ma” enorme stronca le fantasie grilline. I conti fatti senza l’oste rischiano persino di far apparire comici detti proclami. Infatti, nei dati “oggettivi” appena acquisiti dalle elezioni regionali del Molise, il movimento di Grillo dimezza i voti rispetto alle politiche, perdendo oltre il 10%. Ancora, nelle elezioni in Trentino-Alto Adige dello scorso ottobre il M5S non recupera neppure un terzo dei voti conquistati alle politiche, riducendosi al lumicino.

Insomma, tra le cifre diffuse dagli istituti demoscopici e quelle reali prodotte dalla conta delle schede ai seggi se ne ricavano sensazioni molto diverse da quelle urlate nelle piazze. La metà e oltre dell’elettorato che aveva espresso il proprio malessere e la giustificabile repulsione nei confronti della classe politica, affidando la protesta al M5S, torna a ingrossare le fila dell’astensionismo o del voto nullo. Grillo, ben cosciente di quel che accade, tenta di tamponare l’emorragia spostando decisamente a destra le “sparate” programmatiche del suo movimento, visto l'abbandono della parte di sinistra dell’elettorato, delusa dalla nullaggine della formazione politica da lui diretta, definita da alcuni rappresentanti come “post-ideologica”, termine privo di significato, a meno di non volerlo considerare sinonimo di qualunquismo.

Non ne godano, però, gli altri. Il PD continua a vincere, ma al ribasso, solo perché gli avversari perdono di più. Cresce a dismisura l’area dei disgustati. Come potrebbe non essere, a leggere le notizie recenti? Ogni giorno si assiste a cronache riguardanti amministratori regionali (e non) inquisiti per malaffare, dalla Sardegna al Piemonte, dalle Marche alla Lombardia e via dicendo, con tutte le sigle dentro, compresa quella Italia dei Valori nata proprio per combattere la mala politica. Invece…

In un contesto d’emergenza, come quello in cui ci barcameniamo, i partiti, quelli di sinistra, naturalmente, dovrebbero dimostrare la forza e il coraggio di bandire dalle loro fila i condannati e sospendere gli inquisiti. Dobbiamo essere tutti “garantisti”, anche perché troppe decisioni degli inquirenti si sono rivelate fallaci, ma in una contingenza eccezionale come la nostra, sospendere ogni garantismo nella scelta del “personale politico” potrebbe costituire la soluzione per un recupero di credibilità dell’intera classe politica e, dunque, della necessaria autorità che consenta di operare scelte capaci di farci uscire dalla crisi. Chi ne sarà capace?

 

Foto: Luca/Flickr

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