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I presidenti delle Regioni non vogliono mollare l’osso sulla sanità

E’ all’esame della Camera dei Deputati un disegno di legge sulla cosiddetta “governance sanitaria” o “governo clinico”. In pratica con questo disegno di legge si vorrebbero introdurre dei cambiamenti, peraltro molto timidi, relativamente alle nomine dei primari, alla scelta dei manager di Asl e ospedali, all’autonomia e alla responsabilità dei medici. Per questi ultimi è previsto anche un aumento dell’età pensionabile. Cosa hanno fatto i presidenti delle Regioni? Nel parere da loro espresso, prima un no secco e poi una pausa di riflessione per consentire ai presidenti di chiedere un “supplemento d’istruttoria” a tecnici e assessori.

Quindi i presidenti delle Regioni non vogliono mollare l’osso sulla sanità. Vogliono o quanto meno vorrebbero mantenere intatti i loro poteri sulla gestione di aspetti molto importanti della sanità.

Qualche osservatore malevole potrebbe notare che i presidenti della Regioni hanno questa posizione per continuare a fare il bello e il cattivo tempo, soprattutto quest’ultimo, sulla sanità, nell’ambito della cui gestione a livello regionale ormai non si contano più le indagine dei magistrati che hanno portato ad arresti o comunque a numerose comunicazioni circa lo svolgimento di indagini giudiziarie, rivolti a presidenti ed assessori di varie Regioni, governate da maggioranze di centrosinistra e di centrodestra, nel Nord e nel Sud, da Formigoni a Vendola.

Peraltro, come ha rilevato Roberto Turno in un suo articolo sul Sole 24 Ore, il parere negativo delle Regioni è stato “accompagnato in Parlamento dalla stroncatura totale del testo da parte della commissione per le questioni regionali, ma anche della Affari costituzionali della Camera”.

E Turno ha aggiunto:

“Fatto sta che nelle ore prima che i governatori confermassero la stroncatura, dalla Camera sono piombate le accuse alle Regioni.

‘Se le Regioni pensano che lo Stato non debba mettere mano alla sanità, lo dicano a cittadini e operatori ma abbiano il coraggio di dire che così si andrà a ventuno sanità’, ha attaccato il relatore Domenico Di Virgilio (Pdl).

Confortato dal presidente della commissione Giuseppe Palumbo (sempre Pdl), anche più pesante: ‘Se la politica non vuole togliere le mani dalla sanità, lo dica’. E dal finiano Pierfrancesco Dauri: ‘La resistenza delle Regioni dimostra che non vogliono rinunciare a drenare consenso e prebende dalla sanità’”.

Peraltro Dauri ha proposto un’ulteriore modifica al disegno di legge in questione che lo renderebbe senza dubbio più efficace: “Noi di Fli andiamo oltre nella battaglia di dividere la politica dalla sanità. Per questo vogliamo che la riforma del governo clinico preveda che il direttore generale governi le ASL con un consiglio di amministrazione eletto dagli operatori sanitari e dalle associazioni dei malati”.

Per il momento si registra, purtroppo, la totale assenza di dichiarazioni di esponenti del centrosinistra.

Leggendo una dichiarazione del relatore del disegno di legge Domenico Di Virgilio si possono comprendere meglio i contenuti principali del provvedimento.

“La proposta di legge, in cui credo fermamente si fonda su pochi principi fondamentali: ridare un ruolo agli operatori sanitari e selezionare sulla base del merito, cosa che non avviene visto che tutti si lamentano dell’invadenza della politica sulle nomine, in particolare dei primari. Il disegno di legge prevede inoltre che i direttori generali siano preparati e con caratteristiche ben precise e che tutti i medici vadano in pensione a un’età prestabilita, indipendentemente dagli anni di lavoro”.

Anche le organizzazioni sindacali dei medici si sono dichiarate contrarie al comportamento delle Regioni e della commissione per le questioni regionali.

“Secondo la commissione” ha affermato Costantino Troise, segretario nazionale di Anaao-Assomed “il disegno di legge violerebbe le competenze dei governi locali ma la considerazione è risibile e per fortuna si tratta solo di un parere. Per quanto riguarda le Regioni, invece, aspettiamo di vedere come si esprimeranno definitivamente, anche se comunque l’auspicio è quello che si prosegua nella collaborazione tra livello centrale e periferico. Da tempo abbiamo le nostre perplessità sul disegno di legge ma i veti incrociati non portano da nessuna parte”.

Ancora più duro Riccardo Cassi, presidente di Cimo-Asmd: “Siamo preoccupati da queste anticipazioni” ha detto, “non si può tollerare che siano le Regioni a decidere gli incarichi in base a lottizzazioni o preoccupazioni legate soltanto alla contabilità del sistema. Va garantita l’autonomia dei medici perché se perdiamo questa battaglia non ci saranno più contratti che terranno, vorremmo che su questa linea ci fosse una resistenza a oltranza anche da parte delle altre sigle”.

Io credo che le Regioni devono cambiare il loro parere negativo nei confronti del disegno di legge in questione. E’ inammissibile questa loro posizione. Dimostrano di non interessarsi affatto dei principali problemi della sanità italiana, ma a ben altro. Peraltro gli obiettivi di fondo del disegno di legge sono giusti, ma dovrebbero essere ancora modificati i suoi contenuti per rendere la gestione della sanità, in tutte le regioni, più trasparente, più basata sul merito, più rispondente all’unica esigenza da soddisfare: la tutela della salute dei cittadini. E se le Regioni continuassero ad essere contrarie, il Parlamento dovrebbe assumersi le proprie responsabilità ed approvare comunque il disegno di legge.

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