• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Musica e Spettacoli > I mille volti di Corrado Guzzanti. “I miei personaggi specchio (...)

I mille volti di Corrado Guzzanti. “I miei personaggi specchio dell’Italia

 

Corrado Guzzanti uno dei più geniali autori satirici contemporanei, dal ’92, anno in cui si è proposto al pubblico televisivo partecipando alla trasmissione “Avanzi” di Serena Dandini, ha interpretato innumerevoli personalità pubbliche, dai politici ai giornalisti, celebri le sue parodie di Tremonti e Funari per citarne due, dando vita talvolta a veri e propri tormentoni che hanno appassionato e divertito milioni di telespettatori e che tutt’oggi rimangono inalterati nella loro comicità pura, mai banale. Negli ultimi anni la tv ha ridimensionato palinsesti e trasmissioni, forse è proprio cambiato il modo di fare tv, chissà se in peggio o in meglio, fatto sta che personaggi amatissimi come lui trovano pochi spazi, o ne cercano degli altri. Infatti Guzzanti negli ultimi mesi ha girato l’Italia con il suo spettacolo teatrale “Recital”, una riproposizione dei sui personaggi storici, da “Quelo” a “Vulvia” passando per le realistiche “parodie” di Bertinotti e Di Pietro. Racconti e personaggi non troppo distanti dalla realtà di un Paese come l’Italia, che oggi più che mai, si aggrappa ad una risata per non piangere.

Corrado, con i tuoi personaggi in questi anni hai messo alla berlina personaggi della vita pubblica del nostro Paese. A quale delle tue parodie ti senti più legato? E Perché?

Li amo tutti, specialmente nel loro insieme, sono una collezione di voci, di modi di pensare e di esprimersi con linguaggi diversi, e con gradi di cultura e consapevolezza diversa. E’ una tastiera con tante note fra cui scegliere quando voglio affrontare un tema usando l’espressione satirica.

Da qualche anno pare che la televisione italiana, malgrado i tanti successi che le tue trasmissioni hanno riscosso, non abbia spazio per te. Da cosa pensi che dipenda?

Dipende da me, in realtà. Gli spazi come vedete sono ridottissimi ma approfitto raramente anche di quelli perché non amo più tanto la televisione se non quando è realmente innovativa. Detesto la routine della comicità televisiva, ho l’impressione che porti ad atrofizzare la creatività pura rincorrendo schemi e modelli che sono sempre in ritardo rispetto alla sensibilità degli spettatori.

In Recital, il tuo ultimo lavoro teatrale racconti “la bruciante realtà di un popolo che da sempre ride per non piangere”. Credi davvero che la maggior parte degli italiani abbia questa consapevolezza?

Credo di sì. L’umorismo è un mezzo per acquisire, anche se per breve tempo, un punto di vista esterno, distaccato (ma non disinteressato) dalle cose che ci tormentano e anche da noi stessi. L’aspetto creativo dell’invenzione comica è più reattivo del pianto, perché è un lavoro di elaborazione e confronto e, a parità di amarezza, ci fa sentire meglio.

La coscienza critica del nostro Paese, dopo i fatti di cronaca che si sono succeduti in questi ultimi anni, credi sia cambiata o maturata?

Si, rispetto agli ultimi anni in cui io ho fatto televisione. Ai tempi de “il caso Scafroglia” (2002) la tv era quasi totalmente prona di fronte al potere, dominata da censure ed omissioni e rinunciataria della volontà di rappresentare anche il dissenso o semplicemente la diversità culturale rispetto al modello “commerciale”. Oggi i cittadini, grazie anche all’evoluzione della tv al di fuori del duopolio e lo sviluppo della rete, hanno più armi per accedere ad idee ed informazioni e formarsi un giudizio indipendente.

Se oggi avessi la possibilità di tornare in tv con una trasmissione tua, cosa vorresti raccontare agli italiani?

Immagino sempre le mie osservazioni, le mie critiche, le mie idee. Sono per una tv autarchica ed anarchica con una struttura forte e libera ed una precisa personalità, il contrario del “contenitore” comico.

Parodia e realtà. Comico e grottesco. Ci spieghi la differenza?

La parodia è un lavoro di sintesi che cerca di dare una forma riconoscibile al caos della realtà, un punto di vista dichiarato e una chiave di lettura. Il grottesco, come stile, è una polarizzazione del lavoro comico che esaspera la teatralità rimarcando, spesso inutilmente, le intenzioni dissacratorie dell’autore. A volte grottesco e comico non si coniugano in modo felice. A volte si. A volte la realtà è già in overdose di grottesco e il comico, per far ridere, deve togliere invece che aggiungere.

Art. 9. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Come commenti quest’articolo alla luce della situazione che c’è oggi in Italia?

Spiega meglio di me la differenza tra comico e grottesco.

Che consiglio ti sentiresti di dare ad un giovane che oggi vuole fare cultura in Italia? Partire o restare?

Studiare e appropriarsi della cultura che è fuori dall’Italia. Leggere tutto, vedere tutto. Dichiararsi cittadino del mondo e liberarsi da nazionalismi e campanilismi. Poi restare a combattere per ampliare e liberare la cultura nel nostro paese.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares