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I grillini vogliono vincerle le elezioni?

Ricordate i risultati delle Elezioni europee del maggio 2014? Nella immediata vigilia del voto, cioè agli inizi di maggio, il Partito democratico era accreditato del 34 per cento dei suffragi, distaccando il suo inseguitore, il Movimento 5 stelle, di circa 10 punti percentuali. Gli istituti che realizzano sondaggi, nel mese di febbraio, davano invece il partito di Matteo Renzi sotto la soglia del 30 per cento e gli antagonisti pentastellati ancorati saldamente a quella previsione del 23 per cento. Ma a febbraio il Governo si era appena insediato; giusto il tempo di annunciare il famigerato decreto degli 80 euro in busta paga e le stime già lievitavano verso quell’ acme del 40, 81 per cento che coincise con il responso finale delle urne e che quindi superò di moltissimo il limite massimo previsto.

Il Movimento 5 stelle si fermò invece due punti e mezzo sotto la soglia del risultato atteso che era il 23, 5 per cento. Tra gennaio e maggio del 2014, pareva dovesse scoppiare una rivoluzione e che il Movimento creato da Beppe Grillo avesse imboccato la strada giusta per far sentire il proprio fiato sul collo al primo partito italiano. Invece fu un disastro, soprattutto morale, che i responsabili grillini annegarono in casse di maalox, ma che tutti gli italiani continuano a scontare sulla propria pelle, perché quel risultato aureo alle elezioni europee del 2014 Matteo Renzi lo ha fatto e lo continua a far pesare come platino sulla bilancia di un “compro-oro”.

Egli interpretò quel 41 per cento come legittimazione personale, e aveva ragione, ma da allora è passata l’idea, propalata dai suoi colonnelli, che il gradimento del premier e del suo partito riguarda il 41 per cento degli italiani. In realtà quella percentuale di consensi è da riferirsi scientificamente al 58, 68 per cento di italiani che andarono a votare alle europee e non all’intero corpo elettorale e tantomeno alla popolazione tutta. Riscontri oggettivi a parte, le strategie messe in campo dal segretario del PD hanno sortito gli effetti sperati e il contemporaneo ruolo di Presidente del Consiglio, Matteo Renzi se l’è gestito al meglio.

A distanza di un anno e mezzo e all’antivigilia di importantissimi turni elettorali, come le amministrative nelle più grosse città italiane, Roma; Milano; Napoli, Torino, Bologna ecc. il copione si ripete e, secondo i sondaggi, c’è di nuovo un PD in calo (rispetto alle europee 2014) e un Movimento 5 stelle che lo insegue da vicino; da molto vicino stavolta.

L’affiancamento tra i due principali soggetti politici italiani è dato per probabile. A novembre 2015, secondo i sondaggi, lo schieramento grillino, per l’elezione del sindaco di Roma, avrebbe la meglio sul PD, qualora si andasse al ballottaggio, con uno scarto minimo dell’1,7 per cento. Accadrà sicuramente l’esatto opposto a scrutini ultimati; o comunque qualcosa di molto simile a quello che è successo alla europee, perché intanto Renzi, che recentemente si è ammalato di una grave forma di “sindrome di Maigret”, per via della sua propensione a nominare commissari ovunque ed a commissariare realtà politiche e amministrative con uomini che hanno svolto attività di commissari per suo mandato, avrà giocato le sue carte. Ma forse non ce ne sarà bisogno, perché al Presidente del Consiglio e segretario del PD, la mano di tressette a perdere gliela stanno giocando i suoi diretti avversari, ovvero lo schieramento politico accreditato del secondo posto e addirittura dato per vincente in un eventuale turno di ballottaggio; il Movimento 5 Stelle.

Nel mentre lo schieramento di Beppe Grillo annunciava di aver scelto il suo candidato (candidata) a sindaco di Milano, attraverso le primarie per la scelta di uno tra 5 candidati piovuti dalla rete; il commissario dell’Expo Giuseppe Sala, accettava senza indugio la propria candidatura a sindaco del capoluogo lombardo per lo schieramento del PD. Appare scontato che il candidato Sala dovrà vedersela con i solo candidato espressione del centro-destra. Ma peggio ancora ha fatto il Movimento 5 Stelle a Roma, laddove dinanzi la disponibilità del nuovo soggetto della sinistra italiana ad appoggiare un candidato grillino come sindaco della Capitale, ha declinato l’offerta, sostenendo, ancora una volta, la propria indisponibilità a stringere alleanze e formare coalizioni. Ma, vi è di più, il Movimento 5 Stelle ha detto chiaro che non candiderà (sacrificherà) nessuno dei propri esponenti più in vista, tipo Di Battista; Di Maio o Taverna, a ruolo di sindaco di Roma, ma che si affiderà alla rete per la scelta del candidato.

Se vorranno, i simpatizzanti e militanti del Movimento, potranno condividere le scelte e le strategie politiche, al di là dei nomi e delle qualità acclarate di chi meglio e con più alte probabilità di successo, potrebbe portare all’affermazione dei Cinquestelle come forza di governo, delle città prima e del Paese in futuro. Questo tentennamento, questa paura di vincere; tratto comune di tutte le forze progressiste dell’Europa occidentale, consente di dormire sonni tranquilli al Governo di Matteo Renzi ed a proseguire con le sue politiche di restaurazione pre-costituzionale. Per tale ragione il Movimento 5 Stelle è per il PD l’avversario prediletto, il nemico del quale davvero non si riesce a fare senza. A meno che, in questo scampolo di mesi che restano da qui alle amministrative 2016 Beppe Grillo e Casaleggio, non cambino idea; Matteo Renzi si avvia a bissare incontrastato il trionfo alle europee del 2014.

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