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I dieci punti del Di Maio-Mosè e le titubanze dello gnostico PD

Non sono stati pochi gli amici di sinistra che hanno ammesso, nei giorni dopo le elezioni, di aver votato 5 stelle, e non sono stati pochi, tra loro, ad attribuire al mio conseguente sorriso un che di sufficienza. Sbagliavano. La mia espressione voleva significare soltanto: “Ne riparleremo a breve”.

 
 

Infatti. Uno di costoro, incrociato qualche giorno fa, a circa due mesi di distanza dal “fattaccio”, ha ammesso l’errore senza neppure essere pungolato a farlo. Ha riconosciuto di sua sponte che votare i grillini, seppure all’onorevole scopo di liberare la sinistra dalle incrostazioni, quasi che il voto costituisse una sorta di anticalcare, non era servito granché.

Sgombrato il campo dall’imbarazzante scelta elettorale (del mio amico, sia chiaro), ci siamo intrattenuti a commentare la recente evoluzione del panorama politico così come viene descritto dalle cronache giornalistiche, sintetizzabile nell’ormai sdoganata espressione “è tutto un casino!”. Non mi sono saputo trattenere, però, dall’affondare la lama nella ferita ancora fresca dell’amico senza preoccuparmi, stavolta, della possibile interpretazione da attribuire al sorriso stampatosi sulla mia faccia.

Ho fatto notare al ritrovato compagno come il M5S soffra di una incurabile tara prenatale che gli impedisce di affrontare con coerenza, ponderatezza, sapienza, capacità e profondità di analisi il contesto nel quale opera. Ovvia la controdeduzione: se sono arrivati a rappresentare circa un terzo dei votanti, qualcosa di buono ci sarà pure in loro. E poi, quanto da me appena sostenuto può essere rivolto con eguale validità agli esponenti della sinistra oramai ridotta a un fantasma. Teoria difficile da confutare, accidenti!

Ma spicca una differenza di non poco conto. La sinistra affonda solide radici nella storia dalla quale può trarre linfa vitale per il futuro, se solo ne sarà capace, mentre il M5S, partorito da Grillo tra le scrivanie e i server della Casaleggio & Associati, manca di un requisito fondamentale in politica: l’anima; non quella vacua e trascendente, ma quella profondamente umana che predispone al bene comune e alla difesa di tutti, partendo dagli ultimi, ciò che il renzismo ha tentato di obliare.

I grillini sono strutturalmente deficitari di tale “sentiment” (per dirla alla Casaleggio & Associati). Non a caso si definisco né di destra né di sinistra, né carne né pesce, né pollo né branzino; insomma, sono solo dei “né”. La dimostrazione? Eccola. Fanno votare “in rete” un programma, poi, man mano che trascorrono i giorni e senza rendere conto a nessuno, tantomeno ai votanti in rete, iniziano ad apportare “piccole modifiche formali” al medesimo programma, che poi a vederle nel concreto tanto piccole non sono visto che riguardano i cavalli di battaglia del Movimento quali l’Euro, la Nato, il reddito di cittadinanza e via modificando. Insomma, in altri tempi si sarebbe detto di loro che sono dei voltagabbana, dei quaquaraquà, dei venditori di fumo e chi più ne ha più ne scriva. Ah, se tornasse in vita Totò!

Il “potere” sta cambiando i 5 Stelle, come sostiene qualcuno? No. I grillini sono costituzionalmente così. Ecco, allora, il Di Maio-Mosè pervenire senza provare vergogna ai “dieci comandamenti” da proporre ai potenziali sposini pur di tentare l’occupazione del potere, con chi e per che cosa non conta, purché accada. Non va in porto l’accordo con la Lega? Proviamo col PD, come se i due partiti fossero intercambiabili. Oddio, qualcuno anche fuori dai grillini potrebbe azzardare di trovare alcuni punti in comune, soprattutto nell’azione di certi ministri del Governo in carica.

Sembra che la lezione molisana non sia servita al PD e neppure ai grillini. I primi continuano a essere rifiutati sempre più dal loro stesso elettorato, mentre i secondi si beccano a pochi giorni di distanza una mazzata tale da far vacillare persino il pugile più solido. Ma fingono di non aver accusato il colpo. Invece il colpo è giunto a segno, eccome. Quella parte di voti di sinistra catturati alle politiche si è rifugiato in buona parte nell’astensionismo. Andare a verificare i dati per credere.

Cionondimeno, le poltrone a portata di natiche fanno gola. Allora, dopo il fallimento dell’abbraccio col centro-destra, via verso la chiatta del PD anche se imbarca acqua. Questi ultimi, però, con Renzi e la sua corte, rifiutano l’offerta grillina. Il mite segretario facente funzioni Martina, per quanto tenti di manovrare la chiatta, ha difficoltà a tenere una rotta. Allora che si fa? Ci si affida all’uovo di Colombo, grande navigatore. Riappare all’orizzonte Veltroni. Sì proprio lui, il buonista che può vantare di aver tarpato le ali alla sinistra e spianato la strada a Renzi e al renzismo con tanto di inconsapevole avallo di Bersani. Costui riuscirà a indirizzare la chiatta verso il porto grillino?

Un accordo grillin-renziano farebbe emergere platealmente l’ipocrisia di entrambe le fazioni. Purtroppo, però, a farne le spese sarebbe ancora e come sempre la gente, già pesantemente provata dal berlusconismo prima, dal renzismo poi e, nel futuro che ci attende, dal grillismo prossimo venturo che smania di affacciarsi ai balconi del potere. La speranza è che i renziani una volta tanto tengano duro per qualcosa di utile, risparmiando all’Italia il prosieguo di una politica fallimentare aggravata dalla conclamata incapacità grillina.

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