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 Home page > Tribuna Libera > I custodi della Costituzione

I custodi della Costituzione

Negli ultimi due decenni è avvenuto uno stravolgimento del rapporto tra i poteri dello Stato; un mutamento della natura della Repubblica assai più radicale di quello che, verosimilmente, sarebbe scaturito dai lavori di una nuova assemblea costituente. 

Difficile immaginare, infatti, che avendo tempo e modo di riflettere, un gruppo di rappresentanti della collettività nazionale sarebbe arrivato ad annullare il ruolo del Parlamento, ridotto ormai alla semplice certificazione delle iniziative governative. Questo dilagare dei poteri dell'esecutivo, cui è demandata quasi per intero anche l'attività legislativa, è invece avvenuto senza che i cittadini italiani siano mai stati esplicitamente chiamati ad approvarlo. I nostri governi, detto altrimenti, non si limitano a gestire la cosa pubblica nel quadro della legislazione esistente, come dovrebbe accadere se fosse conservata la divisione dei poteri che è propria di una democrazia liberale, ma fanno direttamente le leggi e senza che nessuno li abbia autorizzati.

Quella che nelle Costituzione è considerata soluzione d'emergenza, la decretazione d'urgenza, è diventata prassi comune. Il voto di fiducia, un tempo raro quanto uno spartiacque, è diventato cosa di tutti i giorni; strumento abitualmente usato dai governi per condurre ad una rapida e certa approvazione dei propri disegni di legge, rendendo quasi superfluo il dibattito parlamentare, peraltro spesso ridotto a poco più che alle dichiarazioni di voto. In tutto questo, i Presidenti della Repubblica hanno avuto certo delle responsabilità, ma tutt'altro che decisive. Il titolo di Custodi della Costituzione loro attribuito è, di fatto, poco più che onorifico; accompagnato da scarsi poteri reali. Ad aver tradito lo spirito, prima ancora della lettera, del nostro Documento Fondamentale, sono stati i titolari della sovranità nazionale: noi, i cittadini. Condizionati da una serrata propaganda di mezzi d'informazione di ogni tipo, non solo abbiamo accettato che elementi di presidenzialismo fossero introdotti in un sistema di controlli e bilanciamenti previsto per una repubblica parlamentare, ma avremmo voluto che lo si facesse ancora di più e più in fretta. “Il governo dovrebbe fare una legge” fa parte del dire comune degli elettori di ogni tendenza. Che il governo debba “fare le riforme” è un concetto tanto barbaro da far sbellicare dalle risate i costituzionalisti di qualunque democrazia occidentale, ma è pure dato per scontato, tra noi, proprio da tutti. O quasi.

Pare quasi che vogliamo, come sempre più minaccia d'accadere, che la Repubblica abbia un padrone. E' il sogno dell'uomo forte rimasto nella pancia sempiternamente fascista della nazione? Di certo sono legioni, e non di una sola parte politica, quelli che vorrebbero che da noi ci fosse un “presidente come in America”. Legioni che ignorano quanto ridotti siano, in realtà, i poteri di Obama rispetto a quelli, reali, che si trova già ad avere un nostro presidente del Consiglio; milioni che pensano basti l'elezione di un plenipotenziario, magari con le loro stesse convinzioni ideologiche, per risolvere ogni nostro problema con un tocco di bacchetta magica. Cittadini, quasi tutti, che, nella migliore delle ipotesi, giudicano del tutto irrilevanti i problemi di diritto costituzionale; per cui questioni come quelle di cui vi sto scrivendo sono “aria fritta”.

Per capirlo, basta confrontare la discussione accessi attorno all'articolo 18, o immaginare la rivoluzione che scatenerebbe un drastico intervento sulle pensioni, con l'assoluta apatia che sta accompagnando l'approvazione dell'Italicum; di una legge elettorale che dovrebbe far inorridire chiunque conservi anche solo una vaga idea di cosa sia una democrazia parlamentare. Inutile prendersela con Ciampi o Napolitano, se questo è il paese; se non vogliamo neppure provare ad essere cittadini e preferiamo ridurci a sudditi.

 

Foto: Palazzo Chigi/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.69) 12 novembre 2014 11:27

    Complimenti sig. Daniel, lei denuncia chiaramente alcuni concetti che sfuggono a molti.

    Vorrei solo aggiungere che i presidenti della repubblica sono molto colpevoli, specialmente Napolitano che ebbe a dire che non ci si può mettere contro il parlamento e perciò firma sempre tutti i decreti. Facendo così contravviene però alla Costituzione. E poi, se non bisogna "mettersi contro il parlamento" (leggi: governo), che ci sta a fare un presidente della repubblica? Qual’è il significato della frase "il Presidente emana le leggi"?

    Cordiali saluti,

    Gottardo

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