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I Cinquestelle alla campagna di Roma

Dopo tre mesi scarsi la nuova giunta di Roma sembra annaspare.

Dopo l'eclatante e significativa vittoria (per quanto ampiamente prevista) dei Cinquestelle di lotta e di governo la nuova compagine alla guida della capitale è già arrivata alle dimissioni in blocco dell’assessore più importante (Bilancio), del capo di gabinetto (strapagato, almeno nelle intenzioni), oltre che dei vertici delle due più significative aziende ex municipalizzate (ATAC, trasporto pubblico, e AMA, rifiuti) oggi "partecipate".

Nello stesso tempo il movimento (non un "partito") che ha vinto le elezioni ed eletto il sindaco ha trovato il modo, pare, di spaccarsi in due fronti fra loro fortemente antipatizzanti: quello espressione del Direttorio (qualsiasi cosa sia) e quello del Cerchio Magico della sindaca.

In poche parole due “correnti” contrapposte (ohibò, ma non è cosa tipica della tradizionalissima politica partitica?). Lo scontro di queste placche tettoniche in rotta di collisione ha prodotto il giovedì nero di Virginia Raggi, definita “furiosa” dai cronisti.

Visto che le amministrative della capitale sono state le elezioni più “telefonate” della storia italiana, il M5S, detto fra di noi, avrebbe avuto tutto il tempo per preparare una giunta credibile, coesa e capace, di selezionare un capo di gabinetto affidabile (e possibilmente un po’ meno costoso) e di individuare i possibili nuovi dirigenti delle principali municipalizzate ben sapendo che, una volta conquistato il Palazzo d’Inverno, avrebbero dovuto affrontare la controffensiva più feroce e implacabile della storia politica recente.

Anch’essa ampiamente “telefonata”, cioè prevedibile.

I poteri forti sono ben agganciati nei meandri delle ottanta partecipate, degli interessi paramafiosi in cui l’appartenenza partitica non prevede “avversari”, ma solo comprimari e collusi. E non c’è da sperare che forze sindacali siano indipendenti dagli interessi in gioco per occuparsi solo di quelli dei lavoratori perché non c’è spazio - fatte le dovute distinzioni - per tanta beata ingenuità.

Tutto ciò è già un bel covo di vipere anche senza contare l’immane torta delle Olimpiadi su cui sbavano da tempo i vari personaggi, personaggioni e personaggetti del sottobosco trafficone di tutto il paese.

À la guerre comme à la guerre, dicono i francesi.

Ma qui solo Di Maio sembra essersene accorto: «Tutti parlano di caos e di bufera, ma questo è solo l'inizio. Chi pensava che governare Roma sarebbe stata una passeggiata si sbagliava. Ci siamo fatti tanti nemici, il sistema dell'acqua, dei rifiuti, il No alle olimpiadi»...

Ha ragione, naturalmente; questo è solo l’inizio e per ora sono riusciti a fare tutto da soli.

Figuriamoci quando scenderanno in campo i “tanti nemici”, quelli veri.

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