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Ho sposato un narciso

 

Dispone di tutti i tesori, ma è incapace di possederli (J.W. Goethe)
Delusivi o grandiosi. In comune hanno alcune caratteristiche: il bisogno di fusione e libertà, in un’altalena che non conosce tregua.

Sono i narcisi, a cui Umberta Telfener, psicologa e psicoterapeuta alla Scuola di specializzazione in psicologia della salute della Sapienza di Roma, ha dedicato un libro, edito da Castelvecchi. Il titolo è: “Ho sposato un narciso - manuale di sopravvivenza per donne innamorate”.

Chi sono i narcisi? A sentire l’esperta, sono persone che provano sia la gioia di stare assieme, sia quella di verificare la loro capacità di stare soli, in un continuo tira e molla, difficile da gestire.

“Carismatico, eloquente - scrive - un encatador, l’uomo narciso si mostra brillante, ama salire in cattedra e venire ascoltato. Molto sicuro di sé, va preso a piccole dosi. E’ divertente, spesso trasgressivo, mai banale, ha sempre bisogno di essere al centro dell’attenzione. Con i narcisi non ci si annoia mai: persone molto intelligenti e intriganti, costituiscono grandi sfide relazionali, funzionano nei momenti di crisi, muoiono se si annoiano e subiscono la mancanza di stimoli o se non vengono gratificati. Sembrano in contatto con l’onnipotenza e contemporaneamente con gli abissi. Quando stanno bene riescono a sentirsi pieni di energia e ad approfittare di ciò che la vita offre loro. Quando stanno male – in modo oscillatorio e apparentemente imprevedibile – scaricano la loro sofferenza, oltreché su di sé, contro chi sta loro vicino. Sono intrisi di nostalgia per l’assoluto: a questo ambiscono e soffrono quando se ne sentono estromessi. Spesso guardano il mondo dall’esterno, come fossero alla periferia della vita”.

Ciò che contraddistingue, dunque il narciso, è il bisogno di piacere, che diventa una droga. Ma anche la ricerca del dolore. “E’ come se – spiega la docente- questi uomini vivessero inconsapevolmente su un doppio registro: la potenzialità di una vita fantastica, eccezionale, piena di cose belle appena dietro l’angolo e una realtà limitata dall’impossibilità, o comunque piena di angosce irrazionali, insicurezze cosmiche, sensi di colpa. Stare bene e divertirsi vengono decodificati come atteggiamenti superficiali. Soffrono e stare male sembra diventare, invece, un elemento di identità che viene inconsapevolmente ricercato: soffrire è l’essenza, complicarsi la vita ineluttabile, perché rafforza il senso di sé e determina un valore aggiunto”. Per la professoressa i narcisi sembrano pensare : “Soffro, dunque sono speciale. E’ questa angoscia che fa sì che abbiano molta paura di stare soli. Per questo motivo passano da una storia all’altra, cercando sempre nuove figure femminili di supporto alla loro immagine: entrano ed escono dal rapporto in cui sono coinvolti (sia di fatto che soltanto da un punto di vista psicologico, senza riuscire né a stare né ad andarsene, senza riuscire mai a fidarsi). Oppure entrano in un unico rapporto simbiotico, in cui chiedono totale dedizione alla compagna. L’incapacità di vivere il quotidiano da parte di questi uomini viene giustificata da un desiderio di tornare ad uno stato di benessere assoluto (regressione profonda): la possibilità di non essere turbati dai desideri e dalle turbolenze del mondo esterno, di trovarsi in una condizione di equilibrio perfetto come nell’utero materno. Naturalmente si tratta di una fantasia che non viene mai raggiunta”.

Ma perché questa nostalgia per un rapporto fusionale cosi intenso? Due sarebbero le cause. “Le prime esperienze di attaccamento- chiarisce- sono state spesso molto intense, ma in qualche modo improvvisamente, traumaticamente interrotte o deteriorate (per una separazione improvvisa, una morte, per la nascita di un fratello o di una sorella più amati o molto bisognosi di cure), per cui si è minata la fiducia di fondo e si è persa all’improvviso una relazione di attaccamento intenso e sicuro. Oppure, sembra che siano stati molto amati dalla madre, ma a condizione che fossero esattamente come li si voleva, amati sub conditione ad un adattamento a valori-modelli non scelti da loro, bensì imposti in maniera non esplicita: in tutte le famiglie dei narcisi si ha la sensazione, quindi, di trovarsi di fronte a genitori che vedono il figlio come quello che vogliono vedere e non come è realmente”. Pertanto, se i narcisi cercano figure di riferimento per ripristinare la fusione persa, dall’altro lato non riescono ad avere la cosiddetta costanza dell’oggetto. Cercano la simbiosi, ma ne hanno terrore, perché quando si lasciano andare diventano fragili e loro non sopportano di essere visti senza protezione.


Ma ci sono piccoli segnali per riconoscere un narciso? L’autrice afferma: “Insospettitevi quando una persona vi accusa pesantemente e si chiama fuori dal gioco, e non vede la sua parte in esso. Quando più banalmente, state guidando, il vetro si appanna e il vostro partner si premura di pulirlo, ma solo dalla sua parte. Insospettitevi quando un uomo vi fa sentire una regina per un certo tempo, ma un giorno cambia d’improvviso: vi critica aspramente o sembra non accorgersi più di voi. Quando siete per strada con un uomo che cammina sempre alcuni passi più avanti. Quando, qualsiasi gli proponiate, dice inizialmente di no, per il solo fatto che non l’ha proposto lui. Ma i segni di riconoscimento non sono tutti cosi negativi. Insospettitevi anche quando un uomo vi sembra troppo simpatico, galante, intelligente, spiritoso”.

Ma cosa fare se si sposano questi uomini, contraddistinti anche da una certa gelosia e da un alto senso del dovere, oltreché, come si è detto, dall’idealizzazione e dal bisogno di alternative? La docente elenca una serie di consigli. Imparare a tenere uno spazio tutto per sé, non affidare loro il proprio valore, non renderli dei mostri ai nostri occhi, non prenderli troppo seriamente, non spingerli a far sempre le cose insieme, rassicurarli e gratificarli, non rassicurarli completamente, non opporsi e non confrontarli, coccolarli, accudirli, ricordarsi che hanno un problema con l’intimità, che spesso provocano per fare arrabbiare l’altro e solo per avere conferme, proporre loro cose da fare, non farsi scoraggiare dal primo “no”, annaffiare il loro ego, non presentare loro il mondo prima che lo chiedano, non prendere troppo seriamente le loro cupezze, non pressarli sulle pretese d’amore. Insomma, un po’ come dire: snaturarsi, almeno per alcune, per le quali stare con un narciso diventa davvero una missione.

Ma la curiosità viene da sé: perché li si sceglie e chi sono le donne dei narcisi? Per Telfener non ci sono dubbi: “Si tratta di donne idealiste, che sperano di tornare all’intensità dell’inizio e non si danno pace perché questo non accade. Le donne dipendenti, che rimangono impigliate nell’ambivalenza del compagno. Le donne che si aspettano la delusione, tendenzialmente depresse. E quelle poco consapevoli dei giochi psicologici in atto, che passano attraverso le cattiverie e i rifiuti come se niente fosse”.

Nel libro sono anche indicati i sistemi per tagliare la corda e lasciare in modo definitivo questi partner che, sottolinea la docente, non si dimenticano facilmente.

Ma la “guarigione” è ipotizzabile? Possono queste persone imparare ad amare davvero? Se si pensa al mito, difficile immaginare un cambiamento totale. La passione amorosa di un narciso non è altro che una sua proiezione. Anzi, è il vuoto rimirarsi in uno specchio in maniera ripetitiva. Pensiamo al mito. Il giovane bello, che respinge Eco, sarà condannato da Artemide a innamorarsi della sua immagine e quindi a innamorarsi senza essere riamato, senza poter ricevere un riconoscimento da parte di una persona differente da sé. E allora? Si provi con le strategie di questo libro.

Nell’ultima parte, anche il narcisismo “rosa”, un po’ diverso, ma altrettanto interessante da scoprire.

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