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Guinea: la dittatura, l’italiano e altri predatori


_41600100_conte_afpLansana Conté, dittatore della Guineau è morto e poche ore dopo il suo trapasso le strade della capitale Conakry si sono riempite di blindati. Giunto al potere con un golpe, Conté ha incarnato a lungo il prototipo del dittatore africano fantoccio delle potenze straniere, nel caso di specie Francia e Stati Uniti, che mai hanno contestato la sua permanenza al potere, nonostante più di vent’anni di violenze e di elezioni-farsa. Fatte le debite proporzioni è come se in Italia fosse morto Mussolini e desta sensazione la pioggia di necrologi con i quali numerose corporation di paesi democratici e occidentali si sono “unite al dolore e alla commozione dei guineani” che invece non vedevano l’ora di liberarsi del dittatore. Per la Guinea, che l’hanno scorso si era ribellata al dittatore e chi si era acquietata solo quando questo aveva fatto sparare sulla folla facendo decine di morti, si apre un periodo d’incertezza.

I militari che hanno preso il controllo di radio e televisione dicono di avere il controllo del paese e che nuove elezioni si terranno entro due mesi, diventati però due anni già nel comunicato del giorno seguente. Il governo invece dice che i militari sono una minoranza dell’esercito e che non sono stati attaccati perché il governo non vuole scatenare dinamiche sanguinose, ma che il governo è saldamente al potere.

Secondo la Costituzione le elezioni si dovrebbero tenere entro sei mesi dalla morte del presidente, ma su questo dettaglio il governo non si è espresso. L’attuale premier è in carica da poco; dopo le proteste, che nel 2007 avevano unito tutto il paese, Conté aveva nominato un primo ministro che godeva di maggior favore popolare (Kouyaté), ma solo per sostituirlo velocemente con l’attuale Souaré, un suo fedelissimo, che per il momento sembra godere dell’appoggio dei comandanti militari nominati da Conté.

Nella storia della dittatura di Conté c’è anche il caso più unico che raro di François Lonseny Fall. Fall, eminente personalità guineana e diplomatico di lungo corso, è stato probabilmente l’unico primo ministro della storia a dimettersi volontariamente dal suo incarico (nel 2004) mentre si trovava all’estero (in Francia), chiedendo nello stesso momento asilo politico al paese nel quale si trovava in visita. Dichiarò che a spingerlo erano stati l’incredibile livello raggiunto dalla corruzione nel paese e le ingerenze illegali di Conté e della sua corte di affaristi.

Ma se la popolazione non versa lacrime, ne versa molte Guido Santullo, che di Lansana Conté era il braccio destro operativo, tanto da essere nominato “ambasciatore itinerante” e “incaricato d’affari della presidenza”. Era lui a portare d’urgenza il presidente in Svizzera a curare il suo diabete, era lui insieme a pochi fedelissimi a sbrigare gli affari correnti mentre il presidente viveva ritirato nella sua città natale nell’interno, rifiutandosi di prendere parte a manifestazioni pubbliche e anche ai vertici internazionali, che non ha mai presenziato in tutta la sua carriera.

La storia di Santullo è paradigmatica. Giunto in Guinea alla vigilia del golpe che portò Conté al potere, è presto divenuto ricco e potente, mettendo insieme la prima impresa di costruzioni del paese. I guineani però non hanno troppo gradito le sue costruzioni, che sembrano cadere in rovina troppo velocemente, e ancor meno hanno gradito la sua vicinanza al dittatore. Così negli anni si è scoperto che Santullo raccontava balle vantando esperienze inesistenti e si arricchiva a spese dei guineani, assicurandosi il monopolio dell’edilizia pubblica guineana mentre le compagnie straniere razziavano a poco prezzo le materie prime di cui è ricco il paese.

santulloGuido Santullo (nella foto) in Italia non lo conosce quasi nessuno, ma in Guinea è famoso (o forse, per alcuni, sarebbe meglio dire famigerato). La sua pessima fama si è costruita negli anni, quando i guineani hanno scoperto che la sua Sericom non è una delle aziende più vecchie d’Italia (tanto che in Italia non esiste neppure) e che le sue esperienze nel campo internazionale delle costruzioni sono solo frutto della sua fantasia. Con la morte di Conté si aprono scenari interessanti, avvicinandosi il momento nel quale la Guardia di Finanza potrà finalmente accedere alla sua fastosa villa di Gaeta, Villa Nino (in Via Flacca, Contrada-Ariana, Km 26.500), fino ad ora protetta dall’essere nientemeno che un’ambasciata guineana, con tanto di bandiera e Mercedes targata Corpo Diplomatico.

La vicinanza a Conté è stata molto preziosa per Santullo e con la sua morte si apre per l’italiano un periodo d’incertezza. Vera e propria eminenza grigia del defunto presidente, secondo solo a Elhadj Mamadou Sylla, che si è pappato il resto dell’economia guineana e la presidenza del partito del presidente, Santullo nominava funzionari e ufficiali guineani e godeva di privilegi inimmaginabili in altri paesi, tra i quali il monopolio delle costruzioni pubbliche e l’esenzione dalle tasse e altri favoritismi, tanto che l’unica moderna infrastruttura viaria del paese collega la capitale ai villaggi e agli alberghi di Santullo. Un monopolio che Santullo ha difeso in ogni modo, anche parlando male della Guinea, quando nella sua veste ufficiale avrebbe dovuto sollecitare gli imprenditori italiani ad investire nel paese; ma è facile capire che non gradisse concorrenza o scomodi paragoni con i suoi manufatti. Una vergogna per la Guinea, una vergogna per l’Italia.

Una vergogna per la quale non sono mancate denunce che hanno fatto male solo ai denuncianti in Guinea, mentre in ambiente meno protetto è stato Santullo a soccombere quando ha provato a tacitare due cittadini guineani residenti in Francia che avevano esposto lo scandalo e le sue malefatte su internet. La giustizia francese è diversa da quelle guineana e Santullo è stato respinto con perdite: per la giustizia francese non è un reato descriverlo come un truffatore e anche peggio.


Santullo non è però che la spia di una situazione che va bene a tutti, guineani a parte, visto che il paese è ricco di risorse naturali e che il suo affidamento al dittatore di turno permette il prelievo delle materie prime a prezzo di favore, non solo ai modesti Santullo. Così dall’indipendenza il paese ha avuto solo due capi di stato, due dittatori che hanno fatto della Guinea un paese talmente “stabile” da rovinare la vita dei suoi cittadini, che in mezzo a tanto ben di Dio hanno dovuto rassegnarsi a campare con 400 dollari all’anno. Ma questa stabilità piace molto alle corporation che così non devono ridiscutere gli accordi conclusi elargendo mance miserabili al pupazzo di turno.

L’unica certezza sono per ora i blindati per le strade di Conakry, la capitale del paese che sorge su una stretta penisola che si allunga verso l’Oceano Atlantico, anche se non si è ancora capito se appartengano ai militari golpisti o a quelli lealisti. Il destino del paese e quello di Santullo sono per ora imperscrutabili, mentre è molto più facile prevedere che il destino dei guineani non viaggi verso miglioramenti nel breve periodo, visto che le opzioni disponibili sembrano ridursi alla scelta tra una dittatura ed un’altra assolutamente simile.

Aggiornamento 25/12:

55ddb60c60Suscitando la sorpresa internazionale il premier Souaré e il governo hanno riconosciuto la legittimità della presa del potere del capitano Camara (nella foto), che nel frattempo si era proclamato presidente di una giunta militare di 32 elementi. Anche qualche migliaio di abitanti della capitale ha festeggiato e alla fine è giunta anche la sottomissione delle gerarchie militari alla giunta di Camara.

Solo il presidente dell’Assemblea Nazionale
Aboubacar Somparé, che doveva assumere la presidenza ad interim secondo la costituzione, ha fatto appello alla comunità internazionale contro i golpisti. Il nuovo presidente della Guinea ha affermato che il golpe si è reso necessario per contrastare la corruzione endemica in Guinea, ma allo stesso tempo ha promesso ai membri del governo e del sistema di potere costruito attorno a Conté una specie di garanzia di salvaguardia.

I prossimi mesi, se non le prossime settimane potranno dirci se Camara sia la fotocopia di Conté o qualcosa di diverso. Intanto il suo intervento ha formalmente allungato la vita di un ceto politico che avrebbe dovuto affrontare nuove elezioni tra sei mesi. Camara ha affermato che le elezioni si terranno invece tra due anni alla scadenza naturale della legislatura, in aperta contraddizione con la Costituzione, che comunque ha sospeso, ma anche con il proposito di combattere la corruzione, che fa a pugni con il lasciare impuniti i corrotti, anche se la giunta ha già nominato nuovi prefetti e nuovi comandanti militari in sostituzione di quelli nominati da Conté.

Tutto troppo confuso per essere foriero di esiti positivi per i guineani, tutto troppo poco credibile, a cominciare dalla dichiarazione di Camara che appena autonominatosi presidente ha detto di non avere alcun interesse alle prossime elezioni presidenziali, circostanza che rappresenterebbe davvero una stranezza storica.
Appare ancora meno credibile che il presidente sia stato designato tra i componenti della giunta tirando a sorte, come sostengono le fonti locali. Camara tra l’altro ha promesso un funerale grandioso per Conté, la salma del quale è stata un po’ dimenticata nel caos, anche se la prescrizione islamica prevederebbe la sepoltura entro 24 ore dalla morte.

Moussa Dadis Camara, capo del 
National Council for Democracy and Development, come si è definito il gruppo golpista, è quindi de facto il nuovo presidente della Guinea. La comunità internazionale non sembra per ora d’accordo, ma precenti recenti come quello del Mali suggeriscono che Camara potrebbe avere lunga vita, sempre che riesca a consolidare il suo potere in patria, dove la lotta non si può certo dare per esaurita tanto in fretta.




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