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Governi schiavi delle banche centrali

Ciò che sta succedendo in Grecia, quello che successe in Argentina e la crisi economica globale hanno un denominatore comune: l’occultamento truffaldino della creazione della moneta.

Infatti l’attuale emissione monetaria poggia su un pilastro truffaldino detto Pil (prodotto interno lordo), il cui calcolo fu sempre considerato un’impossibilità scientifica (William Ashworth, “Breve storia dell’economia mondiale”, Bari, 1976) oltretutto determinato dalle emissioni monetarie, e non viceversa dato che dovrebbe essere il prodotto a determinare la quantità di moneta da emettere (V. Mathieu, “Filosofia del denaro” Roma 1985). Prima del 1971 queste cose erano Bibbia. Dopo il 1971 furono eresia, ed il calcolo del Pil “divenne” scientifico, pur continuando ad essere calcolato “ad occhio” come prima! Di fatto, ciò che avvenne nel 1971 avrebbe dovuto delegittimare non solo qualsiasi monopolio di emissione monetaria, ma ogni banca centrale. Eppure nessuno ancora è in grado di riconoscerlo, in quanto i capitali ed i risparmi di tutti giacciono nelle banche, dipendenti dalle banche emittenti. Vale dunque la pena di approfondire la questione, dato che essa è rimasta da sempre irrisolta. Le basi delle banche emittenti (o banche centrali) sorreggono un sistema presentato all’individuo come servizio necessario alla sua creatività o attività produttiva, ma che negli ultimi lustri è cresciuto a dismisura, prevalendo completamente sui settori primario e secondario, “indebitandolo” attraverso il cosiddetto debito pubblico che “indebita” gli Stati, impadronendosi di beni, aziende, proprietà e risorse.
 
Tali banche in passato garantivano con riserve auree le loro emissioni di soldi, che si impegnavano a convertire in oro su richiesta. Finché furono tenute per legge a convertire i soldi in oro, quindi fino all’abolizione di tale legge da parte del governo USA nel 1971, si poteva sostenere che i soldi alla loro emissione costituissero una passività (ed avessero un costo in oro) per dette banche, cioè che tale impegno (di convertibilità aurea) legittimasse il loro diritto di proprietà sui soldi emessi. Soldi, che però oggi non sono più garantiti da tali riserve, ed il cui valore tipografico di emissione è irrisorio rispetto al v.n. (valore nominale; per es.: il v.n. di una moneta di un euro è 1, quello di una banconota di dieci euro è 10, di cento è 100, ecc.), generando di conseguenza per l’emittente un guadagno di quasi il 100% del v.n. Dal momento che il valore dei soldi non riguarda più le riserve auree bensì la mera convenzione, accettata da chi li utilizza, gli utilizzatori sono anche i veri generatori di quel valore, che pertanto appartiene non ad una banca centrale ridotta a tipografia, bensì alla comunità utilizzatrice. La concreta logica dei fatti vorrebbe che, dopo l’abbandono del sistema di convertibilità del denaro in oro, il denaro fosse emesso - come anticamente - da mercanti come nota di banco (banconota) per lo scambio del suo valore con altri valori (di merci, servizi, ecc.). Invece grazie alla logica monca cui è asservita la politica in genere e soprattutto quella fiscale, che determina di fatto una continua rapina (legale ma non legittima) della gente, le banche centrali hanno potuto indebitamente perseverare nell’errore di attribuire a sé la proprietà del denaro emesso, anche attraverso i cosiddetti poteri forti, cioè l’azionariato privato (finanza internazionale compresa).
 
Ad es., la banca d’Italia si autodefinisce istituto di diritto pubblico, ma il suo azionariato è per circa l’85% in mano a S.p.A. private: banche private con ovvio scopo di lucro. Da tale formalismo del sistema finanziario moderno ingenera il cosiddetto signoraggio, consistente nel guadagno del “signore” emittente, cioè di banche centrali formalmente di diritto pubblico, ma sostanzialmente di proprietà di gruppi finanziari privati. Questo maxi guaio non riguarda solo l’Italia, ma tutti gli Stati del pianeta uniti nella gestione socialista dei soldi, simile alla consorteria del gatto e della volpe nel campo dei soldi di Pinocchio, là dove la banca è funzionale al parassitismo dello Stato, promettendogli keynesianamente denaro senza dover lavorare per ottenerlo (dal 1929 l’economista britannico J. M. Keynes è maestro di furberia consortile, cioè dell’intervento pubblico nell’economia con misure di politica fiscale e monetaria!). Questo è infatti ciò che i governatori delle banche centrali forniscono ai vari governi, compreso l’attuale governo Berlusconi, il quale è il più keynesiano di tutti, per ammissione di Berlusconi stesso, e perché invita a consumare, consumare di più, consumare tutti, in stile keynesiano, appunto! Grazie alla commistione di interessi fra alta finanza, politica e informazione, gli elettori non sanno che i soldi appartengono a banche centrali pubbliche di nome, ma private di fatto, né che i ministeri del tesoro, all’occorrenza, anziché chiederne la mera emissione alle banche centrali, pagandone il dovuto, cioè le sole spese di stampa, emettono debito pubblico (in “Italia Bot” o altro) per un importo pari al valore nominale (!) più le spese tipografiche, e più gli interessi per il periodo di scadenza del debito (che debito non è, essendo mera astrazione, cioè forma senza contenuto), e che poi portano allo sconto alla loro banca centrale! Questa è la prima paradossale concausa dell’enorme indebitamento degli stati moderni. Seconda concausa è la moltiplicazione truffaldina dei pani e dei pesci, cioè il fatto che le banche commerciali possono - anche qui legalmente ma non legittimamente - prestare (o utilizzare per altri generi di operazioni) fino a venti volte più denaro di quanto ricevono a deposito! Anche questa metastasi crescente in modo esponenziale genera i numeri fittizi del debito pubblico. I politici lo sanno, ma tacciono. “Pagabile a vista al portatore” era infatti la scritta che veniva stampata sulle vecchie banconote, e che valeva come cambiale, paradossalmente detta “inesigibile” dall’emerito Ministro del Tesoro Piero Barucci, ministro al tempo del governo Ciampi, perché anche quando c’era ancora il principio della convertibilità cartamoneta-oro, chi si fosse presentato come portatore richiedente oro, avrebbe riscosso soltanto una risata!
 
Credo che l’unica risposta possibile a questo tumore sociale sia la demonopolizzazione delle banche emittenti in un sistema di “free banking” reale come quello illustrato dal filosofo Rudolf Steiner nel ciclo di conferenze intitolato “I capisaldi dell’economia” tenuto a Dornach (Svizzera) nel 1922, dimostrando che una nuova moneta in grado di evitare per sempre l’inflazione è possibile esclusivamente evitando l’intrusione dello Stato nell’economia. Per tale moneta sarebbe infatti non necessaria una banca di Stato, cosa che è l’esatto contrario dell’attuale fallimentare politica monetaria “central banking”, oramai estesa a livello transnazionale con l’unificazione monetaria.

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