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Golpe giudiziario in Guatemala

Oligarchia, destra l’apparato corrotto dello stato stanno cercando di condurre a termine un colpo di stato per estromettere Bernardo Arévalo, vincitore delle elezioni dello scorso 20 agosto, di assumere la presidenza del paese a partire dal 14 gennaio 2024.

 

Foto: https://italiano.prensa-latina.cu/

Dall’inizio di ottobre, in Guatemala, società civile, comunità indigene e organizzazioni popolari stanno protestando contro il tentativo di sospendere la personalità giuridica del Movimiento Semilla, il cui rappresentante, Bernardo Arévalo, ha vinto le elezioni presidenziali dello scorso 20 agosto.

Arévalo dovrebbe entrare in carica il prossimo 14 gennaio, ma la procuratrice generale, Consuelo Porras, continua a mettere in discussione la raccolta firme che, nel 2019, ha permesso al Movimiento Semilla di registrarsi come partito politico, adducendo presunte irregolarità. Lo scopo è creare le condizioni per un colpo di stato elettorale affinché il paese non abbia un presidente progressista. A temere el cambio e a tramare per impedire la presidenza Arévalo sono le oligarchie, gli apparati criminali e tutta quella casta politica che si è sempre mantenuta in sella grazie ad un sistema clientelare e corrotto, a partire dai cosidetti Ciacs – Cuerpos ilegales y aparatos clandestinos de seguridad.

Se ad Arèvalo sarà impedito di assumere la presidenza, a trionfare sarà, ancora una volta, quel Pacto de Corruptos che trae linfa dall’assenza di una vera e propria democrazia in un paese dove formalmente si tengono le elezioni, ma a comandare sono i soliti noti. A farne le spese, prima delle presidenziali, è stato il Movimiento para la Liberación de los Pueblos di Thelma Cabrera che, se non fosse stato escluso in maniera discutibile, avrebbe probabilmente vinto le elezioni.

In Guatemala, la distanza tra la società civile e i partiti politici tradizionali è tale che il Pacto de Corruptos era sicuro che Arévalo e il suo Movimiento Semilla non avrebbero creato alcun problema, forti anche delle ridotte capacità finanziarie e consci che sarebbero bastati i soliti finanziamenti elettorali illeciti ed un forte sistema di cooptazione per estrometterlo rapidamente dalla corsa alla presidenza.

La mancanza di autonomia della magistratura, e in particolar modo la crescente judicialización del processo elettorale serve quindi per rendere in apparenza legale il tentativo di estromettere Arévalo dalla presidenza del paese: nel caso in cui riuscisse comunque a governare, il futuro presidente si troverebbe in forte difficoltà perché il suo partito non ha una maggioranza forte e quindi sarebbe costretto continuamente a stringere estenuanti e pericolose alleanze su ogni singolo aspetto.

Tra i primi a mobilitarsi in difesa del risultato scaturito dalle urne il Consejo de Autoridades de los 48 Cantones de Totonicapán, voce dei popoli indigeni, da sempre ritenuti i paria dalla democratura guatemalteca e che ha promosso uno sciopero a oltranza, dal 1° ottobre scorso, fino a paralizzare il paese a tempo indeterminato, almeno fin quando non siano revocate le misure per escludere il Movimiento Semilla dal Congresso guatemalteco. Storicamente autonomo da tutti i partiti, il

Consejo de Autoridades de los 48 Cantones de Totonicapán ha compreso fin dall’inizio che è in gioco la tenuta di una parvenza di democrazia nel paese: “No venimos a representar a ningún partido político, el momento es de defensa a la democracia en representación de los pueblos originarios indígenas”.

Alla loro mobilitazione si è ben presto sommata quella degli studenti universitari e di tutta quella società civile che vuol sventare un evidente tentativo di golpe. Bernardo Arévalo è il figlio dell’allora presidente Juan José Arévalo che governò dopo la Rivoluzione del 1944 conducendo un processo di rottura con i governi autoritari e al servizio della multinazionale United Fruit Company. In una situazione così complessa, Bernardo Arévalo ha ricordato le difficoltà di progredire verso un’agenda politica in cui tutti siano rappresentati e che non sia più a misura di coloro che rappresentano quegli apparati corrotti abili finora a guadagnarsi sempre l’impunità.

Proprio nel mese di ottobre del 1944 lo scenario politico non era così diverso da oggi. Il presidente de facto, Federico Ponce Vaides , era stato fatto cadere e, dopo decenni di governi autoritari o dittatoriali, iniziò la “primavera guatemalteca” proprio grazie al padre di Bernardo, Juan José Arévalo. Allo stato attuale, il Guatemala progressista cerca di liberarsi del procuratore generale Consuelo Porras, di Rafael Curruchiche, alla guida della Fiscalía Especial Contra la Impunidad e del giudice Fredy Orellana: sono loro alcune tra le principali figure che cercano di annullare un’elezione libera e democratica al solo scopo di indebolire lo Stato guatemalteco.

A ricordare la Rivoluzione del 1944, al grido “Por la defensa de la democracia, ¡ni un paso atrás! Por la defensa de nuestro voto, ¡ni un paso atrás!”, il Consejo de Autoridades de los 48 Cantones de Totonicapán, capace di proclamare uno sciopero in grado di unire, a livello plurinazionale, una società finora sempre divisa in un contesto caratterizzato da un aperto razzismo verso gli indigeni maya, che pure sono la maggioranza del paese. Si tratta di una mobilitazione di gran lunga superiore a quella promossa nel 2015 contro l’allora presidente Pèrez Molina, anch’esso coinvolto in uno scandalo legato alla corruzione, ma da cui non scaturì alcun cambiamento a livello politico.

Convinta che Arévalo sarebbe stato ignorato dall’elettorato, adesso l’oligarchia e i settori più razzisti della destra, a partire da Zury Ríos, figlia del dittatore Ríos Montt nel biennio 1982-1983 e mandante delle operazioni più efferate contro gli indigeni maya nell’ambito dell’operazione Tierra arrasada, da gruppi di potere quali Fundación contra el Terrorismo, Guatemala Inmortal, Liga Propatria, dai cartelli del narcotraffico spesso servili con l’attuale sistema di potere e fino al Consejo de Nacional de Empresarios (CNE) sono terrorizzati dal timore che, finalmente, in Guatemala, sia giunto il tempo della democrazia e dell’uguaglianza di diritti e opportunità per tutti.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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