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Gli ispettore della Legacoop nel centro di Lampedusa

Per chi ha ancora dei dubbi. Per chi sostiene che sono storie inventate da certi giornalisti. La verità raccontata dagli ispettori della Legacoop.

A due settimane dal video shock, trasmesso in esclusiva dal Tg2, sulle condizioni dei migranti fatti spogliare nudi per il trattamento antiscabbia nel centro di prima accoglienza di Lampedusa venerdì sull’Isola sono arrivati gli ispettori di LegacoopSociali Sicilia, Angela Maria Peruca, Pietro Piro e il vicepresidente regionale Filippo Parino.

I tre ispettori arrivano dopo l’azzeramento dei vertici “Terra d’accoglienza” e sostituiti da un commissario esterno, il professore Roberto Di Maria. Il verdetto dei funzionari non lascia spazio ai dubbi. La situazione all’interno del Centro fa accapponare la pelle anche ai meno sensibili, ai duri di cuore. “Così com’è – dicono - non può continuare ad accogliere rifugiati. È un vero e proprio lager va chiuso”. “Un Centro accoglienza – aggiungono - senza i requisiti minimi richiesti in un carcere”. 

Baracche disastrate, materassi ammassati e fradici, rubinetti rotti, docce rotte, camerate indecenti, allagate dall'acqua che viene fuori dai rubinetti dei bagni dei piani di sopra, ruggine e sporcizia ovunque, serrande sfasciate, per non parlare dell’infermeria. Una saletta di 4 metri per 4, due barelle con assi arrugginiti, senza nemmeno un lavandino. Questo è il risultato degli ispettori dopo il sopralluogo nella struttura di contrada Imbriacola. Un'ispezione che ha passato al setaccio ogni angolo del Centro. Insomma il Centro di prima accoglienza di Lampedusa non ha nulla d’accogliente se non solo il nome. 

Durante il sopralluogo i tre ispettori hanno inoltre incontrato i 17 migranti ancora ospiti del Centro, dopo lo svuotamento imposto dal Viminale. È stata l’occasione per confrontarsi anche con la vice direttrice rimasta alla guida della struttura, Paola Silvino con i medici e gli operatori. Durissime le parole del direttore regionale di Legacoop, Pietro Pirro: “Abbiamo capito che il vero scandalo non è quel video, ma il silenzio che da mesi è calato sulle condizioni di vita di chi è stato accolto. E questo doveva essere chiaro ai ‘potenti’, alle autorità, a quanti hanno avuto libero accesso in una sorta di prigione dove nessuno poteva entrare senza autorizzazione”. Filippo Parino, vice presidente di Legacoop, rimprovera gli operatori per non aver denunciato: “La grave responsabilità dei nostri uomini che hanno diretto il Centro è di non avere alzato la voce denunciando per primi la vergogna e l’indecenza in cui operavano”.

L’orrore c’è non si può negare ne tanto meno si può più far finta di non vederlo. Si cercano colpevoli, si accusano i potenti ma si rimproverano gli operatori per non aver alzato la voce. Lo scandalo è scoppiato quindi è meglio denunciare cercando di salvare il salvabile. Un colpo alla botte e uno al cerchio, insomma! Questa è la sensazione. Vergogna, indignazione anche pena, questi sono i primi sentimenti che si dovrebbero provare nell’apprendere questo tipo d’informazioni. Io ho provato rabbia invece, ha prevalso su tutto il resto. Ho provato rabbia nei confronti di chi continua a far finta di non vedere, non sapere. Nei confronti di chi nega, nei confronti di chi sostiene la tesi che sono tutte “balle”, racconti ad effetto, inventati e magari costruiti ad arte dai giornalisti solo per conquistare le scene. Nei confronti di chi pensa che siamo noi, gli italiani, le vittime di questa vicenda.

Noi non siamo le vittime, assolutamente no, siamo i beneficiari. I migranti sono per noi un biglietto della lotteria super milionario. “Che vogliono questi? Vengono qui a rubarci il lavoro. Siamo al collasso per la crisi e dobbiamo mantenere anche loro. Mangiano, hanno un letto dove dormire, soldi, avvocati, medici e si permettono di protestare”. Ogni giorno sento frasi di questo tipo. La realtà è ben diversa. Il muro dell’ignoranza, la paura del diverso ci sta accecando e non ci permette di vedere, di andare oltre. Loro non voglio niente da noi, soprattutto non rubano niente a noi, siamo noi che stiamo togliendo a loro la libertà, la possibilità di rifarsi una vita lontano dalle guerre, dalla schiavitù, dalle torture. Chi di noi non scapperebbe? Nei barconi che vediamo sfidare il Mediterraneo e prima il deserto ci sono per lo più ragazzi ventenni, venticinque, giovani e bambini, che hanno lasciato gli affetti più cari con la consapevolezza che forse non rivedranno mai più. Hanno lasciato le loro radici, le loro usanze, i sapori, i profumi della loro terra solo per salvarsi. La vera sfida non è con il Mediterraneo o con il deserto è con la vita. Sognano la libertà, la possibilità di studiare, un paese dove vivere senza il rumore delle bombe. I loro sogni sono per noi la normalità, forse per questo facciamo fatica a capire, ma non ci proviamo nemmeno.

Togliamo dai programmi scolastici il periodo nazista, i campi di concentramento. Basta con i film che trattano l’argomento, ritiriamo dalle librerie di tutti i libri di Primo Levi. Non ha più senso sapere, studiare e far conoscere alle nuove generazione cosa l’uomo in passato è stato in grado di fare se ancora oggi certe cose sono possibili e si ripetono nella totale indifferenza dei tanti. Se la storia non ci ha cambiati, insegnato nulla, perché continuare a parlarne? In quei campi di concentramento c’erano i forni crematori, le camere a gas o il lavoro forzato, è vero, nel nostro Cara o nei Cie tutto ciò non c’è. Come ieri anche oggi ci sono uomini, però, che vengono privati della dignità, umiliati, prigionieri pur non avendo nessuna colpa da scontare. Ancora una volta l’unica colpa è la diversità, il colore della pelle, le differenze.

Ancora una volta il più forte con la forza vince sul più debole. Un giro di roulette è la vita. E noi siamo sul colore vincente. È solo per casualità, fortuna, solo perché siamo nati e cresciuti nel posto giusto. Non perché siamo migliori. Solo perché ci troviamo dalla parte giusta e non dei giusti. Non ha senso provare vergogna, indignazione e pena, è inutile, se poi non si è disposti a far nulla, a cambiare le cose. Non ha senso se non si ha voglia di comprendere il vero significato della parola accoglienza, se non si ha voglia di accogliere. Non ha senso smontare i Cie, il Cara, se prima non li smontiamo dalla nostra testa.  

 

 

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