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Gli intoccabili del calcio italiano

Le imbarazzanti esternazioni di Andrea Agnelli e di Antonio Conte contro le decisioni prese dalla Corte di giustizia federale esprimono l’assurda pretesa dell’impunità, anche di fronte a colpe accertate

C’è modo e modo di protestare per una sentenza. Quella che riguarda Antonio Conte, fresco eroe della Juventus (la sua squadra gioca bene, sia detto per inciso da un milanista), ha sollevato piagnistei sconclusionati, rabbiosi e maleducati, così come potrebbe accadere su un campetto di periferia dopo una decisione arbitrale dubbia. Peggio, però, ha fatto il suo presidente, un Agnelli (Andrea) di insospettata presunzione e di eccessiva propensione al protagonismo. Verso la Commissione disciplinare e la Corte di giustizia della Figc sono volate parole grosse e incredibilmente volgari, come se i personaggi in questione fossero degli sprovveduti, incapaci persino di formulare dei giudizi pacati, frutto di una riflessione che non può mancare a gente tanto esposta pubblicamente. E, come ha affermato Zeman, un tempo sarebbero stati puniti per tali dichiarazioni.

Si dirà: «Se non gridi e non ti agiti, in questo mondo non ottieni nulla». È come dare ragione ai tifosi scalmanati, che brillano per ignoranza e volgarità, ormai peculiarità del calcio parlato (e giocato). Se allenatori e dirigenti si comportano come loro, ebbene ci si deve chiedere che senso abbia la passione per il calcio. Tutto sembra procedere, nel football italiano, secondo la volontà dei singoli e una mentalità rivolta solo all’aspetto economico (leggasi soldi a palate), che, da tempo immemore, incorre talvolta anche in qualche reato. Spiace, ma Conte non è stato punito ingiustamente. Fosse stato l’allenatore di una squadretta, avrebbe sicuramente pagato, e in modo pesante, sia per ciò che ha commesso che per le sue parole. Purtroppo, da noi non esistono controlli preventivi o regole e meccanismi adeguati (vedi la proposta del nostro direttore Rino Tripodi su Come evitare i biscotti), pertanto le pastette sono evidentemente all’ordine del giorno. Così, quando si scoperchia un pentolone e una “gola profonda” parla, finisce l’ipocrisia. E il “malcapitato” rimane basito per il giusto processo che deve subire.

La Juventus non è nuova a certe disgrazie: questa volta non ha colpe, ma ha precedenti gravi (vedi Moggi & C.) e, quindi, dovrebbe riflettere bene prima di scagliarsi contro una sentenza equa. L’allenatore juventino ha sbagliato (ricordiamo il patteggiamento) e dovrebbe accettare il verdetto dei giudici. La Juventus sarà forte anche senza di lui, stia tranquillo, ed egli avrà modo così di rendersi conto della sciocchezza compiuta, magari per leggerezza. Ma è soprattutto Andrea Agnelli a doversi cucire la bocca: non può difendere un personaggio che è stato graziato dalla ben più grave accusa di essere stato parte attiva nell’alterazione del risultato della gara Albinoleffe-Siena (Conte è stato condannato solo per omessa denuncia; vedi Sandulli: «10 mesi a Conte? Gli è anche andata bene»). Ne va della sua immagine e ne soffre l’intero mondo del calcio.

Dario Lodi

(Lucidamente, anno VII, n. 81, settembre 2012)

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