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Giornalismo partecipativo: Modello di business o motore del cambiamento?

Con l’esplosione dei social e di tutti gli strumenti che il web mette a disposizione è cambiato il concetto di informazione e soprattutto di giornalismo.

Secondo alcuni, solo il giornalismo partecipativo potrà sopravvivere alla sfida dei tempi che si prospettano all’orizzonte. 

Chi è il giornalista partecipativo e perché possiamo diventarlo tutti? Il giornalista partecipativo è anche un cittadino che partecipa attivamente alla vita della comunità a cui appartiene, sostenendo alcune battaglie contro ingiustizie sociali o che porta avanti alcune questioni locali di interesse generale. Si tratta di una cultura di cui si è persa traccia per molto tempo, ma che sta ritornando con nuovi strumenti e nuove strategie: la cultura della verità. 

La figura del giornalista è fondamentale in una democrazia, e se la sua voce è libera, i cittadini guadagnano, in termini di idee, verità e senso critico. Tutti elementi che contribuiscono ad un’informazione sana e alla crescita di cittadini indipendenti, pensanti e critici. 

Un giornalista che subisce condizionamenti politici o da élite che hanno forti interessi economici, non può svolgere una sana informazione, non può essere, insomma, al servizio della verità.

Occorre, una forte propensione a svolgere una tale missione, un forte senso critico, l’abitudine a pensare con la propria testa.

L’UE sta cercando di introdurre nuove normative che riguardano il mondo dei mass media. Il giornalismo indipendente e partecipativo rappresenta per molti una minaccia, e per questo si sta cercando, con ogni mezzo di arginare questo fenomeno. Ma si tratta di un tentativo che non potrà mai andare a buon fine, per innumerevoli motivi. 

La raccomandazione sulla protezione, la sicurezza e l'emancipazione dei giornalisti rientra nel lavoro della Commissione volto a sostenere la libertà e il pluralismo dei media nell'UE ed è stata adottata nel settembre 2021. Nasce con l’intento di rafforzare la libertà e il pluralismo dei media nell'UE. 

Torniamo al giornalismo partecipativo; oltre alla forte presenza sul territorio, alla forte vocazione per il bene comune e la giustizia, completano il quadro anche i commenti su diverse piattaforme, compresi i social, dei cittadini, come partecipazione a dibattiti e discussioni appunto. 

Spesso, dalle pagine social partono iniziative, come cortei e manifestazioni, proteste. 

Qual è il rischio di un giornalismo legato al potere o ai poteri forti, ai gruppi economici più influenti?

La risposta a questa domanda è semplice. I grandi mass media legati al potere economico, politico ecc. decidono quali sono le notizie di prima pagina, quale sia l’informazione o la narrazione da far passare. Mentre tutto il resto, e magari notizie importanti per i cittadini restano sotto traccia. 

Si tratta di un modello concentrato nelle mani di poche persone, che decidono le notizie, quando pubblicarle, come fabbricarle eventualmente. Si distribuisce un’informazione in un momento preciso, fra investitori, clienti, fruitori di determinati servizi e così via. 

Il mondo dei blog, dei social, dei siti e testate giornalistiche indipendenti cambia tutto, e lo fa dal basso, in modo radicale e ramificato, creando informazione fondata sulla verità, sulla riflessione e sul pensiero critico. 

Nasce in questo modo un nuovo modello di editoria e giornalismo. Quest’ultimo viene gestito dalle masse e per le masse. 

Sotto la lente d’ingrandimento c’è la realtà locale. Le persone amano leggere notizie che riguardano il loro territorio, ma vogliono anche trovare informazioni che li aiutino nei risparmi e negli investimenti, nel trovare casa o lavoro e cose del genere. 

L’esempio più lampante arriva dal New York Times, che ha inaugurato una sezione real estate, con piccole notizie locali, che riguardano proprio il quartiere East Side New York. Nel quartiere di Bluffton, in South Caroline, un gruppo editoriale distribuisce gratuitamente un giornale e gestisce un sito web che ospita piccoli blog di semplici cittadini, che offrono un’informazione locale a 360 gradi. 

Anche in Italia esistono molti giornali che hanno puntato sul giornalismo partecipativo, permettendo a giovani o aspiranti editori di scrivere e pubblicare articoli, e che ospitano blog di diversa natura, come Agoravox e altri. Altre realtà locali, ad esempio, fanno scuola come il corriere di San Nicola, che oltre a permettere l’invio di articoli da parte di liberi cittadini, rappresenta un modello di giornalismo attivo e partecipativo in quanto motore di iniziative ed eventi della piccola cittadina cui fa riferimento.

Infine, i social news sono siti sui quali, chiunque, dopo aver effettuato una registrazione al portale, può inserire notizie di vario genere. Alcuni sono Fai.informazione, comunicati-stampa ed altri. Inoltre, un cittadino può sempre proporre una notizia ad un giornale, inviare un comunicato stampa, purché si tratti di informazione vera e notizie utili e verificate. 

I mass media tradizionali e la mancanza di pluralismo, di cui evidenti segni esistono ancora oggi, sono alcune delle cause che hanno rafforzato il giornalismo partecipativo. Purtroppo esistono ancora gruppi editoriali legati ai poteri forti e ad alcune parti politiche. I massicci contributi statali che ricevono, i legami a grandi gruppi economici, di cui condividono i valori, in cambio di generose elargizioni sono i fattori che li mantengono ancora in vita. Basti pensare a giornali che pubblicizzano multinazionali di fossili, principali responsabili dell’inquinamento del pianeta. I rappresentati di questi gruppi editoriali vivono delle ospitate in trasmissioni tv (ottima pubblicità per le loro testate giornalistiche) e dei proventi economici dei loro sponsor. 

Una delle definizioni di giornalismo partecipativo o Citizen Journalism è la pratica in cui non professionisti dei media partecipano attivamente alla creazione, raccolta e condivisione di notizie e informazioni con blog, video online, social media e altri canali digitali. 

Manuale del giornalismo partecipativo

La presenza attiva del cittadino sul territorio è il cuore del giornalismo partecipativo. Il processo di creazione inizia dalle strade, o meglio in ogni angolo del quartiere. Gli strumenti per partecipare sono tanti, come il commento alle notizie di altri, ad esempio. Un commento può essere anche un valore aggiunto, un dettaglio che si incorpora nella notizia stessa, una testimonianza. 

Per essere presenti sul territorio e diventare o verificare la fonte della notizia basta munirsi di una telecamera. Oggi, con il cellulare al seguito, tutti possiamo registrare video in qualsiasi momento. I più talentuosi girano con cavalletto, microfoni e luci per ottenere più qualità delle immagini. 

Stuart Allan, Professore di Giornalismo e Comunicazione alla Cardiff University sostiene che una buona parte dei citizen journalist siano citizen witnesses, cioè testimoni che documentano, con videocamera alla mano, i fatti nel momento esatto in cui accadono. Lo strumento che permette di comunicare sono i social e le dirette che è possibile trasmettere attraverso questo canale. 

 

Attenzione ai falsi miti e a chi sfrutta la partecipazione

Non si vive di aria, e chi non è un citizen journalist occasionale, dovrebbe essere sostenuto anche economicamente. In realtà, anche questa forma di giornalismo, che parte dal basso, trova in molti editori dei veri sfruttatori, in nome della partecipazione. Molti mass media tradizionali, andando oltre ogni etica si fondano sul lavoro gratuito di aspiranti reporter. Ecco, che il profitto torna al centro della questione. 

Anche se un’attività viene svolta con passione, partecipando, va anche detto che deve essere remunerata. Il giornalista partecipativo ha un valore, come anche i suoi contenuti, e questo plus deve essere, innanzitutto riconosciuto.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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