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Giorgio Albertazzi: ricordo di un grande della scena a Crotone

Giorgio Albertazzi venne molte volte a Crotone, già prima del duemila, quando ancora la stagione teatrale era una consuetudine acquisita e quando la città aderiva a un circuito regionale per la programmazione teatrale che aveva sede a Cosenza. Un quarto di secolo addietro recitò al teatro Apollo alcuni monologhi tra i quali “Il tabacco fa male” di Anton Cechov.

Fu ben accolto, il teatro gremito, nonostante in quegli anni di lui era in auge la polemica per essere stato un fucilatore di partigiani; erano gli anni in cui la Rizzoli pubblicava il suo libro autobiografico “Un perdente di successo”. Ovviamente neppure quel libro si rivelò come un successo editoriale che suggerisse lontanamente quando grande era la fama di attore e maestro del teatro di colui che lo scrisse. C’era stata una sorta di epurazione di Giorgio Albertazzi, proprio per quell’indotto anteporre il suo passato di italiano che aveva partecipato all’ultima guerra alla sua figura di protagonista indiscusso e assoluto delle scene. Perse molte volte Albertazzi sotto il profilo della gestione imprenditoriale della sua carriera artistica e ne usci letteralmente a pezzi dopo il tracollo della impresa teatrale, la “Giga S.r.l.” da lui fondata. Ma nel 2002 divenne direttore del Teatro di Roma riuscendo gradualmente, nel corso dei suoi cinque anni di permanenza in quell’ente, a risalire la china e far fronte ai debiti prodotti dall’avventura imprenditoriale. Riuscì a lasciare pure il monolocale a pianterreno che aveva affittato ai Parioli, con le pareti tappezzate dalle locandine dei suoi spettacoli più famosi, come “Memorie di Adriano” o “Re Lear”.

In quegli anni manteneva costantemente i contatti con la sua Toscana e con una donna, Pia De’ Tolomei, più giovane di una quarantina di anni e che nel 2006 diventò sua moglie. Per dirla tutta, Giorgio Albertazzi si trovò a un certo punto della sua vita a dover ricominciare tutto da capo, riuscendovi pienamente. Ma non poteva essere diversamente per uno come lui, per uno che, già avanti negli anni, cominciava a apprezzare il valore delle piccole cose e che, pur sicuramente soffrendoci, seppe tenersi lontano dai progetti ambiziosi. La più ambiziosa era dunque l’idea di riportare “Re Lear” a teatro con un grandioso allestimento e una prestigiosa regia. Di questo progetto se ne parlò qui a Crotone, nell’estate del 2000, durante la sua tournée con il “Mercante di Venezia” che lo vide recitare a Santa Severina e Cirò Marina accanto a Lucrezia Lante della Rovere. Era aperto il maestro a ogni ipotesi, ed era attento a qualunque idea avesse un senso, ma il capolavoro di Shakespeare forse lo turbava nella sua essenza drammaturgica e per quella assoluta corrispondenza di ruolo tra il vecchio re dalla chioma canuta e l’uomo, unico attore in Italia, in grado di rievocarne in maniera credibile la struggente vicenda umana.

Aveva una grande simpatia Giorgio Albertazzi per Crotone; l’approccio con il suo nuovo e giovanissimo produttore gli aveva restituito fiducia e entusiasmo e mai avrebbe voluto creare delle difficoltà a colui il quale s’era accollato oneri e onori della sua prosecuzione di carriera. Quindi, tra il duemila e il duemilauno, a ridosso e sulla traccia di un irripetibile ciclo di stagioni teatrali e di spettacolo, inaugurate nel 1996, nacque a Crotone una sorta di “start-up” artistica di cui, per via dei comuni rapporti con il produttore, facevano parte Pier Francesco Pingitore e Oreste Lionello. Non fu quel grandioso allestimento del “Re Lear” accarezzato come un sogno, ma a Crotone con Giorgio Albertazzi fu concepita una straordinaria “Lectura Dantis” su CD, che ebbe gestazione a Palermo (dove l’attore registrò i brani) e nascita a Roma dove fu poi prodotta e messa in distribuzione. Nove anni dopo, cioè nel 2009, Rai due registrò e mise in onda “La divina commedia” recitata da Giorgio Albertazzi tra le rovine del centro storico dell’Aquila. Dunque a 92 anni se n’è andato l’ultimo grande maestro del teatro italiano che anche qui a Crotone ha lasciato di se una traccia indelebile.

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