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Gioco d’azzardo: gli italiani ogni anno si "giocano" uno stipendio

Secondo i dati forniti dal libro blu dell’agenzia delle dogane e dei monopoli, in media, gli italiani spendono in un anno 1.431 euro, tra slot, scommesse, lotterie e gratta e vinci.

Nel 2014 complessivamente la spesa nei giochi è stata pari a 84,4 miliardi di euro (243 milioni in meno rispetto al 2013). E l’erario ha incassato 7,9 miliardi.

Sembra quindi finito il boom del gioco d’azzardo, che nel 2012 aveva raggiunto il massimo degli incassi con 88,5 miliardi di euro.

La situazione appare ora stabilizzata, anche se continua a rappresentare un costo non indifferente per migliaia di famiglie.

È in calo anche il numero delle slot machine, passate dalle 410.688 del 2013 alle 377.471 del 2014. Le vlt (videolottery) invece sono pressoché le stesse: 50.654.

L’Abruzzo, con circa 1.450 euro a testa giocati, è la regione in cui si spende di più, seguita dalla Lombardia con 1.427 euro, da Lazio (1.391 euro) e Emilia Romagna (1.371).

Le più virtuose, Basilicata con 807 euro a testa e Sicilia con 765 euro.

Gli italiani continuano a preferire il gioco nelle sale gioco o scommesse che quello su internet.

Nel 2014, nel primo caso la spesa è stata pari a 70,1 miliardi di euro contro i 14,3 miliardi dell’on line.

E’ certo positivo che via sia una tendenza alla diminuzione o meglio alla stabilità di quanto gli italiani spendono nei giochi.

E’ comunque una spesa troppo elevata, che deve diminuire considerevolmente.

Sono note infatti le conseguenze negative che possono essere esercitate sui giocatori, soprattutto se diventano “dipendenti” dal gioco d’azzardo.

L’incasso che va allo Stato è molto consistente, circa 8 miliardi.

Ma non per questo lo Stato non deve impegnarsi perché il ricorso al gioco d’azzardo si riduca notevolmente. Lo Stato deve individuare altre fonti di finanziamento, che non producano effetti, anche molto negativi, ai cittadini.

Sembra ovvio quanto ho appena scritto, ma esaminando le cifre citate si può legittimamente sostenere che non lo è affatto.

 

Foto: Jeff Kubina/flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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