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 Home page > Attualità > Cultura > Gianroberto Casaleggio, un ricordo

Gianroberto Casaleggio, un ricordo

L’ultima volta che ho visto Gianroberto è stata il 14 marzo scorso e, devo dire, che non mi aveva fatto una buona impressione: tutto lasciava capire che ci fosse stata una ripresa del male che lo aveva colpito circa 2 anni fa. Per delicatezza non gli chiesi nulla, ma lui stesso fece cenno alla ripresa del trattamento clinico che lo buttava giù. Tuttavia, non sembrava che potesse esserci un crollo imminente. Ci eravamo lasciati con una serie di progetti comuni da realizzare.

Voleva riprendere le iniziative di formazione on line che avevamo sperimentato sulla questione delle leggi elettorali e mi chiedeva la disponibilità che, ovviamente, c’era, parlammo del mio libro sull’Isis (per il quale poi mi fece registrare l’intervento comparso alcuni giorni fa sul sito), parlammo della necessità di avviare sin da ora la formazione del programma per le politiche ed io insistetti molto sul punto della politica estera troppo trascurato dal M5s, e parlammo di un comitato M5s per il No alle riforme istituzionali. Appunto: non prevedevamo un crollo imminente o, forse, ci eravamo illusi entrambi che ci fosse ancora diverso tempo davanti.

Più dell’aspetto politico, ora mi addolora la scomparsa dell’amico, perché di Roberto ero diventato amico quasi subito dopo che ci eravamo conosciuti, nel gennaio 2014. Abbiamo avuto una frequentazione breve, ma abbastanza intensa. Mi divertiva provocarlo, punzecchiarlo, perché gli dicevo che dava il meglio di se quando si incazzava. Lui era un utopista, un sognatore, io sono sempre stato un realista e, quando gli smontavo qualche “visione” la cosa lo faceva arrabbiare molto seriamente. E forse fu per questo che un anno fa non riuscimmo a mettere insieme il libro-discussione sulla democrazia diretta che avremmo dovuto fare con Massimo Fini: proprio non riuscivamo a capirci fra il suo utopismo ed il mio realismo.
Qualche volta spariva per due o tre mesi, proprio perché irritato, ma poi gli passava regolarmente, perché credo che mi abbia sempre sentito come amico, pur nella profonda diversità di idee. Lui era un manager ma anche un gran sognatore, che immaginava di rendere la società migliore magari con soluzioni molto semplici. In questo aveva una sensibilità infantile per cui lo prendevo in giro.

In verità, era una persona molto diversa da quella che sembrava: vestito di scuro, sempre serissimo, una espressione triste con al massimo con un filo di sorriso. A volte gli dicevo: “Ma perché ti coltivi quell’aria da Lord Fenner di guerre stellari? Lo fai per spaventare quello di Equitalia e pagare meno tasse?” Ed era la volta che gli strappavo un sorriso meno flebile. Credo di essere stato uno dei pochi autorizzati a prenderlo in giro, perché capiva che lo facevo da amico. Roberto era una persona molto sensibile e timida ed era anche generoso (non si risparmiava per le cose in cui credeva), quel “costume di scena” e quell’espressione severa erano solo una difesa. Ad esempio, l’atteggiamento freddo, persino arrogante rispetto alle critiche (più o meno giuste) che gli facevano e alle polemiche che ne seguivano, era in gran parte simulato perché, in realtà, spesso ne era ferito, anche se, orgoglioso come era, si sarebbe fatto uccidere piuttosto che ammetterlo. E di cose del tutto infondate sul suo conto se ne sono dette parecchie, come la leggenda che fosse miliardario. Avendolo conosciuto, avendone visto la casa e frequentato lo studio posso dire in coscienza che non era affatto miliardario, anche se aveva l’agiatezza di un professionista di livello medio alto. E l’avventura del M5s gli aveva fatto perdere un bel po’ di clienti.

Fra le tante immagini sbagliate c’era quella del manager, moderato, fautore di un neo liberismo sfrenato, filo americano ecc. In realtà Roberto aveva posizioni contraddittorie: ogni tanto assumeva atteggiamenti neo liberisti, ma poi era un accanito accusatore della finanza e dei suoi abusi, passava per filo americano ma ha ispirato tutte le posizioni anti Usa (dalla questione del Ttip, alla questione degli F35, a quella del Muos), era un assertore convintissimo della democrazia diretta. Negava di essere di sinistra, ma le sue posizioni prevalenti lo erano. Soprattutto non era moderato, era estremista sempre e per temperamento: non avrebbe mai sostenuto una qualsiasi tesi con moderazione.
Ed anche contrapporre la sua immagine di manager a quella di politico è errato: in primo luogo perché il fondatore del movimento è stato lui più che Grillo (che infatti l’ha riconosciuto più volte) e, in secondo luogo perché tecnica e politica, nella sua visione erano strettamente collegate. Non ci sarebbe mai stato un M5s se Casaleggio non si fosse occupato di strategie di rete. E, anche se ne aveva una visione forse eccessiva, sarà ricordato come quello che per prima ha capito la rivoluzione politica del web, e così si è guadagnato un posto nei manuali di storia del pensiero politico che si scriveranno fra una ventina di anni.

Certo era il contrario dell’ “intellettuale organico”, anzi era la persona più disorganica che si possa immaginare: ad esempio litigavamo spesso sulle idee di destra e sinistra che lui riteneva superate ed io no. Lui diceva “le idee non sono di sinistra o di destra, sono giuste o sbagliate” ed io, pur riconoscendo che non tutte le idee buone erano di sinistra e non tutte quelle sbagliate di destra, gli rispondevo che “Se metti insieme una buona idea di sinistra ed una buona idea di destra, viene fuori una cosa sbagliata che non funziona”. Ma questa tendenza a scomporre e mescolare tutto, questa disorganicità, poi si traduceva in una fantasia eruttiva che tirava fuori un fiume di idee, molte irrealizzabili, alcune proprio sbagliate ma altre assolutamente geniali e che vedevano molto in là. Lui poi era un iper ottimista che si buttava nelle cose convinto del successo.

Diverse volte gli ho detto che era matto come un cavallo (e sono convinto che lo fosse), ma non gli dicevo il resto che pensavo, cioè che lo stimavo come una persona geniale. Forse avrei dovuto dirglielo.
Ciao Roberto.

Aldo

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