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Gelmini Maristella? La piccina è incompetente, ma...

Fosse solo Maristella ad essere così e fosse solo un problema di questo governo; è tutta la nostra classe politica che, salvo rara eccezioni, è tragicamente impreparata a svolgere il proprio compito.

Non ne faccio una questione di titoli, e neppure di precise conoscenze in questo o quel campo, ma della diffusa mancanza, tra le donne e gli uomini che i partiti destinano a governare il Paese, di una cultura generale sufficiente, perlomeno, a comprendere il nocciolo dei problemi che la politica è chiamata a risolvere.

Non penso affatto che sia necessario, per un ministro, avere una precisa e dettagliata conoscenza del proprio settore; non credo, per intenderci, che il ministro della pubblica istruzione debba per forza essere un insegnante, quello della difesa un militare o quello degli interni un poliziotto.

Esigo, però – e da cittadino, titolare di un sessantamilionesimo della sovranità della Repubblica, posso esigere – che i ministri, cui si suppone spetti solo la direzione politica dei propri dicasteri - quella operativa che dovrebbe appartenere ai burocrati – abbiano una chiara visione delle conseguenze che le loro scelte avranno, nei tempi lunghi che della politica dovrebbero essere propri, sulla società Italiana.

E’ad un altro livello, nell’amministrazione della miriade di aziende pubbliche e partecipate in cui la politica si è infiltrata da almeno un trentennio, che dobbiamo pretendere, da comproprietari quali siamo, che i dirigenti e gli amministratori siano, prima di tutto, tecnicamente competenti.

Per tali realtà la gestione “politica” è poco o nulla rilevante; la spazzatura non è né di destra né di sinistra, per capirci, e raccoglierla non dovrebbe avere a che fare proprio nulla con la politica: si tratta di un problemi tecnico che hai tecnici andrebbero lasciato.

Lo stesso può dirsi della gestione dei trasporti urbani e delle mense scolastiche, per non parlare di sanità ed ospedali e di tutti quei settori in cui i partiti si sono intrufolati; delle migliaia di aziende pubbliche nei cui consigli di amministrazione siedono, senza avere la minima competenza per farlo, i sottoprodotti della nostra politica di politicanti: i trombati, i parenti e gli amici.

In periferia, ad ogni modo, le cose erano già così con la Prima Repubblica; è al centro, proprio guardando ai ministri, che siamo riusciti a peggiorare la nostra situazione.

Un ministro della Prima Repubblica, per poco che sapesse di scuola o di trasporti, era comunque un uomo di un certo spessore che, per arrivare al Governo, aveva dovuto emergere in quelle vasche di squali che erano i partiti di allora. Aveva cominciato la propria carriera politica, per solito, da giovane e aveva fatto tutta la trafila, l’arrampicata, fino al cadreghino di ministro, superando la concorrenza di tanti suoi simili. Non erano competenti, magari, i ministri della Prima Repubblica, molti di loro non erano neppure onesti, ma esisteva un meccanismo per la loro selezione, per sbagliato che fosse, che garantiva, perlomeno, che non fossero degli idioti.

Con la vecchia legge elettorale i partiti riuscivano già a far eleggere in parlamento qualche trota, ma queste lì restavano, a schiacciare bottoni a comando, senza andare oltre.

La nuova legge elettorale ha trasformato la Camera ed il Senato in due grandi vivai dove le trote abbondano e ha dato ai capi-partito, in particolare a Silvio Berlusconi che del PdL è il proprietario, un potere pressoché assoluto.

I ministri del PdL – Gelmini? Pessima, ma Brambilla, al Turismo, è forse peggio di lei – non diversamente dei parlamentari dello stesso partito, devono solo a Silvio Berlusconi la propria fortuna politica, sono sue creature, e non hanno il minimo potere reale. Sanno di essere lì solo perché hanno compiaciuto il Capo e che resteranno lì solo fino a quando lo continueranno a compiacere.

Via Berlusconi, ed è questione di poco, le cose non miglioreranno automaticamente.

Se la legge elettorale resterà quella di oggi, e soprattutto se continueremo a lasciare i partiti nelle mani dei soliti noti, la qualità di tanti nostri ministri resterà pessima: i loro nomi non saranno più scelti dal capriccio di Silvio I da Arcore, ma risulteranno, in ogni caso, essere i frutti dell’accordo tra il resto dei dittatorelli, di fatto suoi complici, che ci hanno espropriato della nostra democrazia: qualcosa di meglio di quel che è ora, certo, ma nulla di troppo buono.

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