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Francia: sì ai matrimoni gay. Égalité per tutti

L’Assemblea nazionale francese ha approvato, in prima lettura, la legge sul matrimonio gay. 329 i favorevoli, 229 i contrari: il testo passa ora al Senato, che lo esaminerà all’inizio di aprile. Il socialista François Hollande aveva inserito la proposta nel suo programma elettorale, e qualche mese dopo sta mantenenendo la promessa. La discussione parlamentare è stata breve: solo qualche giorno.

E dire che in Francia, dal 1999, hanno già i Pacs. Ma una Repubblica che si fonda sui valori dela Rivoluzione Francese, quella che trasformò i sudditi in cittadini, non può dimenticare l’égalité. E il matrimonio per tutti è una questione di eguaglianza, oltre che di laicità dello Stato. Tra parentesi, Hollande ha reagito in maniera adeguata al suo ruolo anche alla notizia delle dimissioni del papa: “Non ho commenti particolari su tale questione, che è eminentemente rispettabile e che porterà alla scelta di un nuovo papa. La Repubblica saluta il papa che prende questa decisione ma non è necessario fare un ulteriore commento su ciò che appartiene in primo luogo alla Chiesa: è una decisione umana e una decisione relativa a un desiderio che deve essere rispettato”.

Visto da Roma, dove in questi giorni la papolatria impazza, sembra proprio un altro mondo. Se si pensa però che nel Regno Unito il riconoscimento della Camera dei Comuni è arrivato ancor più velocemente, con un’adesione ancor più massiccia, e su proposta del premier conservatore, ci si rende conto che è l’Italia, a costituire un altro mondo.

Unico paese dell’Europea occidentale a non riconoscere diritti alle coppie di fatto, e unico parlamento dell’Europa occidentale in cui il sostegno ai matrimoni gay è limitato a una decina di deputati (la cui rielezione è peraltro anche a rischio, anche se probabilmente vi saranno nuovi arrivi). Emblematiche, da questo punto di vista, le recenti dichiarazioni di Pier Ferdinando Casini: l’Europa va bene se ci impone diktat economici, se invece procede sulla strada dei diritti umani, ecco allora che scatta l’allusione al favoreggiamento della pedofilia.

Il candidato premier più accreditato sta facendo campagna per “un’Italia Giusta”: ma quanto è giusto un paese che discrimina in base all’orientamento sessuale? E che lo fa solo perché i suoi politici devono pavlovianamente muoversi in allineamento alle gerarchie ecclesiastiche?

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