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Federico del Prete: nove anni dopo

Nove anni dopo si ricorda per non perdere la memoria. Quando lessi la notizia dell’uccisione di un sindacalista rimasi colpito dal silenzio. Nessuno ne parlava. Anzi no, solo pochi, quelli che sono qui anche oggi. Volevo capirci qualcosa di più, e questo mi portò ad incontrare Vincenzo, il fratello. A Mondragone. Ricordo le sue parole: “Sono sempre venuto in vacanza qua, perché non dovrei tornarci?”. Era un caldo giorno d’estate. E dal primo incontro, grazie ai Del Prete, cominciai a capire qualcosa di camorra e soprattutto di normale eroismo quotidiano. Erano tempi duri e bui. Si sparava quasi ogni giorno. I morti affollavano le strade, ma nessuno sembrava scandalizzarsi più di tanto. “Voglio capire perché è morto mio fratello, voglio sapere chi lo ha ucciso, voglio sapere la verità”.

Queste parole di Vincenzo mi sono rimaste impresse nella mente. Semplici, dirette, chiare. Comprendere la verità. Nove anni dopo come siamo messi? Ormai si è detto tanto, scritto tanto, abbiamo creato martiri e santi della lotta alla camorra, e ormai sta tornando il silenzio. Un silenzio terribile. Uomini di potere che hanno tentato la scalata ai poteri nazionali, vengono confinati di nuovo nelle nostre terre, tanto non contiamo molto per chi comanda davvero. Rimandiamoli a casa loro quelli marci, è un problema loro. Si è messo su uno spettacolo di lotta alla camorra, più nella forma che nella sostanza.

Cosa è cambiato realmente? Si discute molto, e si ricorda poco. Federico Del Prete cambiava la realtà ogni giorno. Azioni concrete, pratiche, di ribellione, di dignità, di riscatto. E aveva scoperto due grandi verità: basta denunciare, lottare che qualcosa può cambiare. Ma anche la viltà di tanti che hanno subito voltato le spalle al suo coraggio appena dopo l’omicidio. E come sempre accade nelle nostre terre, lo hanno capito soltanto da morto. Federico oggi forse sarebbe felice, ma anche preoccupato. Molto si è fatto, una grande luce si è accesa sulle nostre terre. Ma le azioni più significative sono sempre fatte in silenzio, mentre il potere politico è ancora ancorato nelle mani di chi gioca sulle pelle dei cittadini. Quei cittadini che non sempre si ribellano, che alzano la testa e incitano al cambiamento.

C’è bisogno di speranza, indubbiamente, ma come Federico, è difficile accettare le mezze verità. Siamo messi male, molto. Tra monnezza e amministratori corrotti, le nostre terre si svuotano per la piaga della disoccupazione, e sembra che nulla cambi mai per davvero.

Colletti bianchi e inamidati parlano e declamano, ma poi le strade sono sempre piene di buche, e l’aria diventa irrespirabile. La prepotenza piuttosto che con le armi, si esercita con un’economia succube di interessi e corruzione. Eppure è la terra nostra. Un territorio meraviglioso, per davvero. Quando Vincenzo mi raccontava di Federico, lo immaginavo andare dovunque nelle province di Caserta e Napoli, instancabile, tenace, molte volte solitario. L’idea di dignità che lo animava non conosceva tregua. Sembra quasi un mistero questa forza. Eppure quando ho avuto la fortuna di conoscerla da vicino, era la forza di un uomo onesto che lavorava duramente. I mercati, ogni giorno, la mattina presto, per finire la sera. Difendere il proprio lavoro, la propria dignità. Dignità, una parola forte, anche dopo nove anni. Non credo che Federico volesse fare l’eroe, anzi penso che l’idea non gli piaceva proprio. Non avrebbe mai accettato di celebrarsi come un martire: lottava per la sua dignità, per la dignità del lavoro, dei suoi colleghi dei mercati. Federico è morto perché ha denunciato. Un’azione così semplice eppure così impensabile nove anni fa. Denunciare un vigile urbano corrotto. Essere dalla parte dello Stato. Non avere paura. Facile scriverlo, difficile metterlo in pratica. La vita è un quotidiano lottare perché la prepotenza non prevalga. Devo molto a Federico e al fratello Vincenzo. Hanno lottato entrambi senza mai abbassare la testa. Federico per la dignità e Vincenzo per la verità, senza mai arretrare di un passo. E questo, oggi più che mai è necessario per le nostre terre. Sta tornando un periodo di silenzio e dimenticanza, ormai stiamo passando di moda, ed è proprio in questi momenti che c’è bisogno di ricordare chi ha segnato un percorso, continuarlo, e portarlo a conclusione. Ultimo pensiero, quasi ironico, apro il giornale e dall’inizio di quest’anno sono proibite le buste di plastica per un ambiente più pulito. La stessa battaglia la faceva Federico, anni fa, ma per un ambiente pulito dalla camorra.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.117) 19 febbraio 2011 13:05

    Caro Sergio ottimo articolo, come sempre. Ho notato che ultimamente fai spesso riferimento al rischio che la lotta contro le mafie venga rappresentata nell’antimafia da salotto, o nella rappresentazione spettacolare di un contrasto alle mafie che offusca chi lotta veramente contro le mafie.

    Vorrei sapere però, da te, chi sarebbe l’antimafia vincente. Non penserai veramente che l’antimafia si sconfigge solo facendo qualche centinaio di vasetti di mulignane ’mbuttunate?

    Ciao

    • Di (---.---.---.79) 19 febbraio 2011 14:43

      grazie sergio per il suo articolo. ieri mi è diapiaciuto non poterla conoscere di persona, so che ci saranno altre occasioni. cio che la gente non vuole capire, è che ha un grande potere nelle mani, e non se ne rende conto. il potere di attuare quelle rivoluzioni che sconvolgono anche i piu potenti stati dittatoriali, un esempio ne è la recente rivolta in egitto, mio padre aveva fatto cio... rivoluzionato il modo di fare lotta alla camorra, ha impresso,nel cuore e nelle menti dellagente cuomune il profumo di liberta.ma come rammentato in diversi articoli, mi rammarica incontrare persone che sappiano i nomi di grandi boss e non conoscano i nomi di coloro che hanno lottato per difendere la liberta in un paese che libero non è. uana democrazia straziata dalla violneza e corruzione politico-criminale. lo stato èp malato, ma esasite una parte di stato che ancora non lo è. quella parte di stato siamo noi cittadini comuni, che attraverso il nostro agire dobbiamo contribuire a migliorare questo stato malato. a volte penso ad uomini che hanno lascito una propria orma nella storia, e penso che niente e nuovo.orbene il futuro ha i cuore antico, e se intrapendessimo le strade intraprese gia da altri uomini, uomini come don diana, falcone, borsellino, mio padre non sbaglieremo direzione.
      concludo dicendo, non c e prigioniero peggiore di colui che si sente libero quando in realta non lo è.

  • Di (---.---.---.31) 19 febbraio 2011 21:36

    grazie per il tuo commento. Certo sarebbe interessante conoscere la filiera di produzione di una melenzana libera da pressioni criminali. Sarebbe interessante conoscere chi lavora, in quali beni confiscati, qual è la storia di questa melenzana e di come dalla terra arriva in un barattolo. Invece ci sono tante chiacchiere in salotti televisivi che se anche fanno milioni di spettatori, non fanno una melenzana vera e meno che meno un uomo come Federico Del Prete. Non è questione di antimafia vincente ma di territori abbandonati e che continuano a morire, nonostante le grandi dichiarazioni. preferisco la gente che lavora e difende la propria dignità e lotta senza fare scacchiera d’interessi con il dolore dei morti. io sto con la melenzana.

  • Di (---.---.---.31) 19 febbraio 2011 21:42

    scusate ho dimenticato di firmarmi. e aggiungo un grazie al figlio di Federico del Prete per il suo intervento. mi auguro che ci si riveda presto, ahimè è vero si ricordano i boss e non i cittadini morti per difendere la dignità. qualcosa di sbagliato ci sta proprio!
    sergio nazzaro

  • Di (---.---.---.226) 20 febbraio 2011 11:57

    Caro Sergio, anche io sto con la melanzana. Ma da sola, la melanzana, non basta. Soprattutto in tempo di crisi. E condivido quello che dici sulla "scacchiera d’interessi" sul dolore dei morti di mafia, sull’antimafia, e sui salotti televisivi.
    In verità quell’antimafia, nei territori di mafia, ci arriva poco. Un grande teorico sulle mafie può nascere a Bolzano oppure ad Asti. Ma non basta che abbia una robusta teoria per essere credibile. Chi vive in terra di mafia lo sa che quella persona non sa cosa significhi l’insicurezza del vivere quotidiano. Quegli antimafiosi da salotto, quasi tutti, non la conoscono la carezza della morte. Ed è questa la differenza. Perciò negli anni passati c’è stata la gara alla scorta. Per restituire un significato alle parole. Ma ora è tempo di fare l’antimafia delle persone "normali".

    Ciao

  • Di (---.---.---.144) 20 febbraio 2011 18:50

    Allora siamo in due a stare con le melenzane. E condivido in pieno quello che hai scritto. 


    Sergio Nazzaro 


  • Di (---.---.---.131) 21 febbraio 2011 17:18

     vi scrivo in merito ultime notizie sul mio conto,e mio
    padre federico del prete. mi rivolgo a tutta la cittadinanza campana.
    scrivo in merito alla vicenda del giorno 18 febbraio 2011, in una scuola
    di mondragone. premetto che non era mia intenzione ledere l’operato
    buono che se pur pochi stanno facendo per la società e il
    territorio casertano. puntualizzo usando un partitivo, ovvero c’è ancora una gran parte della societa civile che differisce dalla societa buona , e che sottovaluta le problematiche inereti al nostro territorio e come evidenziato da me ricorda solo i nomi di alcuni boss di altro profilo criminale, e dimentica le vittime innocenti, che hanno contribuito a migliorare questo stato che guarda da tutt’altra parte. ecco preciso che esiste una parte di stato che è malata ma esiste anche una parte di stato che ancora non lo è, e quella parte siamo noi cittadini che attraverso
    il nostro agire dobbiamo contribuire al rispetto dei principi e al senso
    dello stato. come dott. assistente sociale il mio dovere è quello di
    educare i giovani alla legalita, insegnare loro un mondo nuovo, altro
    dovere spetta alle forze dell’ordine e alla magistratura. non intendo
    fara politica, ne il p.m, ma semplicemente il buon cittadino. aiuto i
    familiari delle vittime innocenti nel loro lungo iter verso l’affermazione dei loro diritti e per me cio è tantissimo, anche al fine di evitare che
    queste persone gia ferite dallal vita subiscano un’ulteriore danno
    psciologico e senso di abbandono. ripeto noi dobbiamo semplicemnte fare
    il nostro dovere e impegnarci al fine di migliorare lo stato di cose.
    non intendo assolutamente accusare nessuno ma semplicemente evidenziare che quel giorno mi sarei aspettato una risonanza migliore e una partecipazione piu attiva da parte di tutto l’isituto. orbene a tal
    propostio se ho leso l’altrui sensibilita chiedo scusa e invito i
    docenti semplicemente a fare di piu e a parlare di un fenomeno
    tutt’altro da sottovalutare.

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