Federalismo: chi ci guadagna e chi ci perde?
Dopo l’approvazione a colpi di maggioranza, sia alla Camera che al Senato, del decreto sul federalismo municipale e il successivo varo del Consiglio dei ministri, l’Italia ha un nuovo assetto fiscale. Un provvedimento che la Lega ha imposto come conditio sine qua non per continuare l’esperienza di governo.
La notizia, purtroppo, è stata trattata dall’informazione dando spazio alla solita bagarre politica e senza spiegare bene il merito del provvedimento.
Il federalismo, si sa, è il cavallo di battaglia del Carroccio che nel corso degli anni ha attenuato, fino a rimpiazzarle del tutto, le ambizioni secessioniste degli esordi. È il principale obiettivo politico attraverso il quale gli uomini di Bossi intendono trattenere nei territori le risorse derivanti dal pagamento di tasse e imposte, che nelle aree più sviluppate del Paese raggiungono un valore superiore rispetto a quelle più povere. Un argomento di propaganda formidabile in linea con le storiche accuse che la Lega muove a Roma ladrona e al Mezzogiorno.
Se fino ad oggi il prelievo fiscale era centralizzato e gli enti locali ricevevano i trasferimenti dallo Stato sulla base della loro spesa storica, adesso ogni comune è dotato di una propria autonomia fiscale. Questo vuol dire che una percentuale di tasse e imposte pagate nel territorio andrà direttamente ai comuni, i quali con tali risorse dovranno provvedere a far funzionare la macchina amministrativa e ad assicurare beni e servizi pubblici ai cittadini. È evidente che le città più ricche potranno contare su un gettito maggiore rispetto a quelle più povere. Proprio per questo motivo il legislatore ha istituito una compartecipazione statale che per tutta la fase transitoria 2011/2013, ovvero fino a quando la riforma non andrà a regime nel 2014, bilancerà le perdite. Anche il meccanismo della compartecipazione segue lo stesso criterio territoriale, per cui saranno sempre i comuni più ricchi ad avere la meglio.
Secondo una proiezione realizzata dalla Cgia di Mestre su alcuni comuni capoluogo a guadagnarci saranno quelli del Nord. Milano, ad esempio, in termini pro-capite otterrà 211 euro in più, Monza 201, Parma 144. Drammatica la situazione al Sud. Napoli perderà 327 euro pro capite, Cosenza 269, Taranto 215 e così via.
In definitiva, a parte pochi facoltosi privilegiati, i cittadini si troveranno a pagare più tasse, sia allo Stato che al comune, per avere gli stessi servizi.
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