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L’Italia stretta nella morsa della violenza

Il barbaro omicidio a Roma di un uomo cinese e della sua piccola bambina di appena 6 mesi che ha sconvolto l’Italia non può essere derubricato semplicemente come il gesto di un folle o il maldestro tentativo di rapina finito in tragedia ad opera di qualche drogato.

No, non è questo o almeno non può essere solo questo. Le nostre città non sono le grandi metropoli dove è difficile, se non impossibile, tenere sotto controllo la criminalità. L’Italia ha sempre avuto a che fare con altre forme di criminalità: le mafie.

Da un po’ di tempo a questa parte, però, il nostro Paese è stretto nella morsa della violenza. Nell’ultimo anno a Roma si conta quasi un assassinio alla settimana, tanto che la Capitale è diventata una delle città più insicure. Equitalia, l’Ente pubblico di riscossione dei crediti dello Stato, è stato oggetto di attentati esplosivi. E poi una sfilza di fatti di razzismo e intolleranza, ultimo dei quali l’incendio del campo rom di Torino.

Sullo sfondo uno scenario socioeconomico drammatico, alimentato dalla crisi. La gente ha paura. Migliaia di persone non sanno come andare avanti e mantenere la famiglia perché hanno perso il lavoro, tante altre sono così sfiduciate che hanno smesso perfino di cercarlo... chiudono le imprese e “futuro” per i giovani è diventata ormai una parola vuota. Intanto, in assoluta emergenza, la politica chiede ai soliti noti di fare sacrifici per salvare l’Italia. Così la grande massa di gente comune, che tira a campare con uno stipendio o una pensione, si fa carico del problema, mentre i pochi ricchi che detengono la metà del patrimonio e della ricchezza del Paese contribuiscono in misura ridotta. Scelte che esasperano la situazione e aumentano tensioni e conflitti sociali, di cui possono approfittare sempre più facinorosi e violenti di ogni tipo, nostalgici ideologici della violenza quale strumento di lotta politica.

In questo clima di disperazione e ingiustizia la situazione è sfuggita di mano e la violenza che si annida in alcune frange della società italiana trova spazio. E’ come quando in un corteo o allo stadio una minoranza di teppisti tira fuori le spranghe.

Ecco perché l’escalation criminale che sta segnando il nostro Paese necessita di una lettura più ampia, che non riduca il fatto ad episodio isolato, e di risposte appropriate, che vadano oltre la repressione. C’è bisogno di più equità, interventi per rilanciare l’occupazione, la formazione delle nuove generazioni, per garantire l’assistenza e la solidarietà sociale.

La sicurezza delle città e dei cittadini è strettamente connessa al lavoro, al funzionamento della pubblica amministrazione, alla qualità della vita, tenendo sempre alta la guardia su ogni tentativo che possa teorizzare la violenza quale via di uscita o strumento di risoluzione dei problemi.

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