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 Home page > Tribuna Libera > Fascisti e Gomorra nelle liste. Ma il Pd è ancora un partito?

Fascisti e Gomorra nelle liste. Ma il Pd è ancora un partito?

In Campania De Luca candida uomini di Cosentino e gente di destra con nostalgie fasciste. In Liguria la Paita vince le primarie con i voti di ex Forza Italia.

In “mafia capitale “destra, sinistra e criminalità sono uniti dal filo rosso dell’affare.

Fascisti e “gomorra”, destra e sinistra, tutti insieme appassionatamente nelle liste, nelle alleanze e nella politica del PD.

Forse è il momento di smetterla con le diatribe oziose sul PD nuova DC, sul PD partito forza politica di destra o di sinistra e chiedersi se il Partito Democratico sia ancora un partito.

Che cosa identifica un partito, che cosa ci fa dire che una forza politica è un partito: le sue idee, la sua storia, il suo programma o la sua leadership?

Quale è la sua funzione, la capacità di fare voti, di procurarsi finanziamenti, di fare affari o di dare risposte ai problemi della gente? 

Un tempo i partiti queste risposte le davano, giuste o sbagliate ma le davano, certo con l'aiuto delle ideologie, che erano la loro bussola, il faro per le loro decisioni e i loro programmi.

Ma le ideologie richiedono fede in un'idea, ragionamenti, dialettica condivisione, cose troppo lunghe e complesse per una società mediatica che si esprime con slogan, 140 caratteri, un viso e un linguaggio accattivante, che buca il video.

Il fatto è che dove non c'è ideologia, dove non c"è fede, ragionamento, dialettica, condivisione, c'e leadership e superficialità di pensiero, che trova nei media di oggi il migliore veicolo. E cosi i partiti diventano i partiti del capo, i loro programmi i programmi del capo e questi programmi annunci, tweet e slogan. 

I partiti diventano fabbriche di consenso e in alcune, troppe volte, strumenti di finanziamento e di affari, che si fanno con chiunque, anche con chi è in odore di mafia, anche se colpiscono i più poveri e i più deboli.

Sono la leadership, il consenso e qualche volta gli affari i fattori che definiscono natura e funzione delle forze politiche di oggi e ne condizionano candidature, priorità, decisioni e programmi.

Ma sono partiti o aggregati di interessi? Sono più vicini ad un'azienda o ad un soggetto politico? Che differenza c’è tra un produttore di tondini e un produttore di voti?

Il profitto? Oggi forse ancora sì, domani chissà.

Il PD, che è il partito di Renzi, è parte integrante di questa realtà. Del resto, basta guardare a ciò che ha fatto questo partito per i voti degli elettori e altri partiti per qualche finanziamento elettorale.

Il PD ha fatto le larghe intese, per avere i voti di Forza Italia contro la sinistra PD, ha dato gli 80 euro, per avere i voti della gente nelle elezioni europee e ha candidato Mattarella per i voti della sinistra PD contro Forza Italia.

Le liste regionali sono un miscuglio di gente di destra e di sinistra, onesti e delinquenti, ma tutti portatori di messe di voti.

Il PD ha salvaguardato interessi lobbistici, ha difeso i farmacisti mentre il ruolo suo nell'impedire di tassare il gioco d'azzardo è noto.

Se sì collega “mafia capitale” con le candidature della Campania, appaiono evidenti il carattere strutturale e non occasionale della politica affaristica e il nesso che lega questa politica con quella del finanziamento e del consenso.

E allora non è questione di identikit, di partito, di destra o di sinistra.

Non basta chiamarsi partito, per essere partito, se il PD non è più fabbrica di soluzioni e di risposte ai problemi della gente. Se il PD è un fritto misto di di soggetti, di idee e programmi, in cui è impossibile individuare un filo conduttore di idee e valori. Se il PD è una struttura leaderistica, con funzioni di ricerca e conquista del consenso, del finanziamento, degli affari.

Questo PD non è un partito, è un aggregato d’interessi.

Foto: www.partitodemocratico.it

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