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Fare business con il clima

Cambiamento climatico, solo una disgrazia? Pare di no, almeno stando al rapporto «Investing in Climate Change 2009», realizzato da DB Advisor, centro studi del gruppo Deutsche Bank.

Il fatto è che l’attuale crisi ambientale mobilita risorse economiche su tutto il pianeta, pronte a essere intercettate dai più sensibili, innovativi e svelti tra gli imprenditori.

Il dibattito sul cambiamento climatico sta infatti gradualmente passando dal tema dei rischi e dei costi a quello delle opportunità, nel segno di una “Rivoluzione Industriale a basse emissioni di Co2“.

In questo quadro, il rapporto sottolinea gli sforzi che la Cina sta compiendo.
Oltre alle misure del passato - tassazione delle auto più inquinanti, imposizione di standard energetici più efficienti agli edifici governativi, stop ai progetti energeticamente non conformi in 10 province (progetto pilota da estendere a tutto il territorio nazionale) - si ricorda che il pacchetto di leggi previsto per il 2009 prevede:

  • Obiettivi per creare una “economia del riciclo“, riducendo il consumo e raddoppiando la quota di energia rinnovabile;
  • ridurre l’inquinamento al 10% dei livelli del 2005 entro il 2010;
  • monitorare l’impatto ambientale delle industrie a produzione intensiva di Co2.

Si sottolinea inoltre la scelta di favorire con agevolazioni fiscali le tecnologie che mirano all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili.

Cina, prossima frontiera del “business verde“? Probabilmente sì. Ma a livello globale, quanti soldi ci sono in ballo e in cosa è meglio investire? Secondo il rapporto, nel solo settore delle energie alternative si va cucinando una torta da 45 mila miliardi di dollari tra oggi e il 2050.

Il mercato del solare crescerà dagli attuali 33 miliardi di dollari ai 100 del 2013. Quello dell’immagazzinamento di energia - dalle batterie ai superconduttori - passerà da 41 miliardi a 64.


E i ricavi dei prodotti a base di nanotecnologie - che li rendono più efficienti e amici dell’ambiente - dovrebbero crescere, secondo le previsioni, da 238 miliardi di dollari ai 3.100 del 2015.
D’altra parte, ci si attende che gli investimenti globali in tecnologie pulite raggiungano i 450 miliardi entro il 2012 e i 600 entro il 2020.

In definitiva, ecco i settori indicati come proficui.
Energia pulita: produzione (si pensi a solare, eolico, geotermico, etc), infrastrutture, immagazzinamento, trasporti e biocarburanti;
Gestione delle risorse ambientali: acqua (preservazione, purificazione e distribuzione), agricoltura, gestione dei rifiuti;
Efficienza energetica e dei materiali: materiali innovativi, efficienza nelle costruzioni (per esempio forme meno energivore di condizionamento dell’aria e nuove tecnologie di costruzione), efficienza nella distribuzione di energia;
Servizi ambientali: protezione dell’ambiente, servizi di business (microfinanza, consulenze tecniche, assicurazioni, crediti derivati dallo scambio dei limiti di emissioni).

I soldi per il decollo della “nuova economia”, in un primo momento dovrebbero arrivare dai governi. Ma - avverte il rapporto - in un periodo di crisi finanziaria globale, con molte economie sull’orlo della recessione e dopo che sono stati utilizzati migliaia di miliardi di dollari per finanziare piani di salvataggio, è difficile ipotizzare che i governi siano disposti ad investire risorse per fronteggiare il problema del clima. Gli stessi governi, però, possono compiere un primo, significativo passo imponendo una tassa globale sull’utilizzo del carbone come fonte di energia, al fine «guidarne il prezzo» e liberare la strada alle energie rinnovabili.

In seguito, secondo le previsioni del rapporto, la quota “statale” verrà gradualmente sostituita dal mercato, con una forte componente di venture capital e private equity.

Il rapporto: Investing in Climate Change 2009

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