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Expo 2015, i lavoratori: “Siamo come gli schiavi nell’antico Egitto”

Ripubblichiamo da Nuova Società una video intervista ad alcuni lavoratori dei cantieri Expo.

«Non abbiamo neanche l’acqua potabile, la corrente elettrica è arrivata solo da poche settimane. Prima, solo generatori diesel. Altro che nutrire il pianeta». Dopo le 12 ore di lavoro al giorno, gli operai del cantiere Expo vengono sempre qui a fare cena, al Twins Bar di Baranzate, un comune limitrofo al sito espositivo di Rho.

Sono seduti fuori dal locale, con l’abbigliamento da lavoro ancora addosso. I loro volti esprimono stanchezza e demotivazione. Come biasimarli d’altronde. «La sicurezza in un cantiere così non sarà mai rispettata. Siamo in Italia nel 2015, ma ci sentiamo come gli schiavi delle piramidi nell’antico Egitto».

La rabbia degli operai
Frustrazione e incredulità. Sono questi i sentimenti che li accompagnano ogni mattina, all’alba, quando varcano il cancello del cantiere, in coda per il controllo del badge che, come spiegano loro stessi, è facile eludere facendo entrare chi vuole. «Le maestranze italiane sono le migliori. Avevamo l’opportunità di fare qualcosa di veramente fuori dal comune, perché noi le cose le sappiamo fare». Eppure, evidentemente, qualcosa ha fatto sì che ciò non avvenisse. Davanti ai loro occhi, da mattina a sera, si apre un cantiere in cui l’unico protagonista sembra essere il caos. «Il Primo maggio molti lavori non saranno conclusi» ci dice Simone, elettricista. Poi a camera nascosta le dichiarazioni fiume. «Le squadre addette alla sicurezza ci sono e passano a controllarci ma, appena si allontanano, facciamo quello che vogliamo: via il caso, via le imbragature di sicurezza, siamo in Italia, si gabba lo Stato».



Cantiere aperto anche di notte: ma i lavoratori non sono tutti uguali
A 15 giorni dall’apertura al pubblico, un clima tutt’altro che tranquillo quello nei cantieri Expo, in cui si lavora incessantemente giorno e notte. Da chi deve asfaltare l’uscita della tangenziale di Rho Fiera, che permetterà ai visitatori di entrare direttamente sul sito espositivo, a chi appiana la terra, ancora non cementificata, intorno al Cardo e al Decumano.
Anche tra i lavoratori, ci dicono, non c’è uguale trattamento e mansioni. «Ci sono le grosse aziende appaltatrici, come la Mantovani, in cui gli operai lavorano le loro otto ore pattuite, mentre noi delle agenzie interinali spesso dobbiamo aiutarli e lavorare anche dodici, tredici ore al giorno». E se si rifiutano? «C’è la fila là fuori», ride uno di loro.

di Alessandro Borreca e Carolina Lucchesini

Questo articolo è stato pubblicato qui

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