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Eutanasia. A 10 anni dalla morte di Piergiorgio Welby ci vuole una legge. Il testo del Ddl

Il 20 dicembre del 2006 moriva Piergiorgio Welby, affetto da una grave distrofia muscolare, aiutato a morire dal medico anestesista Mario Riccio. Welby si impegnò per il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico e per il diritto all’eutanasia.

E nel settembre del 2006 inviò una lettera aperta all’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiedendo appunto il riconoscimento del diritto all’eutanasia. Napolitano rispose auspicando un confronto politico sulla questione sollevata da Welby.

Mi sembra necessario ricordare che il vicario generale per la diocesi di Roma, Camillo Ruini, impedì che si tenessero i funerali religiosi, richiesti dalla moglie Mina, presso la chiesa in piazza Don Bosco a Roma, nel quartiere Tuscolano.

Nonostante l’auspicio di Napolitano, negli anni successivi un confronto politico sulla legalizzazione dell’eutanasia non c’è stato. In Parlamento non si è nemmeno iniziato a discutere un disegno di legge che consentisse il ricorso all’eutanasia in Italia.

E pertanto l’associazione Luca Coscioni, di cui Welby fu co-presidente, promosse una raccolta di firme, che ebbe successo, per un disegno di legge di iniziativa popolare sull’eutanasia. Tale disegno di legge fu depositato in Parlamento nel novembre del 2012 ma fino ad ora non è mai stato esaminato.

Sembra che nel mese di marzo in Parlamento si inizierà a discutere della possibilità di prevedere nell’ordinamento giuridico italiano il diritto all’eutanasia.

Questo è il testo del disegno di legge di iniziativa popolare:

Articolo 1

Ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale e/o terapia nutrizionale. Il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente ove essa:

1) provenga da soggetto maggiorenne;

2) provenga da un soggetto che non si trova in condizioni, anche temporanee, di incapacità di intendere e di volere, salvo quanto previsto dal successivo articolo 3;

3) sia manifestata inequivocabilmente dall’interessato o, in caso di incapacità sopravvenuta, anche temporanea dello stesso, da persona precedentemente nominata, con atto scritto con firma autenticata dall’ufficiale di anagrafe del comune di residenza o domicilio, “fiduciario per la manifestazione delle volontà di cura”.

Articolo 2

Il personale medico e sanitario che non rispetti la volontà manifestata dai soggetti e nei modi indicati nell’articolo precedente è tenuto, in aggiunta ad ogni altra conseguenza penale o civile ravvisabile nei fatti, al risarcimento del danno, morale e materiale, provocato dal suo comportamento.

Articolo 3

Le disposizioni degli articoli 575, 579, 580 e 593 del codice penale non si applicano al medico ed al personale sanitario che abbiano praticato trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente, qualora ricorrano le seguenti condizioni:

1) la richiesta provenga dal paziente, sia attuale e sia inequivocabilmente accertata;

2) il paziente sia maggiorenne;

3) il paziente non si trovi in stato, neppure temporaneo, di incapacità di intendere e di volere, salvo quanto previsto dal successivo articolo 4;

4) i parenti entro il secondo grado e il coniuge con il consenso del paziente siano stati informati della richiesta e, con il consenso del paziente, abbiano avuto modo di colloquiare con lo stesso;

5) la richiesta sia motivata dal fatto che il paziente è affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi;

6) il paziente sia stato congruamente ed adeguatamente informato delle sue condizioni e di tutte le possibili alternative terapeutiche e prevedibili sviluppi clinici ed abbia discusso di ciò con il medico;

7) il trattamento eutanasico rispetti la dignità del paziente e non provochi allo stesso sofferenze fisiche. Il rispetto delle condizioni predette deve essere attestato dal medico per iscritto e confermato dal responsabile della struttura sanitaria ove sarà praticato il trattamento eutanasico .

Articolo 4

Ogni persona può stilare un atto scritto, con firma autenticata dall’ufficiale di anagrafe del comune di residenza o domicilio, con il quale chiede l’applicazione dell’eutanasia per il caso in cui egli successivamente venga a trovarsi nelle condizioni previste dall’art. 3, comma 5 e sia incapace di intendere e volere o manifestare la propria volontà, nominando contemporaneamente, nel modo indicato dall’art. 1, un fiduciario, perché confermi la richiesta, ricorrendone le condizioni.

La richiesta di applicazione dell’eutanasia deve essere chiara ed inequivoca e non può essere soggetta a condizioni. Essa deve essere accompagnata, a pena di inammissibilità, da un’autodichiarazione, con la quale il richiedente attesti di essersi adeguatamente documentato in ordine ai profili sanitari, etici ed umani ad essa relativi.

Altrettanto chiara ed inequivoca, nonché espressa per iscritto, deve essere la conferma del fiduciario.

Ove tali condizioni, unitamente al disposto di cui al precedente art. 3, comma 7 siano rispettate, non si applicano al medico ed al personale sanitario che abbiano attuato tecniche di eutanasia, provocando la morte le paziente, le disposizioni degli articoli 575, 579, 580 e 593.

 

Io spero che questo disegno di legge sia approvato dal Parlamento proprio nell’anno in cui ricorre il decimo anniversario della morte di Piergiorgio Welby. E, quanto meno, sia approvato un disegno di legge, anche diverso da quello in precedenza riportato, che renda legale, a certe condizioni, il diritto all’eutanasia.

Non sarà facile.

Vi saranno forte pressioni da parte della componente più conservatrice del mondo cattolico, che però dovranno essere superate. Infatti non ci si deve dimenticare che quello italiano è uno Stato laico o, meglio, dovrebbe esserlo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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