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Elogio della traduzione

Le belve di Don Winslow. Sto leggendo questo libro (niente di eccezionale, per la verità) e mi sono trovato a pensare a qualcosa di diverso dal solito: la traduzione.

Siamo abituati a leggere i libri in italiano dimenticando che spesso sono stati scritti in un'altra lingua e quindi c'è un lavoro non da poco, di mezzo. In questo romanzo, specialmente, c'è tutta una serie di giochi di parole, di doppi sensi, di significati nascosti che mi hanno portato a pensare: "Ma cosa ci sarà stato scritto nell'originale"? 

E allora mi sono divertito a fare il gioco dell'indovinala grillo. Si parte con "non lo definisce un atteggiamento ma uno stronzeggiamento". Come sarà in inglese? Si giocherà tra "attitude" e "fackittude"? Mah. Uno dei protagonisti si definisce, da un punto di vista religioso, un "cattista", un cattivo buddista. 

Questo è facile: in inglese si giocherà tra buddist e baddist (dove "bad" sta per cattivo). Il bello viene quando uno chiede: "A chi devi sparare"? E la risposta è: "Ai cani - risponde Chon, e dice la verità. Ha solo saltato le prime due sillabe della parola messicani".

Ecco qui la cosa si fa complicata, perché se togliamo le prime due sillabe a Mexicans non rimangono i cani, ma le cans, cioè le lattine. "A chi devi sparare?" domanda Barney. "A delle lattine" - risponde Chon.

Ed il gioco di parole funziona in inglese, ma certamente non ha senso in italiano
Bisogna dunque inventarsi qualcosa, anche se c'è una bella differenza tra sparare a delle lattine oppure sparare a dei cani randagi.

E allora una volta tanto anziché complimentarmi con l'autore, fatemi fare i complimenti al traduttore, che si chiama Alfredo Colitto e che è uno scrittore italiano. Deve essere sicuramente bravo se riesce a tradurre così egregiamente.

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