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Eichberg-Mellone: identità di una nazione. "Il domani appartiene al noi”

Oggi il senso di appartenza a quel sentimento che all'unisono riunisce gli animi di una nazione, che nutre l'antico legame dell'uomo con il suo territorio, con le sue tradizioni e con il proprio passato si affievolisce e appare alla stregua di uno sbiadito ricordo dai contorni sfumati nello scenario globalizzato della metropoli post-moderna.

Quale forma allora assume il disagio identitario italiano e dove fonda le sue radici sociali?

La fine delle “Le Grand Recitès” di cui parla Lyotard, e le metanarrazioni sono dunque, dopo il 1989, giunte al capolinea: un treno in corsa che avrebbe dovuto col suo verbo rigorosamente al plurale, attraverso un “ordine nuovo” sia a destra che a sinistra, essere il propulsore di una spinta modernizzatrice e rivoluzionaria per l'intera collettività.

Da tale fallimento, l'utopia da grande sogno collettivo paradossalmente si rifugia nel privato: è il tramonto della storia che si racconta al plurale, il “noi” diventa “io”; individualismo, estetica del corpo e autoreferenzialità i protagonisti indiscussi del nostro presente.

La “felicità pubblica” che è il sacrificio per le grandi passioni, idee, risorse ed energie al servizio del bene comune, sorpassa il mero interesse egoismo e nel dono come parte di sé per il vincolo comunitario fornisce una più nobile e ampia visione del mondo.

Il decennio italiano del Sessantotto ha visto un'efferevescenza sociale e rivoluzionaria che si è radicalizzata nel marxismo il quale ha posto come modelli di valori la disaffezione per la nazione e per l'autorità. Con l'avvento del Setttantotto, sul finire degli anni di piombo e dellla violenza si è aperta la strada della ricerca del disimpegno e la televisone commerciale si è posta quale catalizzatrice dell'esigenza di spensieratezza e divertimento diffuso nella società italiana. L'industria culturale dei media, principale strumento di socializzazione sin dalla sua nascita, ha raggiunto per qualità di contenuti e messaggi livelli bassissimi. In questo nuovo paesaggio sociale, il passaggio di status conseguente per l'italiano medio è stato da cittadino a consumatore.

Come un malato sotto anestesia in attesa dell'operazione che lo conduca alla guarigione, questa è oggi la politica. Non è l'etica pubblica il suo dominio, ma la corrente del soggettivismo estetico, in una continua ricerca affannata di distrazioni dai reali problemi della nazione.

Una narcotizzazione della ragione, una diffusa preferenza per il gossip e le frivolezze ne guidano i passi, mentre l'etica è addormentata tra la braccia di Morfeo.

Una spettacolarizzazione che usa vecchi e nuovi media, attrae nuovi figuranti in questo non certo esaltante circo mediatico, nella scena post-moderna un'omologazione di stili di vita e consumi, il prodotto mal riuscito della globalizzazione sociale.

Come evitare, dunque, il declino e la deriva sociale?

Attraverso l'educazione, intesa non nel ricercato nozionismo e accumulo di saperi, ma nell'insegnare alle nuove generazioni l'interesse per la storia e per la ricerca della verità, affinchè i giovani non siano senza né padri nè maestri, smarriti nell'attrazione per il potere e la moda, invischiati nella noia e nella violenza; ma depositari di un libero patrimonio della loro tradizione culturale per imparare ad amare sé stessi e il prossimo in un costante impegno quotidiano. Un'esercizio di costruzione della virtù del singolo per una sana convivenza nella società civile.

L'Italia compie 150 anni e F. Eichberg e A. Mellone auspicano nel loro libro “Il Domani appartiene al Noi - 150 passi per uscire dal presentismo"  un'Italia del “Noi” in cui responsabilità sia la parola chiave per aprire le porte del futuro.

Il centocinquantesimo passo è la certezza di questa speranza: “un'Italia bella e possibile. L'Italia del Noi.”

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